La ricerca

martedì 14 Marzo, 2023

Economia, Bolzano corre fino: a 700 euro in più al mese rispetto al Trentino e i giovani se ne vanno

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Bolzano, le paghe corrono, il Trentino è ormai al livello italiano e le donne guadagnano 600 euro meno degli uomini. I dati arrivano da una ricerca di Unitn che mostra come in provincia ci sia stata una forte battuta d'arresto

«La specificità positiva del Trentino nel lavoro non c’è più, ammesso che ci sia mai stata». Non usa giri di parole Paolo Barbieri, del resto la ricerca realizzata dal professore di sociologia dell’Università di Trento, assieme al ricercatore Filippo Gioachin, non lascia spazio a interpretazioni diverse: i lavoratori e le lavoratrici trentine sono pagati molto meno di quelli di Bolzano e, in media, come quelli del resto d’Italia. Lo studio, «Redditi e rischi nel mercato del lavoro trentino», presentato durante un evento organizzato dai sindacati Cgil, Cisl e Uil del Trentino e moderato da il T, prende in considerazione i dati delle retribuzioni, così come registrate dall’Inps, di circa 170 mila lavoratori e lavoratrici nel triennio 2018-2020, dipendenti dei settori privati, a cui sono state aggiunte le osservazioni Istat-Eurostat per fare un paragone con la vicina Austria, il quadro che ne esce non è positivo.
I salari
C’è stato un tempo, anche recente, in cui uno dei temi più comuni tra i politici trentini era quello che non bastava fare meglio del resto d’Italia e del Nord-Est, bisognava arrivare ai livelli dell’Alto Adige. La ricerca dice che non solo il Südtirol è ormai in fuga, ma che il Trentino ha perso qualunque vantaggio rispetto al resto d’Italia. In generale i lavoratori trentini hanno un reddito mensile lordo più basso dei colleghi altoatesini, con un differenziale che va dai 300 fino ai 700 euro e la forbice si sta ampliando. I dipendenti nella nostra provincia ricevono in media compensi minori anche rispetto al Nordest, anche se la differenza è meno ampia. il Trentino è ormai allineato al resto d’Italia. Se si prende il 2018 come anno di riferimento si può notare che la retribuzione media annua a Bolzano era di 23.180 euro, in Trentino di 20.590 e nel Nord Est di 22.856. In sostanza la differenza con l’Alto Adige è stata dell’11,17%, con le altre regioni confinanti del 9,91%. Anche guardando alla retribuzione giornaliera, ripulendo così il dato dal numero di giornate effettivamente lavorate, il Trentino rimane negativo con un differenziale del 11.35% rispetto a Bolzano e del 4,1% nei confronti del Nord Est. Guardando alle professioni il gap è più ampio tra gli impiegati che tra gli operai.
Altro dato significativo è quello relativo al divario di genere nelle retribuzioni. Le donne guadagnano tra i 700 e i 900 euro in meno degli uomini su base mensile nella categoria degli impiegati e tra i 500 e i 600 euro tra gli operai.
Analizzando il dato settore per settore il confronto con l’Alto Adige diventa più impietoso nel comparto ricettivo e della ristorazione, +20,9% per Bolzano, sanità e assistenza sociale, +18,6%, attività professionali e tecniche, +15,38%, mentre in un altro settore dall’alto numero di lavoratori, quello manifatturiero, il gap è dell’8,39%.
Povertà e precariato
Questa situazione porta a un generale rischio maggiore di povertà e precariato nel mercato del lavoro trentino. Il periodo preso in considerazione va dal 2009 fino al 2023. Il rischio di basso salario in provincia per le donne è due volte più alto che per gli uomini, mentre Bolzano mostra un indicatore in progressivo miglioramento. Male il dato trentino anche per i giovani, con la fascia d’età 20-24 anni in cui il rischio è significativamente più alto che in Alto Adige.
La situazione non migliora guardando ai contratti a tempo determinato, non solo il rischio è maggiore per i giovani trentini nelle fasce d’età 15-19 e 20-24 rispetto a Bolzano, ma anche in quella 25-29 la provincia ha una prestazione inferiore e il trend mostra che i contratti a termine sono in aumento. Insomma per i giovani le retribuzioni sono più basse e il rischio precariato più alto e questo porta all’ultimo problema: la fuga di laureati dal Trentino.
L’esodo
Della fuga, crescente, di laureati dal Trentino su «Il T» ne avevamo già scritto. Un trend confermato anche dalla ricerca di Barbieri e Gioachin che analizza una finestra temporale che va dal 2012 al 2018. I laureati magistrali che, a cinque anni dalla laurea, sono occupati in Trentino sono in calo sia tra i fuori sede sia tra gli studenti del posto. Al contempo in tutte e due le categorie cresce il numero di quelli impiegati nel resto d’Italia. Non solo, negli ultimi anni c’è stata anche un’inversione di marcia nelle aspettative degli studenti dell’Università di Trento: ora quelli che si aspettano di lavorare fuori provincia sono di più di chi si immagina un futuro lavorativo in Trentino. Dati che vanno letti assieme a quelli sulle retribuzioni, anche qui il campione preso in analisi è il medesimo. Mentre tra gli occupati nel resto d’Italia più del 50% ha un reddito mensile superiore a 1.500 euro, in Trentino la maggior parte ha uno stipendio che si ferma tra i 1.000 e i 1.500, l’esodo si spiega anche così.
«Quello che emerge è che ai laureati conviene andare via per costruirsi una carriera – è il commento di Paolo Barbieri – Chi rimane non solo è meno pagato di chi sceglie di andare all’estero, ma anche di chi si trasferisce in altre regioni d’Italia». Secondo il professore due sono i problemi, il primo, interno all’università è il supporto agli studi. «Ci siamo dimenticati le disuguaglianze sociali. Ci sono studenti che non continuano gli studi e provengono da famiglie a basso reddito. Servono supporti come le borse di studio per evitare questo». L’altra cosa importante è un mercato del lavoro ambizioso che abbia bisogno dei lavoratori qualificati prodotti dalla sua università. «Possiamo dire che l’ateneo sta facendo il suo lavoro. Quello che manca è l’impresa innovativa, se qui non c’è domanda i giovani se ne vanno subito». Un problema che richiede risposte rapide. «Il rischio – conclude Barbieri – è che Trento diventi una buona università di provincia che forma bravi laureati per altre economie».