Salute
lunedì 21 Novembre, 2022
di Redazione
Il Rapporto di ricerca «Tra sanità ed assistenza: una filiera da ricomporre. Evoluzione e ruolo del Terzo Settore in Italia», curato dal dott. Eddi Fontanari nell’ambito dell’Accordo di Programma tra Euricse e la Provincia autonoma di Trento, si inserisce in un contesto di ripensamento e riqualificazione della filiera dei servizi sanitari e socioassistenziali in Italia e segue un filone di ricerca di cui Euricse si è occupato fin dalla comparsa della pandemia, portando avanti diverse riflessioni sul tema.
Dall’emergenza sanitaria è emerso con forza che le dimensioni di cura e salute, di sanità e benessere sociale devono necessariamente condurre nel nostro Paese ad una riorganizzazione e ad una valorizzazione della medicina territoriale che tenga insieme aspetti sociali e sanitari, facendo perno sulla persona e sui diritti dei cittadini. Le risorse stanziate dal Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza rappresentano (Pnrr), in tal senso, un’occasione unica per cercare di riprogrammare e riprogettare l’intera filiera. Non senza però inquadrare correttamente il ruolo di tutti gli attori coinvolti e operanti sul lato dell’offerta, tra cui gli Enti di Terzo Settore incluse le cooperative sociali, che operano nel settore sanitario e socio-assistenziale. Questi attori rappresentano un bacino produttivo ed occupazionale estremamente importante.
Guardando ai dati, la maggior parte delle organizzazioni del Terzo Settore nella sanità e assistenza si trova nelle province di Bolzano e di Trento, nella Val d’Aosta, Molise e Basilicata rispettivamente con 13,3, 12,9, 12,7 11,9 e 11,2 organizzazioni ogni 10mila abitanti rispetto a una media nazionale di 8,0. Considerando invece il numero di dipendenti operanti in queste organizzazioni, la provincia di Trento con 121,9 lavoratori ogni 10mila abitanti si posiziona al primo posto precedendo la Lombardia (118,6), l’Emilia-Romagna (115,0), il Piemonte (109,8) e il Lazio (106,1), con una densità di quasi 40 dipendenti in più della media nazionale (anno 2019, elaborazioni proprie su dati ISTAT Censimento Permanente delle Istituzioni non Profit).
All’interno dell’intero macrosettore (sanità e assistenza), le attività socioassistenziali risultano quelle più sviluppate in un rapporto di 2 Euro ogni 3 generati dal non profit e con un conseguente minor peso della sanità, salvo alcune eccezioni come per esempio la Lombardia, il Lazio e la Puglia.
Questa differente rilevanza delle due attività è ben evidenziata a livello occupazionale, con il non profit che impiega in Italia più di 7 lavoratori dei 10 espressi dall’intero settore dell’assistenza sociale (e con un ruolo quindi fondamentale nell’offerta di tali servizi), a fronte di quasi 1 lavoratore ogni 10 nella sanità (5,2 sono garantiti dal pubblico).
Ragionando sul modello di business, i dati evidenziano come il modello cooperativo internalizzi maggiormente le attività destinando al fattore lavoro (dipendente) – indipendentemente dalle attività svolte – una quota nettamente maggiore del valore aggiunto prodotto (sottoforma di redditi da lavoro), valorizzando quindi maggiormente la componente del capitale umano. Diversamente, le imprese for profit sembrano configurarsi più come hub a sostegno di specialisti che operano in libera professione.
Tra gli obiettivi principali della ricerca realizzata da Euricse vi è infatti quello di concentrarsi sui mix produttivi dei sistemi sanitari e di welfare regionali, guardando in particolare alla presenza del privato rispetto al pubblico, soprattutto in un’ottica comparata tra for profit e Terzo Settore. Dalla lettura degli indicatori territoriali emerge la preferenza per una combinazione di offerta di servizi più bilanciata tra il pubblico e il privato non profit, che potrà essere sicuramente potenziata nei prossimi anni grazie al ricorso agli strumenti della coprogrammazione e coprogettazione – come previsto dall’art. 55 del Codice del Terzo Settore – nella regolazione dei rapporti tra pubblica amministrazione e Terzo Settore nell’erogazione di servizi di interesse generale.
Dalle evidenze emerse nel Rapporto, sarebbe questo un orientamento auspicabile per favorire la corretta integrazione tra le attività sanitarie e quelle socio-assistenziali in modo da creare un raccordo tra i due ambiti di intervento, potenziando di conseguenza la medicina territoriale e promuovendo così una vera e propria politica della salute.
Il Rapporto è suddiviso in tre capitoli. Il primo ricostruisce il quadro economico delle risorse destinate dall’Italia alla protezione sociale, mettendo a confronto sia i sistemi regionali sia quelli di altri Paesi europei rispetto ai comparti della sanità e dell’assistenza.
Il secondo capitolo del Rapporto si occupa di individuare le caratteristiche e la rilevanza delle organizzazioni non profit in ambito sanitario e assistenziale, rispetto all’intero Terzo Settore e all’economia privata.
Infine, il terzo capitolo del Rapporto approfondisce i sistemi sanitari e di welfare locali nella tripartizione pubblico-privato for-profit-privato non profit cercando di catturarne i differenti esiti per i territori dal punto di vista della quantità e qualità dei servizi offerti.