L'intervista

mercoledì 3 Luglio, 2024

Emergenza casa, l’architetto Piccolroaz: «Favorire le residenze collettive»

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Per i presidente trentino dell'Ordine bisogna rivedere la legge sul governo del territorio: «Non permette di incrociare domanda e offerta di alloggi»

L’emergenza casa non interessa solo l’edilizia pubblica, ma anche quella privata. E sul fronte del libero mercato il presidente dell’Ordine degli architetti del Trentino, Marco Piccolroaz, propone una via d’uscita, o quantomeno una delle possibili soluzioni: «Dobbiamo favorire lo sviluppo di residenze collettive, soprattutto nei contesti di valle». Le residenze collettive si differenziano dai tradizionali condomini perché prevedono funzioni pubbliche e attività di socialità. Il primo passo da compiere, però, è risolvere un cortocircuito urbanistico, «che incide sulla capacità di risposta dei territori al fabbisogno abitativo», spiega la guida degli architetti trentini. Qual è il problema? Semplificando, gli ettari in pancia ai Piani regolatori generali (Prg) dei Comuni – sono oltre mille gli ettari previsti per la residenzialità – frenano lo sviluppo edilizio.
Come se ne esce?
«Sui temi della casa bisogna avviare un percorso condiviso con l’assessorato di Marchiori (casa) e l’assessorato di Gottardi (urbanistica) sulla pianificazione dello sviluppo residenziale. Siamo messi malissimo. Il fabbisogno abitativo è molto importante. Ci sono territori, come la Val di Fassa, la Val di Fiemme e l’Alto Garda, che non riescono a dare risposte alla comunità locale. Bisogna mettere in campo strumenti non previsti dalla legge 15 del 2015 (quella sul governo del territorio). La legge 15 permette di cambiare la destinazione d’uso di un terreno agricolo solo per la prima casa. Questo modello spinge a prevedere tanti lotti per tante case singole. Invece noi dovremmo affrontare un tema di residenza collettiva, anche in realtà che non conoscono questo modello, anche nei piccoli paesi che non hanno questo approccio. Bisogna avviare nuove sperimentazioni perché il problema è serio. In Val di Fassa, ad esempio, ci sono giovani che si trasferiscono in Val di Cembra perché non riescono a trovare una soluzione abitativa».
Questo, però, significherebbe consumare nuovo suolo…
«Dobbiamo intervenire su quello già previsto. È vero che il Trentino non è uno dei territori virtuosi in termini di consumo di suolo, ma è anche vero che dentro questi conteggi ci portiamo le previsioni ante-legge 15 e in parte ante-legge 2008 (ossia gli oltre mille ettari residenziali in pancia ai Prg, ndr). Queste autorizzazioni sono state rilasciate, in modo particolare, nei primi anni Duemila, quando si prevedeva un’espansione del mercato immobiliare. Molte di queste previsioni, poi, non si sono realizzate. E ora i proprietari non vogliono vendere. Non solo. Questi ettari bloccano la costruzione di nuove abitazioni perché finiscono nel conteggio che si fa in sede di autorizzazione. In pratica, non permettono di incrociare domanda e offerta di alloggi».
La legge 15 sancisce il principio del consumo di suolo zero, come si dovrebbe intervenire su questa norma?
«Al consumo di suolo si risponde attraverso modelli di insediamento diversi. Il tema della casa deve essere controbilanciato con quello che hanno già in pancia i Piani regolatori».