Il personaggio

venerdì 28 Giugno, 2024

Federico Vivaldi, l’attore roveretano tra palco e insegnamento: «Sono tornato da Milano per portare il teatro in Vallarsa»

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Con la compagna, Carolina De La Calle Casanova, ha fondato la compagnia «Elementare teatro»

Federico Vivaldi, attore e regista, classe 1986, stesso cognome d’un gigante del barocco musicale veneziano, ma musicista lui non è. La sua compagna è Carolina De La Calle Casanova, drammaturga e regista spagnola, cognome evocante il celebre seduttore, pure lui figlio della città lagunare come Antonio Vivaldi (e si dice che Casanova fosse anche un ottimo violinista). La vertigine sinestesica è assicurata e per un attimo ci immaginiamo quartetti d’archi tra cavalieri e cicisbei in jabot, sui palcoscenici polverosi d’una Venezia settecentesca. Ma a dispetto dei giochi onomastici, Vivaldi e Casanova sono una coppia di artisti del nostro tempo. Roveretano, formatosi nel teatro sperimentale, lui, di Siviglia e cresciuta nel teatro di prosa, lei, genitori di Pedro Vivaldi Casanova, bimbetto di sei anni che per ora porta con disinvoltura i pesanti cognomi.
Un duo che 12 anni fa ha fondato in Vallarsa la compagnia «Elementare teatro», portandola a Rovereto durante il Covid. Uffici in centro storico, spazi per le prove affittati dove conviene, ma fare teatro a Rovereto non è più utopia. Oggi Vivaldi lavora anche per altre compagnie e per il cinema (in parecchie produzioni svizzere), col desiderio di continuare ad affiancare regia a recitazione.
Mimo, attore, caratterista, commediante… come definirla, Vivaldi?
«Un artista, quindi, un tuttofare. Fondare una compagnia porta a occuparti di tutto, almeno inizialmente. Oggi alcune mansioni sono ricoperte da tre dipendenti e diversi collaboratori, ma prima tutto gravava completamente su me e Carolina. Ma per rispondere alla domanda, mi sono formato nel teatro fisico, genere che affida la comunicazione al corpo».
Come è avvenuto il balzo dal Marconi alla recitazione?
«Dopo anni di preparazione scientifica ho seguito il richiamo del Dams. A Bologna mi fecero un provino e mi presero alla Compagnia “Teatro della Pioggia”, che oggi non esiste più. Finito il Dams, molto teorico, entrai all’accademia di recitazione Jaques Lecoq di Milano, una scuola internazionale, splendida. Lecoq era stato uno degli allievi migliori di Etienne Dacroux, il padre dei mimi occidentali, amico di Artaud, di Prevert. Dalla sua scuola uscirono tre grandi: Jean-Louis Barrault, Marcel Marceau e Lecoq. Quello del mimo non è teatro della “pantomima”, non si imitano gesti. È un teatro che utilizza il corpo per esprimere immagini, sentimenti, lo scorrere dell’acqua o il divampare della fiamma. Teatro difficile… Dacroux stava ore a curare un minimo movimento di dita. A inventare la pantomima, invece, sarà Marceau».
Lei è roveretano, ma transfuga…
«Ho girato molto, sì. Dopo Bologna e Milano ho vissuto a Holstebro, in Danimarca. Avevo 23 anni quando sono entrato nella compagnia multiculturale “Odin Teatret”, fondata dal grande regista pugliese Eugenio Barba che, assieme al polacco Jerzy Grotowski, ha messo le basi a tutto il teatro contemporaneo. Sono loro i pilastri della storia del teatro moderno occidentale. L’Odin è straordinario perché permette il confronto tra attori e registi provenienti da tutto il mondo e da scuole diverse. Tornato in Italia, ho girovagato con varie compagnie, ho conosciuto Carolina, a Milano, e insieme abbiamo fondato la compagnia “Elementare Teatro”».
Perché questo nome?
«Dal luogo in cui è nata: l’ex scuola elementare di Valmorbia, in Vallarsa. L’avevamo presa in comodato d’uso gratuito. Era distrutta e l’abbiamo ristrutturata per farne un centro di residenza per artisti di varie discipline».
Paolo Rossi in Vallarsa come siete riusciti a portarcelo?
«Grazie a Carolina, che è stata per anni regista e autrice di Rossi. Lei ha un curriculum da paura. Proviene dal teatro di prosa, dalla commedia dell’arte. I nostri percorsi sono stati davvero molto diversi. Nasce come drammaturga, scrive copioni per il teatro e per il cinema, infatti nella compagnia lavoriamo con testi nostri. Di recente ha adattato Don Chisciotte di Cervantes al teatro per bambini: 1500 pagine ridotte nel rispetto dell’autore, operazione che non s’improvvisa».
Bellissimo sodalizio, insomma, il vostro.
«All’inizio provavo una certa diffidenza, io provenivo dal teatro sperimentale, lei da quello “in” e viveva da 17 anni a Milano, da dove l’ho praticamente estirpata».
La rimprovera per questo?
«No, anzi, lei è più contenta di me di vivere a Rovereto. Questa città, compiuti i 35 anni, inizia ad andare veramente bene. È a misura di famiglia. Certamente Milano offre più opportunità di carriera, ma è anche stressante e tra la carriera e nostro figlio, noi abbiamo scelto Pedro. Essere genitori è importate».
Cosa fa esattamente la compagnia Elementare Teatro?
«Produce spettacoli, che poi distribuiamo a livello nazionale, con attori che chiamiamo in base al progetto che vogliamo realizzare: per bambini, adolescenti o adulti. Siamo appena stati richiesti dal Festival di Andersen di Sestri Levante. Ma ci occupiamo anche di formazione. Facciamo degli open day per verificare il livello di ciascuno e poi formiamo i gruppi; si parte in ottobre e si finisce in maggio con la rappresentazione dello spettacolo. Con i ragazzi delle superiori, poi, abbiamo creato una compagnia che dalle otto persone iniziali è lievitata a 150. Lo scorso maggio abbiamo portato quattro spettacoli allo Zandonai, tutti sold out. Infine, promuoviamo ogni domenica, sempre a partire da ottobre, un Festival dei piccoli in cui ospitiamo compagnie altre. L’idea è nata durante il Covid, nella condizione di malsana chiusura. Ci eravamo messi a lavorare con piccoli e adolescenti per aiutarli a superare il momento».