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domenica 28 Luglio, 2024

Effetto Airbnb: a Riva del Garda 120 appartamenti turistici solo in centro storico e 100 pizzerie

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Enzo Bassetti: «Non c’è più un alimentari, il pane lo prendo al ristorante»

Nel solo centro storico di Riva, quella fetta compresa tra via Monte oro, viale Dante e viale Maroni (oltre a viale Roma), sono registrati 120 alloggi Airbnb, concentrati in un un’area di circa 14 ettari, escludendo le superfici occupate da Fraglia e Rocca. Sul sito che analizza il fenomeno delle case turistiche – insideairbnb.com – il cuore di Riva appare come un tappeto di puntini rossi, a testimoniare la concentrazione di offerte. Delle conseguenze sociali – la difficoltà a reperire appartamenti per le famiglie – e delle distorsioni procurate all’industria turistica si è già parlato molto. Ma la diffusione degli alloggi turistici in centro ha un’altra conseguenza, non secondaria: snatura l’anima di una città.
Enzo Bassetti non è solo albergatore e presidente della categoria nell’Alto Garda (per Unat), ma da sempre è un residente del centro storico di Riva. Negli anni ha così potuto vedere la trasformazione profonda che i vicoli hanno subito con l’espandersi del fenomeno. Bassetti è persona che raramente cede il passo al pathos, ma quando gli si parla di alloggi turistici la voce è inusualmente alterata.
Bassetti, in centro storico a Riva sono registrati 120 alloggi Airbnb. Che ne pensa?
«Che da un anno vado a comprare il pane al ristorante».
Scusi… ma che c’azzecca?
«Io vivo in centro storico e gli ultimi due negozi di alimentari, quello di via Lipella e quello di piazza Erbe, hanno chiuso i battenti. D’altra parte, lavoravano forse sei mesi all’anno, poi più nulla: il centro si è spopolato, i clienti non ci sono. Chiuderà anche la Coop di via Pilati. Ma non è finita qui».
Prego.
«Nell’area dentro le mura storiche e in viale Roma sono censite 98 attività che offrono food&beverage, tre quarti delle quali sono chiuse fuori stagione».
Colpa degli alloggi turistici?
«Mi pare evidente: questi sono i chiari sintomi di una trasformazione radicale. Parliamo di Airbnb, ma il discorso è più ampio».
Cioè?
«Ci sono tante case con residenze fittizie: gente che risulta vivere a Riva ma che non c’è mai. E poi c’è tutto il sommerso: dove vivo io ci sono almeno 4-5 alloggi turistici, ma solo su uno vedo il codice Cipat. Se poi guardiamo i dati di molti appartamenti turistici scopriamo che sono occupati per 28 giorni all’anno contro i 180-190 di un albergo: possibile?».
Cosa intende dire?
«Che c’è ancora tanto sommerso. Viviamo in un’epoca di totale anarchia. Non so quante riunioni, come categoria, abbiamo fatto. Ho trovato solo muri e così mi sono “spoetizzato”, non riesco più ad appassionarmi al tema».
Non c’è via d’uscita?
«Sono stufo di sentire Comuni e Provincia che giocano a rimpallarsi le responsabilità. Ci sono già delle regole, basterebbe farle rispettare. A volte vorrei prendere i nomi di sei sindaci, metterli in un cilindro, pescarne uno a caso e denunciarlo».
È contrario agli alloggi turistici?
«Assolutamente no. Una località turistica non può prescindere dalle regole della domanda e dell’offerta e sono consapevole che per molte famiglie è un reddito aggiuntivo importante. Ma non si può vivere nell’attuale anarchia. In Alto Adige chi affitta un appartamento diventa imprenditore e ha una licenza. Qui invece sento polemiche assurde sugli hotel».
Si riferisce alla legge appena approvata?
«Negli ultimi 20 anni abbiamo perso 143 hotel e guadagnato 3mila posti letto, tutti evidentemente negli alloggi turistici. Dobbiamo capire una cosa: il modello turistico trentino è al capolinea. Oggi anche il turismo alberghiero va affrontato con ottica industriale: servono hotel a 4-5 stelle, perché questo richiede il mercato, con dimensioni adeguate perché il turista oggi cerca strutture con servizi e standard elevatissimi. Va da sé, servono spazi che non si possono certo trovare nei centri cittadini».
Andando ad occupare aree agricole?
«Che poi vengono trasformate in agritur e agricampeggi che fanno concorrenza sleale?».
Se quello che lei dice è vero, le piccole strutture alberghiere, che magari hanno solo 2 o 3 stelle, sono spacciate.
«Non c’è dubbio. Per questo serve una legge che consenta di trasformarle in alloggi turistici».