Elezioni europee
venerdì 7 Giugno, 2024
di Tommaso Di Giannantonio
Domani, alle 15, si apriranno le urne. Le elezioni per il Parlamento europeo scatteranno una «fotografia» del quadro politico del continente. Dalle rivendicazioni di sovranità all’abolizione del potere di veto, Vincenzo Della Sala, professore di Scienza politica all’Università di Trento, prova a leggere le diverse sfumature del voto.
C’è chi dice che siano le elezioni europee più importanti di sempre, è davvero così?
«Sono le elezioni più importanti sino alle prossime elezioni, è sempre così. Sono sicuramente importanti per due motivi. In primo luogo è un’occasione per fare una fotografia del continente dal punto di vista politico. Si parla tanto della crisi dei partiti tradizionali e di una deriva di destra. Potremo avere un quadro dell’Europa alla luce di quello che è successo in questi anni: dalla guerra in Ucraina alla guerra in Medio Oriente. In secondo luogo, le elezioni saranno importanti perché in Parlamento i partiti dovranno formare una maggioranza per approvare la nomina della Commissione europea. A volte ci si dimentica che la nomina arriva dai governi degli Stati membri. Non a caso von der Leyen, che sta cercando un secondo mandato, ha fatto visita in tutti i 27 Paesi membri parlando con i capi di governo. È anche vero che, se si affermasse di nuovo la maggioranza dei tre partiti dell’ultimo Parlamento (liberali, popolari e socialisti), i capi di governo dovranno prendere in considerazione le preferenze del Parlamento».
Esercito comune e politiche verdi sono due dei temi principali di questa campagna elettorale: come potrebbero evolvere se l’asse politico del Parlamento si spostasse a destra?
«Nelle questioni di politica estera e difesa, il ruolo del Parlamento è molto limitato. Mentre sulle questioni ambientali il Parlamento ricopre un ruolo importante. In questa legislatura il Parlamento ha spinto molto sul Green Deal, in parte perché c’era una forte presenza dei partiti ambientali. Ma negli ultimi due anni gli Stati membri hanno fatto dei passi indietro, di conseguenza la Commissione ha fatto dei passi indietro. Alcuni Stati membri, prendendo come scusa la crisi energetica e la guerra, si sono tirati indietro: dalla Germania all’Italia, e in parte la Francia. È anche vero che possiamo immaginare lo stesso scenario, ma all’inverso: con una forte presenza di partiti contrari alle politiche per il cambiamento climatico, se gli Stati membri volessero fare qualcosa di più, troverebbe il modo di farlo».
Ma se il Parlamento non è così importante, perché un cittadino dovrebbe andare a votare?
«Perché senza questo gioco, non ci sarebbe un contropotere agli Stati membri. Non andando a votare si lascia spazio alle preferenze di chi ha deciso di votare, e le loro scelte influiranno su questo continuo negoziato. Una forte affluenza alle urne, invece, darebbe una maggiore legittimità al Parlamento nella contrattazione con gli Stati».
Alcuni schieramenti propongono l’abolizione del potere di veto, sarebbe un salto di qualità per l’Ue?
«In questi ultimi tre anni il diritto di veto si è sentito in modo particolare sulla politica estera. Per gran parte delle politiche pubbliche abbiamo una maggioranza qualificata tra Stati membri e Parlamento, mentre nella politica estera è quasi esclusivamente un fatto degli Stati membri, che hanno il veto. L’abolizione sarebbe sicuramente un passo in avanti in un’ottica di unione politica: vorrebbe dire che gli Stati membri rinunciano al loro potere di decidere su questioni di geopolitica. Sarebbe un gran passo in avanti, ma i tempi non sono ancora maturi».
Dall’altra parte c’è chi denuncia una cessione di sovranità all’Ue, si vedano le recenti dichiarazioni del ministro Salvini contro il discorso del presidente della Repubblica Mattarella, che aveva fatto un richiamo alla sovranità europea.
«Torniamo di nuovo a quel gioco di contrattazione. Non possiamo decidere da soli, se vogliamo che le nostre industrie possano esportare liberamente e che i nostri giovani possano girare liberamente per tutta l’Europa, dobbiamo avere regole comuni a livello europeo. Sì, si cede qualcosa, ma non è un rapporto a somma zero: uno cede perché c’è un interesse a gestire una cosa in comune. La dichiarazione del presidente Mattarella era del tutto normale: siamo diventati un Paese industriale e moderno, con un alto livello di qualità di vita, perché facciamo parte di questa economia europea. Da questo punto di vista l’Ue è un attore sovrano, quindi è naturale che ci sia questa sovranità su alcune questioni comuni. Il ministro Salvini vede la sovranità in termini di somma zero, ma il mondo non è così. Anche se non ci fosse l’Ue, saremmo comunque un Paese che è costretto ad aprirsi al mondo».