Bambini
venerdì 27 Gennaio, 2023
di Maria Viveros
Lo sapete come gli uomini antichi spiegavano i vari fenomeni della natura? No, non con la scienza (arriverà più in là nel tempo), ma attraverso il mito. Innanzitutto bisogna precisare che questa parola deriva da un termine greco, «mythos», che significa «racconto». I miti, infatti, sono narrazioni con una funzione molto importante, ovvero aiutare gli uomini a rispondere a domande come: «Quali sono le origini dell’universo?», «Perché durante una tempesta vediamo dei fulmini e sentiamo dei rimbombi?», «Come mai i ragni tessono delle bellissime tele?»… Oggi, quando, per esempio, vediamo il sole sorgere e tramontare, grazie alle conoscenze scientifiche sappiamo che si tratta di un fenomeno naturale dovuto alla rotazione della Terra attorno al sole. Nel mondo antico, come quello greco o romano, si pensava invece che la Terra fosse immobile al centro dell’universo, al contrario del sole, identificato con un dio, Apollo, che senza fermarsi mai attraversava la volta del cielo su un carro trainato da quattro focosi cavalli alati.
Al mito del Sole/Apollo è associato il racconto di Fetonte, narrato da poeti famosi, come il latino Ovidio, e illustrato da molti artisti, fra i quali il pittore bresciano Girolamo Romanino, uno dei più importanti del XVI secolo. Invitato fra il 1531 e il 1532 a lavorare a Trento dal principe vescovo Bernardo Clesio, che stava finendo di decorare la propria residenza, il «Magno Palazzo», costruita accanto al medievale castello del Buonconsiglio, ha dipinto nella loggia che si affaccia sul cortile interno (ricordata come «Loggia del Romanino», appunto) varie scene ispirate a storie della Bibbia e di testi classici. Fra tutte spicca, perché al centro del soffitto e di maggiori dimensioni rispetto alle altre, proprio la raffigurazione del mito di Fetonte. Il giovane, cresciuto da una mamma single, Climene, bellissima ninfa dell’Oceano, una volta diventato adolescente scopre chi è suo padre: niente di meno che Apollo! Il ragazzo si reca immediatamente al palazzo del dio del Sole e questi, che si sentiva in colpa per averlo abbandonato per così tanti anni, gli promette che avrebbe esaudito qualunque suo desiderio. Fetonte non si tira indietro e pretende di guidare il carro del Sole. Apollo cerca inutilmente di spiegargli che nessun mortale avrebbe potuto farcela: troppo pericoloso! Una follia! Niente da fare: Fetonte monta lo stesso sul carro e sprona i cavalli che iniziano a galoppare nell’etere. Presto però si rende conto che non ha la forza di governarli, ne perde il controllo (è questo il momento raffigurato dal Romanino) e capisce presto che suo padre aveva ragione. Va sempre più in alto, passa accanto ai mostruosi segni dello zodiaco che lo terrorizzano; ridiscende verso la Terra, ma non riesce a controllare la velocità e le si avvicina troppo, bruciando le pianure dell’Africa e i suoi abitanti (è così che gli antichi spiegavano l’origine del deserto del Sahara e il perché della pelle nera degli africani); si solleva di nuovo, squarciando il cielo (ed ecco l’origine della Via Lattea). Insomma, Fetonte era diventato un vero e proprio pericolo per la sopravvivenza di tutto l’Universo! Giove, il più importante degli dei, è costretto a intervenire e scaglia uno dei suoi fulmini sull’incosciente ragazzo che precipita nel fiume Eridano, antico nome del Po. Una fine tremenda che, però, diventa esempio per dimostrare i pericoli di un atteggiamento presuntuoso. I miti, infatti, al loro interno racchiudono degli insegnamenti su come bisogna comportarsi per essere migliori e quello di Fetonte fa riflettere sull’importanza di sapere ascoltare e seguire i consigli di chi ha più esperienza, senza sopravvalutare le proprie capacità. Un invito senza tempo alla prudenza.