Spettacoli

sabato 18 Gennaio, 2025

Flavio Insinna protagonista all’Auditorium con “Gente di facili costumi”: «Manfredi, un mito. Orgoglioso di portarlo in scena»

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L'attore e conduttore racconta: «Lo intervistai nel 1989, oggi mi trovo a fare una sua commedia»

Torna sul palco «Gente di facili costumi», celebre pièce scritta da Nino Manfredi, che racconta l’incontro tra due vite agli antipodi. Anna, una prostituta vivace con il sogno di diventare giostraia, e Ugo, intellettuale e aspirante regista che ambisce a realizzare film d’arte. Costretti a convivere dopo un piccolo disastro domestico, i due protagonisti danno vita a una commedia dolceamara, tra malintesi, sogni e inaspettate complicità. Diretta da Luca Manfredi, la nuova produzione vede Flavio Insinna, protagonista dell’intervista, e Giulia Fiume nei ruoli principali, pronti a emozionare il pubblico con una moderna rivisitazione del testo. Lo spettacolo sarà in scena a Trento all’Auditorium S. Chiara venerdì 25 e sabato 26 gennaio alle 20.30.

«Gente di facili costumi» è un classico del teatro italiano. Come ci si sente a interpretare uno dei protagonisti di questa grande commedia?
«È semplice, devi dimenticare che è una commedia scritta e interpretata da Nino Manfredi, sarebbe come entrare in campo al posto di Pelé. È il modo con cui è lo spirito che mi guida da sempre nel mestiere e nella vita. Era una cosa che diceva sempre anche il mio maestro Gigi Proietti: “Penso di non essere mai abbastanza”. Sono comunque orgoglioso che Luca Manfredi abbia pensato a me. C’è una battuta carina che ogni tanto racconto. Lui ha fatto un bellissimo film dedicato al papà, con Elio Germano, intitolato “In arte Nino”. Quando Luca mi ha ingaggiato per questa commedia gli ho chiesto: “Ma perché pure la commedia non la fai fare a Elio, che è stato straordinario?”. E Luca mi ha guardato e ha detto: “No, qui mi serve uno vecchio”».

Com’è lavorare a fianco di Giulia Fiume, nei panni di Anna?
«Giulia è straordinaria. È capace, matura, pronta, sveglia, ha tutto. Ci siamo trovati in una chimica che non succede sempre. Ho lavorato e studiato con Nino Frassica, con Gigi Proietti, con Diego Abatantuono, che del divertimento sono maestri. In questo momento del mondo, così pesante, brutto, triste e feroce, vedere le persone che vanno via un pochino più sorridenti di quando sono arrivate mi fa pensare sempre alla cosa che diceva Gigi: “Siamo attori, non salviamo il mondo, ma lo possiamo rendere un po’ più carino”».

A proposito di questi grandi maestri che ha citato, quale grande insegnamento le hanno trasmesso?
«Che non ti devi mai fermare. Questo me lo diceva pure mio padre, che faceva il chirurgo. Poi la curiosità. Se pensi di aver capito tutte le regole, i segreti, i trucchi, è meglio che cambi lavoro. Poi leggere, curiosare. Mio padre ogni tanto si affacciava in camera e mi diceva: “Flavio, una pagina pure oggi. Al di là dello studio, leggi una pagina di un’altra cosa”. La curiosità nel nostro mestiere deve esserci prima di tutto».

Ugo e Anna cosa ci vogliono insegnare?
«Mi fa piacere che me lo chieda. Ugo e Anna Sono due pasticcioni, due poveracci. La vita li ha tanto piegati, li ha tanto colpiti. C’è però una cosa molto bella. Io sono volontario di Emergency e per strada ci sto per davvero. Mio padre mi portava con lui al lavoro, e vedevo la gente che stava male per davvero. Aiutavo mia madre in parrocchia, dove c’erano molti bisognosi. La vita è così. Quindi è questo che secondo me insegna questa commedia, a non giudicare. Anna è una prostituta, poi è una donna, e infine è un essere umano. Ti insegna ad andarci piano con tutti, soprattutto con chi non ti sta simpatico. E in questo, Ugo e Anna hanno sempre un sorriso verso l’altra persona».

C’è una scena o un momento dello spettacolo che, secondo lei, emozionerà gli spettatori?
«C’è un prefinale nel quale Giulia si scatena in maniera seria. Parla della facilità del giudizio della gente, e io quella scena me la godo da spettatore privilegiato, a due metri da lei. Quel momento, quando senti il silenzio del pubblico. Quando capisci che non si stanno solo godendo lo spettacolo, ma si stanno anche un pochino interrogando. Quella scena è da brividi».

Portare in scena un’opera di Nino Manfredi, diretta dal figlio Luca, che significato ha per lei? In che rapporti era con Nino?
«Vi racconto una storia che sembra inventata. Durante la scuola di Proietti, oltre alle lezioni di teatro assegnavano anche delle interviste, e io vengo mandato a casa proprio di Nino Manfredi. Questa cassetta l’ho poi regalata a Luca. Ora, pensate: da ragazzetto aspirante attore nel 1989, ad oggi, nel 2025, mi trovo a fare una sua commedia. Stiamo parliamo di Manfredi, che insieme a Mastroianni, Gassman, Sordi, Tognazzi e De Sica, sono stati dei giganti per il cinema italiano. Per me è un mito, aveva un livello di coinvolgimento unico».