L'INTERVISTA
venerdì 12 Gennaio, 2024
di Stefania Santoni
Un’altra volta. Ieri qui in Trentino è avvenuto un altro femminicidio. Le donne continuano a morire ammazzate per mano di uomini che agiscono violenza. E le parole che ascoltiamo a seguito di questi episodi sono (quasi) sempre le stesse: «Se l’è cercata», quando si parla della vittima; «Era una brava persona» quando invece si tratta di descrivere il carnefice. Perché la cultura in cui viviamo — che ancora oggi, nel 2024, è estremamente patriarcale — cerca di deresponsabilizzare l’autore di violenza e di ricercare una sorta di legittimità di questa piaga sociale, di questo problema sistemico che riguarda tutti e tutte: nessuna persona è esclusa. E proprio «Era una brava persona. Sguardi sulla violenza maschile contro le donne» è il saggio che uscirà per Il Margine il 26 gennaio e scritto da Emanuele Corn, Leandro Malgesini e Ivan Pezzotta (tre uomini diversi per provenienza, esperienza e formazione: giurisprudenza, sociologia, psicologia).
Emanuele Corn, da dove nasce il bisogno di raccontare la violenza di genere da un punto di vista maschile?
«La fortuna ha fatto in modo che Leandro Malgesini, Ivan Pezzotta e io c’incontrassimo post pandemia, quindi circa due anni e mezzo fa. Ci siamo ritrovati per una serie di autoformazioni; ognuno di noi aveva molto da condividere con l’altro e poteva farlo grazie all’assenza di giudizio nel nostro dialogo dove mettevamo in circolo le risorse provenienti dalle nostre formazioni differenti, ma complementari. È così che ci siamo resi conto che quello che vivevamo e sapevamo doveva essere raccontato. La nostra proposta editoriale è avvenuta a settembre 2022 e il libro si è preso tutti il tempo per essere scritto. Il titolo, che sicuramente a molte persone rievoca fatti di cronaca recente (mi riferisco al femminicidio di Cecchettin), è frutto di una riflessione che è iniziata 2 anni fa. E il fatto che Elena Cecchettin le abbia utilizzate ci ha fatto sentire proprio allineati con quello che sta avvenendo anche adesso».
Che cosa si affronta nel libro?
«Ciò che abbiamo cercato di fare è stato innanzitutto tentare di rompere qualche stereotipo su quello che sta dietro a questi fenomeni: l’immagine del mostro è sicuramente una di quelle che va smontata, pezzo dopo pezzo. I mostri non esistono: queste narrazioni favolistiche contribuiscono a far concepire la violenza di genere non come un fenomeno sistemico e strutturato, ma come degli episodi sporadici. La violenza maschile contro le donne è una forma di violenza che ha dinamiche precise, che si conoscono e si possono prevedere. Il nostro non è un saggio accademico ma è pensato e costruito per avere un taglio divulgativo (la scrittura è discorsiva) e interdisciplinare. Sarebbe molto utile che persone che lavorano nei servizi sociali, ma anche avvocati, avvocate, psicologi e psicologhe lo leggessero per avere un focus nel loro ambito di competenza. Penso ad esempio alla sezione giuridica in cui parlo di come reagisce il sistema giustizia nei casi di violenza di genere: nessun avvocato ha una formazione specifica a riguardo perché l’università non offre questa possibilità. Io conduco corsi di diritto penale e violenza di genere in Cile, ma in Italia solo un’unica facoltà (a Como) si occupa di questo tema. Spero che la lettura di questo libro sia un dono che ogni persona sceglie di farsi per comprendere in maniera chiara ciò che sta avvenendo attorno a noi: l’esposizione a casi di violenza quotidiani ci fa sentire spesso bloccati e impotenti, ma una cosa che si può fare è leggere “Era una brava persona” e allenarsi a vedere la violenza non solo attraverso gli occhi delle vittime, ma anche da quelli di chi l’agisce».
Qual è la situazione attuale in Trentino in termini di prevenzione?
«Purtroppo al momento non solo sono assenti i corsi pensati per le scuole dedicati al superamento degli stereotipi di genere, ma anche i servizi scarseggiano. Un esempio? Abbiamo solo una casa rifugio. In Veneto ce ne sono 27; rapportate alla nostra popolazione in Trentino dovremmo averne 4. E per quanto riguarda il sostegno al maschile la situazione è piuttosto scoraggiante: se un uomo si rendesse conto spontaneamente di aver bisogno di supporto nella relazione con la sua compagna, non avremmo il servizio adeguato per aiutarlo. E che cosa accade? L’uomo che si rende conto di aver bisogno di aiuto ma viene lasciato solo fa del male a qualcuno. E così si verifica la violenza. Occorrono spazi di supporto gratuiti per prevenire questi casi di violenza».
Domani si terrà a Trento una manifestazione frutto di un appello all’azione da parte degli uomini per contrastare la violenza di genere, tra cui voi tre autori.
«L’idea è partita da persone che arrivano da fuori dai circuiti, non dai partiti: questo è l’aspetto positivo di questa manifestazione, la spontaneità di chi, in veste di cittadino comune, non è più disposto a tollerare e a sopportare certe cose e così palesa la propria protesta. La base dell’iniziativa è la società civile. E penso che questo sia un ottimo modo per iniziare il 2024».
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