Trento
domenica 1 Dicembre, 2024
di Paolo Morando
La casa editrice Erickson compie in questi giorni quarant’anni. E li celebrerà mercoledì 4 dicembre, alle 17, con una festa nella sede di via del Pioppeto 24 a Gardolo, alla presenza del sindaco Franco Ianeselli, delle assessore comunali Monica Baggia ed Elisabetta Bozzarelli, di quello provinciale Achille Spinelli, del presidente di Confindustria Trento per la sezione Carta, grafica ed editoria Alessandro Leto e del sovrintendente scolastico per la Provincia di Trento Giuseppe Rizza. Con loro, tanti autori e autrici, assieme al team di dipendenti, collaboratori e tirocinanti.
Erickson è una realtà nata nel novembre del 1984, da un’idea dei due soci fondatori, Fabio Folgheraiter e Dario Ianes: una mezza scommessa che oggi ha però portato a una realtà di livello nazionale e leader nel settore dell’editoria specialistica legata all’educazione. Eppure tutto era partito quasi per caso, per far fronte alle necessità degli operatori (pedagogisti, psicologi, educatori professionali, insegnanti di sostegno, volontari) in un momento in cui per la prima volta nuove leggi prescrivevano l’inserimento dei ragazzi con disabilità nella scuola dell’obbligo e nel mondo del lavoro. Il nome scelto rimandava a Milton Erickson: segnato da un’importante disabilità, riuscì infatti ad affermarsi come terapeuta e dedicò la sua vita agli altri. Oggi, dopo quarant’anni, la casa editrice Erickson è un punto di riferimento leader a livello nazionale e riconosciuto anche all’estero per il contributo alla diffusione culturale dell’inclusione: una realtà che conta oltre 2.500 titoli a catalogo, con 150 novità all’anno, 20 mila persone formate ogni anno e 150 tra dipendenti e collaboratori, oltre a una rete di 2000 tra formatori e autori.
Spiega Ianes: «Eravamo giovani psicologi, che svolgevano attività clinica con bambini che avevano vari disturbi comportamentali e problemi legati all’apprendimento. Per formarci studiavamo su libri americani e inglesi, testi molto pragmatici e concreti, ricchi di schede e protocolli: libri utili ed estremamente innovativi rispetto alla letteratura che allora si trovava in Italia. Parliamo della fine degli anni Settanta. Quindi per nostro uso li traducevamo. Dopo qualche anno, nel 1984, ci siamo detti: può darsi che questo materiale, come interessa a noi, possa interessare anche altri. E allora abbiamo iniziato a pubblicare le prime cose. Poi siamo andati avanti. Ma l’origine di tutto è stata l’idea di fornire uno strumento professionale, pescando nella letteratura internazionale. Quello era il punto di riferimento. Ma se allora il 90% delle nostre edizioni era costituito da traduzioni, oggi il rapporto si è completamente invertito. E per il 95% pubblichiamo libri di autori italiani».
Quando le Edizioni Centro Studi Erickson hanno iniziato a diventare davvero un’impresa in senso economico?
«In realtà già abbastanza presto. Dopo un paio d’anni potevano contare su un piccolo catalogo e avevamo tre-quattro dipendenti. Una struttura un po’ fatta in casa, stampavamo i libri agli Artigianelli. Poi Fabio e io abbiamo iniziato a percorrere la carriera universitaria, Fabio prima qui a Trento a Sociologia e poi alla Cattolica a Milano, io pure a Sociologia e poi a Bressanone a Scienze della formazione. E nel frattempo l’impresa cresceva».
Avete rotto le uova nel paniere ad altri editori affermati?
«All’inizio, in generale, il competitor nel campo della psicologia era Giunti, poi abbiamo avuto buoni accordi con Raffaello Cortina nell’ambito della pedagogia didattica, dove il campo era più libero: c’erano tanti libri di filosofia dell’educazione ma erano molto teorici, mentre noi avevamo un approccio più concreto, pensando al milione e oltre di insegnanti che esistono in Italia, per i quali un libro Erickson poteva risultare appetibile perché più concreto in termini operativi: lo si poteva utilizzare direttamente in classe. Quella è sempre stata la nostra cifra».
C’è un vostro libro simbolo di questo modo di fare editoria?
«Ce ne sono tanti. Io ricordo ad esempio i libri del gruppo di Cornoldi di Padova, uno dei principali studiosi del cognitivisimo, che si è avvicinato a noi quando pubblicava trattati con il Mulino. Con noi ne fece altri, più operativi, con un successo clamoroso. Lui, da accademico e studioso, è stato capace di muoversi anche sul terreno concreto della scuola. Poi c’è il caso di un docente di sostegno dell’Aquila, Carlo Scattaglini, che ha fatto tanti libri con noi, che il prossimo anno festeggerà il milione di copie vendute. Il suo libro più famoso è “Storia facile”, che per gli insegnanti è stato una manna».
Ora quali nuovi campi pensate di coltivare?
«Un passaggio interessante è stato l’aver rilevato il marchio del Margine, che era in difficoltà: libri diversi dai nostri e quindi anche un tipo di lettore diverso. E poi, altra cosa che ci ha sempre caratterizzato, il mettere assieme editoria e formazione, attraverso convegni ed eventi. Diversamente da altri editori, noi siamo sempre andati in forze sul campo. E questa è una sinergia che proseguiremo. Come lo sviluppo del digitale. Avevamo iniziato con i cd rom, ora tutto quel tema va implementato, perché con il Pnrr le scuole sono piene di tecnologia e servono contenuti».