25 novembre, contro la violenza
domenica 24 Novembre, 2024
di Benedetta Centin
«La mattina in cui mia sorella è stata uccisa dal suo ex le avevo mandato un messaggio WhatsApp, che però non ha fatto in tempo a visualizzare, chiedendole di chiamarmi dopo il lavoro per fare due chiacchiere. Le avrei detto che volevo comprarle uno di quei dispositivi con pulsante da schiacciare in caso di emergenza, così avrebbe lanciato subito l’allarme se fosse stata in pericolo, come probabilmente si era sentita il giorno prima, quando il padre dei suoi figli, accampando una scusa, era riuscito ad avere accesso al suo centro olistico, ed era apparso alquanto alterato. So già che Ester avrebbe minimizzato, che mi avrebbe ribadito che esageravo, che mi preoccupavo troppo, ma per quanto lei non volesse darci pensieri, io me lo sentivo che quell’uomo le avrebbe fatto del male. Certo, non fino a toglierle la vita, sono tragedie che pensi non debbano succederti mai…». La voce dolce e pacata di Armida Palmieri viene soffocata dalle emozioni e le si bagnano gli occhi quando parla dell’amata sorella Ester, 37 anni, che l’11 gennaio scorso a Valfloriana, dove viveva, è stata uccisa dal suo ex, padre dei loro tre figli, Igor Moser, che si è poi tolto la vita. La donna ha gli stessi grandi occhi nocciola della sorella maggiore, incorniciati da una chioma castana. Lo stesso bel sorriso, genuino. Quello che la 34enne mostra solo quando «sfoglia» sul cellulare gli scatti e i video di Ester, quando ascolta i suoi messaggi audio. «Li custodisco gelosamente. Guardo i contenuti, sento e risento i vocali. Mi aiutano quando la mancanza di Ester ha il sopravvento. Ho paura di dimenticarmi la sua voce» racconta Armida che dopo la tragedia è tornata in Valfloriana con la sua famiglia per prendersi cura dei tre nipoti rimasti orfani assieme ai genitori, i nonni dei piccoli. «Pensare che Ester sognava di costruire una grande casa e voleva che ci andassi a vivere anche io con marito e figli…».
A distanza di quasi un anno quali sono i sentimenti?
«Ester è un pensiero fisso, davvero. Manca moltissimo. Ogni tanto non lo credo vero quello che è successo, mi chiedo come si farà senza di lei e non perché fosse mia sorella. È che nessuna donna, nessun essere umano deve fare una fine del genere. Nessuno si deve arrogare il diritto di togliere la vita a un altro. Ma perché farlo? Perché la voleva tutta per sé? Io non mi capacito. Non passerà mai la rabbia verso quell’uomo che l’ha ammazzata».
Ester aveva paura? Vi aveva confidato qualcosa dopo che aveva rotto con lui?
«Niente, nessun elemento, nessun indizio proprio: non aveva lasciato trasparire nulla, non mi aveva mai confessato di avere paura per quanto io e lei ci dicessimo tutto. E questa cosa mi fa incazzare perché mi chiamava per cavolate e non mi aveva mai confidato di sentirsi in pericolo. Di sicuro lo ha fatto per non farci stare in ansia, per non darci pensieri, del resto lei era così: molto decisa e indipendente, si preoccupava sempre di tutti, prima venivano gli altri. Era la sua indole. Probabilmente nemmeno lei credeva che il suo ex arrivasse a tanto, lei si fidava sempre troppo. “Non toccherà me e i bimbi, piuttosto fa del male a sé stesso” ci rassicurava. Ma quell’uomo l’aveva detto ai bambini che l’avrebbe fatta pagare a mamma Ester».
Lei un sentore lo aveva?
«Sì, temevo che quell’uomo, realizzato che Ester, a differenza delle altre volte, non sarebbe più tornata indietro, con lui, che si sarebbe finalmente separata, le avrebbe fatto del male. Lui sempre così geloso e possessivo, come se Ester fosse cosa sua. Un uomo fragile, instabile, poco presente a casa, capace di andare e venire a piacere, di nutrire astio verso la nostra famiglia così unita invece di esserne felice. A Ester glielo avevano detto tutti che non era l’uomo per lei. Ma è sempre stata troppo buona, una crocerossina con i deboli: si prodigava ad aiutarlo perché fragile, era pronta a scusarlo, a a coprirlo, forse per pietà o per paura, non so».
Lei e i suoi genitori, assieme a zio Sergio, avete cercato di proteggere Ester in tutti i modi…
«Sì, è così, abbiamo provato a farle da scudo, mettendola in guardia, cercando di tutelarla. Papà le aveva cambiato la serratura di casa e lei lo aveva assecondato quasi a fargli un favore. Zio Sergio aveva provveduto invece alla serratura del negozio per quanto lei negasse di temere che l’ex potesse entrarvi. Io le ripetevo di non rimanere mai sola, di guardarsi le spalle quando usciva dal negozio, di stare attenta. C’erano volte che le tenevo compagnia al telefono durante la tratta dal centro olistico a casa. E mi sembrava di essere quasi troppo protettiva. Lei, che sembrava più preoccupata del fatto che l’ex potesse farla finita come minacciato, non faceva che minimizzare le nostre ansie. A me diceva di stare tranquilla, di non farmi problemi per niente. “Non ti angustiare che tengo la porta di casa ben chiusa” mi diceva. Quella porta che però quella mattina l’ex è riuscito a varcare, forse con una scusa, e l’ha ammazzata. Quando ci penso non riesco a farmi colpe se non sono riuscita a farmi dire da mia sorella che aveva paura: lei lo ha fatto per noi, per proteggerci, ne sono certa».
Tra l’altro da qualche mese Ester aveva aperto il suo centro olistico in paese..
«Per lei, persona vulcanica, dalle mille risorse, era un sogno realizzato: l’attività le stava andando bene, pensare che di questo lui era geloso.. Era un periodo in cui Ester stava bene, la vedevi brillare, e non lasciava trasparire nulla invece di altri suoi sentimenti…».
Che cosa direbbe alle donne che potrebbero trovarsi nella stessa situazione di sua sorella?
«Di parlarne con familiari e amici, per lanciare un campanello d’allarme. E di denunciare. Fatelo, è importante, tacere non aiuta».
Le denunce di violenze sono aumentate, a quanto pare anche per effetto del caso Giulia Cecchettin. Cosa pensa delle iniziative del padre Gino, tra cui la Fondazione?
«Ben vengano persone come lui che si adoperano per combattere la piaga dei femminicidi, una sequenza purtroppo senza fine: bravo Cecchettin, ha il mio sostegno. Penso che la testimonianza di noi familiari possa essere utile alle vittime di violenza, per portarle a reagire, a denunciare, per salvare nuove potenziali Ester».
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