L'INTERVISTA
sabato 6 Aprile, 2024
di Maddalena Di Tolla Deflorian
In un battito d’ali di farfalle si racchiudono bellezza, fascino e anche – a volte – storie di conservazione. A volte la bellezza desiderata delle farfalle cambia, su piccola scala, l’economia dei luoghi in modo virtuoso e aiuta a preservare preziose foreste. È una parte di quanto emerge dalla due giorni dedicata dal Muse alle farfalle di altri continenti, con evidenti rimandi anche alle nostre latitudini. Oggi il biologo Francesco Barbieri, biologo specializzato in entomologia e direttore scientifico della famosa Casa delle farfalle di Bordiano (Udine) – una delle dieci case italiane dedicate ai meravigliosi lepidotteri – sarà a disposizione del pubblico per rispondere a domande e curiosità. Ieri Barbieri ha invece dialogato insieme a Silvia Ricci, coordinatrice dell’associazione Mazingira, sul tema delle buone pratiche per la conservazione delle foreste tropicali, anche grazie a progetti sociali e di solidarietà internazionale. Prosegue invece fino al 19 maggio l’esposizione «Foresta delle farfalle» che ospita nella serra del museo un migliaio di lepidotteri tropicali di circa trenta specie (arrivati come crisalidi e poi sfarfallate nella serra) e realizzata proprio grazie alla consulenza di Barbieri. L’iniziativa «Foresta delle farfalle» era già stata ospitata al museo nel 2017 e 2018 con successo e apprezzamento da parte del pubblico. Le farfalle ospitate all’interno della serra del Muse (ambiente consono alle loro esigenze: alta temperatura di giorno e della notte, tra i 26 e i 34 °C, e altissima umidità relativa dell’aria, circa l’80%), strettamente necessaria per lo sfarfallamento (per consentire alla farfalla di emergere dalla crisalide e di stendere e asciugare le ali) provengono da allevamenti avviati in particolare in Costa Rica. Questi allevamenti stati avviati in collaborazione scientifica e progettuale proprio con la Casa della Farfalle di Bordiano, dall’associazione AMEAP (Asociación de Mujeres Ecológicas y Artesanas de El Porvenir). Le farfalle al MUSE trovano in serra decine di specie botaniche adatte al loro nutrimento. Inoltre sono stati posizionati in serra i cosiddetti «bar delle farfalle», strutture colorate che contengono frutta matura, utile al loro nutrimento.
Come mai proprio la Costa Rica?
«In Costa Rica c’è un progetto che coinvolge le comunità locali impoverite, offrendo un lavoro dignitoso e retribuito in modo consono soprattutto alle donne. L’obiettivo è promuovere l’allevamento di farfalle come alternativa sostenibile ad attività che avrebbero altrimenti un forte impatto ambientale sulla foresta, come la coltivazione, l’allevamento e l’industria del legname».
Come funziona questa forma di cooperazione scientifica e commerciale intorno alle farfalle?
«Mi occupo di crisalidi da 35 anni e di case delle farfalle da quando esistono. Sono circa 250 in Europa. Siamo soddisfatti del contributo che diamo con questo allevamento, perché si tratta di comunità che vivono ai margini delle foreste, che se non avessero tale attività dovrebbero fare altro, come il solito allevamento di mucche o galline, coltivare fagioli o altro che comunque andrebbero a sottrarre terreni alla foresta, oppure il taglio del legname con compromissione notevole della foresta. Per avere una sostenibilità economica devi esportare 1500 crisalidi alla settimana, che devono arrivare a destinazione entro 24 ore, per via aerea. Là mancano imprenditorialità e la mentalità progettuale del futuro necessarie. Non è banale. Va detto che ogni specie ha le sue esigenze. Noi offriamo supporto su conoscenza, costruzione di strutture e commercializzazione. I produttori riescono a guadagnare meglio che con altri lavori. Altro risvolto positivo e unico di questo tipo di economia è il fatto che per allevare farfalle non solo non devi più avere altri impatti enormi ma devi coltivare piante selvatiche autoctone, che sono piante nutrici dei bruchi, che sono specializzati in un piccolo range di piante di foresta. Noi in questo modo sosteniamo 30 persone. Diciamo che queste attività sono il simbolo che può esserci una sostenibilità quasi totale, è una piccola economia ma questi progetti rappresentano progetti bandiera che dimostrano che è possibile trovare altre modalità di fare economia locale».
Come sono vissute dalle persone le “esposizioni”? Non si corre il rischio che passi il messaggio della spettacolarizzazione?
«Il bello di queste realtà è che le farfalle rappresentano uno dei soggetti che più affascina. Facciamo quindi prima di tutto educazione, sensibilizzazione, e poi progetti di ricerca con università. Attorno alla semplice esposizione ai fini ludici, ma sempre rispettosa del benessere e della dignità delle nostre farfalle, noi ci siamo specializzati in divulgazione scientifica e le farfalle sono tra i soggetti più adatti a veicolare questi contenuti. Oggi si è formato un gap enorme fra informazione su base scientifiche e persone, siamo in una fase di totale anarchia culturale con risvolti terribili. In questo senso dobbiamo sfruttare il cosiddetto “effetto wow” dato proprio dalla bellezza, dai colori, dal fascino delle farfalle, per dire altre cose, per sensibilizzare. Insistiamo anche su concetti come “non comprate animali”, “sappiate che un animale è un impegno” e sulle grandi questioni ambientali».
Quali sono i problemi ambientali delle farfalle?
«Esistono 180 mila specie nel mondo, il loro status spesso non è ben conosciuto e dipende dalla loro ecologia, abbiamo farfalle di foresta, di zone umide, legate a prati stabili e così via. Molte specie sono specializzate per nutrirsi di poche specie di piante, ad esempio, e la perdita di tali specie botaniche causa un problema anche per le farfalle. Il problema principale, accanto alla perdita degli habitat, è l’uso dei pesticidi».
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