lunedì 13 Gennaio, 2025
di Luca Galoppini
Edoardo Ferrario è un talento davvero poliedrico all’interno della comicità italiana, capace di trasformare la stand-up comedy in un’occasione per riflettere, ridere e osservare il mondo con occhi nuovi. Dai suoi esordi televisivi, quando lavorava con Sabina Guzzanti in «Un, Due, Tre, Stella!», alla consacrazione come primo comico italiano a pubblicare uno special su Netflix, Ferrario ha saputo costruire un percorso unico. Ha portato la sua comicità dai palchi italiani a quelli internazionali, facendosi apprezzare anche in città come Londra, Amsterdam e Parigi. Il suo approccio brillante e mai scontato lo ha reso uno dei volti più amati della comicità contemporanea. Martedì 14 gennaio il comico romano arriverà a Trento con il suo nuovo spettacolo «Performante», in scena alle 21 presso l’Auditorium Santa Chiara, con un tour nel quale ha già totalizzato tre sold out al Teatro Brancaccio di Roma e uno al Teatro Arcimboldi di Milano. Con uno stile unico che mescola ironia, sarcasmo e riflessioni personali, «Performante» affronta temi di grande attualità, come la crisi climatica, la sovraesposizione mediatica e le sfide quotidiane di un mondo che richiede di essere sempre… «performanti». Biglietti disponibili presso la piattaforma online Dice, e tramite la biglietteria del Centro S. Chiara.
Ferrario, il suo show sta andando alla grande nei teatri, non solo in Italia ma anche in Europa. Qual è la grande forza che si nasconde dietro «Performante»?
«Lo ammetto, non so dire quale sia il segreto di questo spettacolo. Probabilmente il fatto che negli ultimi anni credo di aver lavorato bene. Ho realizzato spettacoli dal vivo, podcast e lavori in tv, che forse convincono il pubblico a venirmi a vedere anche a teatro. Lo show, d’altra parte, ha una bellezza unica perché rappresenta il grado zero dell’espressione. Sei solo tu con il pubblico, e le tue idee vengono immediatamente tradotte in qualcosa di comico. Penso che sia proprio questo a rendere il live così interessante. Non hai altro oltre alle idee che scrivi e condividi sul momento. Credo che il pubblico sia curioso di vedermi in questa veste, anche perché il mio ultimo spettacolo risale a due o tre anni fa. Era quindi da un po’ che mancavo dal palco, e sono davvero felice che il pubblico che mi ha seguito negli anni torni a vedermi. Inoltre, ci sono molte persone che vengono a vedermi per la prima volta, e questo mi dà ancora più soddisfazione».
Com’è nato questo spettacolo? C’è stata un’esperienza particolare o un episodio importante che l’ha ispirata?
«Ci sono stati un paio di episodi che mi hanno ispirato. Il primo è stato quando mi sono accorto che c’è un benzinaio vicino a casa mia che è una TikTok star. Questa cosa mi ha sorpreso moltissimo, ma soprattutto mi ha fatto realizzare quanto oggi ognuno di noi debba essere un performer sui social. Non importa quale lavoro si faccia. Che tu sia un comico, un benzinaio, un fornaio, un bartender a Catania o un farmacista in un’altra città, sembra che tutti debbano offrire una versione “da spettacolo” di se stessi. Questa riflessione, sul fatto che siamo tutti un po’ schiavi della performance, ha iniziato a girarmi in testa dopo essermi reso conto di questa situazione. Poi mentre lavoravo al personaggio di Maicol Pirozzi, mi sono accorto che il feed di Instagram era pieno di uomini che mi dicevano come diventare miliardario in tre giorni, pagando loro 2000 euro. Questi esempi di «turbo-rappresentazione» di se stessi, questo continuo spingersi oltre, mi hanno convinto che “Performante” fosse un titolo perfetto per lo spettacolo. Alla fine, penso che il più grande lusso che possiamo concederci oggi, al di là degli orologi di lusso che ci mostrano sui social, sia il tempo perso. Perché, nel mondo di oggi, perdere tempo è diventato quasi una colpa».
Sembra di capire che il suo spettacolo spieghi come nella frenesia del mondo di oggi ci sia la necessità ogni tanto di rallentare. Quando non è in tour, come trascorre il suo tempo «non performante»?
«Da quando ho avuto un figlio, le mie possibilità di non «performare» si sono un po’ ridotte. Normalmente sono sempre stato molto bravo a perdere tempo, nel senso che sono una persona tendenzialmente lenta nel fare le cose. Ad esempio, se devo cucinare, vado a fare la spesa e ci metto un sacco di tempo, così come quando cucino. Non sono uno che si riempie la giornata con mille impegni quando non lavoro. Mi diverto a fare poche cose e con molta lentezza. Ho una grande passione per la musica e, in maniera molto amatoriale, suono sia la chitarra sia la batteria. Ogni tanto cerco di ritagliarmi del tempo per suonare e studiare un po’. Un’altra mia grande passione sono i viaggi. Devo dire che sono davvero bravo a organizzare vacanze. Cercare case, treni, spostamenti… è una delle mie grandi “godurie”. Quando non lavoro, dedico parecchio tempo a pianificare viaggi e vacanze, anche perché, diciamocelo, se non fosse per questo, a cosa servirebbe lavorare?».
Dai tempi di «Esami», la rubrica che aveva caricato su YouTube anni fa, ha fatto passi da gigante. Quali sono i segreti di un’escalation così rapida e di successo?
«Penso che sia importante essere sempre molto sinceri, sia con se stessi che con il proprio pubblico. Alla fine, il pubblico è un po’ il nostro datore di lavoro. Io lavoro per me stesso, nel senso che scrivo cose che divertono prima di tutto me, però non posso ignorare che alla fine è il pubblico che mi dà da vivere. Questo significa rispettarlo. Negli ultimi anni ho fatto anche cose più mainstream, come “Lol”, però ho sempre pensato che il mio pubblico volesse vedere qualcosa che rispecchiasse chi sono, senza mai tradirmi. Forse è un po’ la presunzione di credere che questo atteggiamento abbia convinto le persone a continuare a seguirmi negli anni e probabilmente abbia anche ampliato la mia base di pubblico. Mi fa davvero piacere quando vedo qualcuno che scrive “Ti ho scoperto un mese fa e non conoscevo le tue cose, che meraviglia!”».
Quali sono i progetti per il suo futuro? Ha in mente qualche altro show o vuole focalizzarsi su un settore in particolare, come il teatro, la televisione o il cinema? C’è qualcuno con cui vorrebbe collaborare in particolare?
«Non c’è qualcuno con cui vorrei collaborare, però da romano, uno dei miei modelli è Carlo Verdone. Anche Corrado Guzzanti per le imitazioni, Paolo Villaggio e il suo lavoro su Fantozzi, per l’umanità che ha dato al personaggio, è un altro grande punto di riferimento. Io cerco sempre di costruire personaggi umani, con debolezze con cui il pubblico si possa identificare, prima ancora che renderli credibili o arroganti. Per me, il personaggio deve essere qualcosa che tocchi le corde più profonde delle persone. Di oggi apprezzo i grandi comici americani, come Louis C.K., Dave Chappelle e Jim Jefferies. Amo molto i comici che parlano di se stessi, delle proprie debolezze. Non sono un grande fan del dark humor o della satira, preferisco quando un comico racconta sé stesso. Nel futuro, mi piacerebbe tantissimo lavorare in una serie televisiva. Ho qualche idea in mente, alcune le sto sviluppando e spero che possano diventare qualcosa di concreto. Penso che sia una forma che mi permette di esprimermi e di mettermi alla prova in modo diverso».
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