la storia
venerdì 8 Marzo, 2024
di Carlo Martinelli
Da Arte Sella, la creatura che lo ha visto ideatore e cofondatore nel 1986, poi direttore artistico, se ne è andato ufficialmente a fine dicembre del 2022. Ad incontrarlo ora, quattordici mesi dopo quella scelta, Emanuele Montibeller racconta molto, e svela un episodio, a suo modo rivelatore. «Nel febbraio del 2022, a Milano, mi hanno rubato il telefono cellulare. Migliaia di nomi, di numeri, di contatti sono spariti in pochi secondi. Ecco, mi son detto, devi ricominciare daccapo. L’ho fatto. In quel ricominciare c’era anche la decisione di lasciare Arte Sella. Era finita un’epoca, era tempo di cambiare. Dico di più: guardandomi intorno, osservando chi, qua e là, ha evidentemente attinto alla nostra esperienza, alla nostra storia, per proporre installazioni artistiche, le più disparate, mi vien da dire che ho generato anche qualche mostro». Chi ha orecchie per intendere, intenda.
I tappeti, la terza media e l’arte
L’uomo è così. Caricato a molla, con mille incontri e letture a stimolarlo, soprattutto, con mille progetti per il capo. È sempre l’uomo che, aveva 45 anni, trovavi all’alba, nei mercati, ambulante che proponeva tappeti e tessuti, il diploma di terza media in tasca e stop. Eppure fulminato da tutto quello che aveva e ha a che fare con l’arte, una onnivora curiosità a guidarlo e quell’intuizione, Arte Sella, che l’ha accreditato nel panorama internazionale.
Oggi? «Sono felice, la mia credibilità me la sono conquistata nel bosco – dice – e posso permettermi una libertà senza vincoli. Che può anche arrivare, se occorre, al coraggio, che dobbiamo avere, di non fare niente».
Intendiamoci: qui siamo nella teoria. Che riguarda anche, nel suo caso, la constatazione della fine di un’epoca, di un periodo artistico, quello figlio di Fluxus e dell’arte povera.
«Ho fiducia nei giovani»
Dunque? «Non più evoluzione per coerenza, ma per fratture. Dentro ogni criticità stanno le opportunità. Dobbiamo saperle cogliere. Sono sfide enormi, che chiamano i giovani e io ho molta fiducia in loro. Le letture devono lasciare da parte le sterili saccenze, quelle che hanno messo in un cantuccio, almeno per ora, la sinistra. Vale per la questione ambientale. Non ci specchiamo più se non nelle tecnologie. Allora, si dica che la contemporaneità oggi sono i dolmen, i menhir. Volete difendere le piante? E io difendo le pietre, l’azione della mano sulla roccia, l’esigenza di un diverso apporto con la creatività umana. Per far questo ho sentito la necessità di una evoluzione slegata dall’organizzazione. Per provare a capire se dopo quarant’anni fosse possibile cambiare metodologia di ricerca. Se serve, e serve, andando verso una visione scientifico sciamanica. Guarda un po’: il taglio di Fontana non è forse il taglio del costato di Cristo visto in tanti capolavori, lungo i secoli?».
È erratico, il nostro. «Un creazionista evoluzionista che ora, in pensione, è libero. Non devo costruire carriere, non ho più da rapportarmi con quelle pastoie burocratiche che sfiancano chiunque, garantito».
Il lavoro in Toscana
Eccolo, il grimaldello. La credibilità costruita da Emanuele Montibeller nei decenni oggi incontra – come accadeva nel Rinascimento – la figura del committente. Eccolo, in Toscana, Pistoia, nel comune di San Marcello Piteglio, insieme a Vincenzo Manes, il fondatore di Dynamo Camp, all’interno della grande riserva Oasi Dynamo, diventare il curatore artistico di OCA (che sta per Oasi Contemporary Art) ovvero un laboratorio culturale, dove trovano spazio non solo le arti visive ma una molteplicità di discipline e di attori. Il progetto si propone così come un luogo di riflessione, di ricerca e di rigenerazione, e chiama ad agire e a relazionarsi fra loro in modo trasversale, scienziati, filosofi, artisti, architetti, antropologi, poeti, scrittori. Lo scorso anno è stato scelto l’artista svedese David Svensson per inaugurare questo spazio e la sua opera «Home of the World», realizzata appositamente per OCA, è la prima della collezione permanente. I contatti persi col cellulare rubato, Montibeller li ha ricostruiti. Così il tema della convivenza tra l’uomo e la natura, sarà sviluppato da OCA anche nei prossimi anni, proponendo ogni stagione una nuova mostra nello spazio-museo, e nuove opere nel verde, che poi resteranno nell’oasi, creando nel tempo un luogo d’arte. Svensson, spiega Montibeller, «indaga l’identità e sull’ambiente occorre superare le identità nazionali. Le nostre bandiere sono gli alberi e le sue bandiere che sventolano ad OCA, non dico di più, raccontano di come abiteremo il mondo. Architetti ed artisti sono chiamati ad immaginare le relazioni nel mondo che verrà, un caffè filosofico che viene prima dell’atto artistico. Verranno ad OCA architetti come Michele De Lucchi e una poetessa come Michela Gualtieri, insieme in una installazione. Mi piace pensare: diventeremo nomadi, c’è una valanga di artisti fantastici, capaci di guardare non solo all’oggetto, ma anche alla sua rappresentazione. Perché la vera rivoluzione è quella della velocità, oggi».
Così, se arrischi la battuta su una sua attitudine geniale nel muoversi tra i sentieri dell’arte, sorride: «Un genio a km zero, a Roncegno, in Valsugana, dove c’è tutto il mio mondo».
La collaborazione con Pistoletto
A proposito: il suo coraggio di non fare niente è assai creativo, al solito. Detto dell’OCA, va aggiunto che il CdA della Fondazione Pistoletto, da metà dicembre 2023, si avvale di cinque nuovi membri: tra loro proprio Emanuele Montibeller, chiamato, citiamo, «per dare nuova linfa e forza ai progetti di Cittadellarte». Cosa rappresenti Michelangelo Pistoletto nella storia dell’arte italiana, non occorre dire.
Ancora: la collaborazione con il progetto dell’Università di Padova riguardo le cancellature di Emilio Isgrò in onore di Galileo, prima di lui come curatore c’era Giò Ponti. Analogo progetto vede il nostro impegnato in Vaticano sempre con una installazione di Isgrò. Finita? Macché: collabora anche con il Collegio Borromeo e con l’Archivio dell’Ospedale Maggiore di Milano, è stato chiamato per una docenza e una consulenza in una Accademia privata di Bologna (e qui c’entra una delle due Torri, quella «cedevole»), è nella direzione nazionale di Federculture, è consulente dei Grandi Giardini Italiani, e sta lavorando alla curatela di progetti editoriali e di mostre.
E il Trentino? Tranquilli, non è ingrato, il papà di Arte Sella. «È grande l’orgoglio di aver fatto parte di una visione culturale nazionale e internazionale che proprio all’ombra delle Dolomiti ha saputo esprimere tanto. Un periodo che ha cambiato la narrazione sul territorio, creando ed ospitando nuovi linguaggi. Lascio stare Arte Sella e dico Pergine spettacolo aperto, Drodesera, Oriente Occidente, il Mart della Belli e la Galleria civica di Eccher, i Suoni delle Dolomiti, il Muse di Lanzinger. Non dimentichiamo quale strumento di comunicazione siano stati, per il nostro territorio».
Si vorrebbe chiedere se anche per tutta questa galassia si debba parlare di fine di un’epoca, ma il cellulare di Emanuele Montibeller suona. Lo cercano da chissadove. Perché la rubrica è stata ricostruita e l’ambulante del mercato è più che mai nel mercato dell’arte. Felice e in movimento. Impugnando un albero come bandiera, o una pietra. O magari la bandiera che non hai visto da nessuna parte, finora, prima di vederla garrire negli spazi verdi dell’OCA, la «sua» nuova creatura.