lunedì 18 Novembre, 2024
di Redazione
Questa mattina, alla Camera dei Deputati, è stata ufficialmente presentata la Fondazione Giulia Cecchettin, istituita in memoria della giovane vittima di femminicidio per mano dell’ex fidanzato Filippo Turetta, reo confesso. Fin dai giorni successivi alla tragica morte di Giulia, la sua famiglia si è attivata per trasformare il dolore in un’opportunità di sensibilizzazione e riflessione sulla violenza maschile contro le donne, promuovendo una condanna unanime a livello sociale e istituzionale.
A un anno dalla scomparsa, il padre di Giulia, Gino Cecchettin, ha presentato la fondazione durante un evento che ha visto la partecipazione di giornalisti, giornaliste e rappresentanti delle istituzioni. Prima del suo intervento, hanno preso la parola due esponenti del governo: la ministra per le pari opportunità, Eugenia Roccella, e il ministro dell’Istruzione e del merito, Giuseppe Valditara.
La ministra Roccella ha tenuto un discorso misurato, evidenziando le radici profonde della violenza contro le donne e citando anche esempi di società considerate evolute, come la Finlandia, per dimostrare che il problema è universale. Ha elogiato alcune misure promosse dal governo, come il codice rosso e il “Libro bianco” per operatori e operatrici del settore, con un approccio prevalentemente securitario. Tuttavia, questo si pone in contrasto con gli obiettivi della Fondazione Cecchettin, che punta sulla formazione e sulla sensibilizzazione. Inoltre, Roccella ha fatto riferimento al 25 novembre definendolo “giornata contro la violenza”, omettendo la corretta dicitura “giornata internazionale per l’eliminazione della violenza maschile contro le donne”.
Il ministro Valditara, impossibilitato a partecipare di persona, ha inviato un video in cui ha affrontato il tema con un approccio polemico. Ha affermato che esistono due strade per affrontare il problema: una concreta e una ideologica, criticando quest’ultima, che secondo lui sarebbe rappresentata dalla lotta al patriarcato. Valditara ha negato l’esistenza del patriarcato affermando: «Il patriarcato come fenomeno giuridico è finito con la riforma del diritto di famiglia del 1975», ignorando però le radici culturali e strutturali di questo sistema, sottolineate in passato dalla sorella di Giulia, Elena Cecchettin, che aveva denunciato il sessismo e il patriarcato come causa della violenza.
Valditara ha inoltre legato il fenomeno della violenza di genere alla questione migratoria, sostenendo che l’aumento delle violenze sessuali sia legato «a forme di marginalità derivanti dall’immigrazione irregolare». Un’affermazione che però cozza con la realtà dei dati come quelli diffusi dalla rete D.i.Re (Donne in Rete contro la violenza) che mostrano come la maggioranza degli autori di violenze siano italiani, sfatando lo stereotipo che attribuisce queste forme di violenza a culture altre o migranti. Il 74% delle violenze è infatti perpetrato da partner o familiari, una tendenza confermata anche dall’ISTAT.
Infine, il ministro ha annunciato l’inserimento del tema della violenza di genere nelle ore di educazione civica, ma senza prevedere moduli specifici o formazione per gli insegnanti. Non sono stati menzionati programmi di educazione affettiva o sessuale, lasciando spazio a interventi generici sul rispetto e le discriminazioni, senza affrontare le radici del problema.
Nonostante tutto, Gino Cecchettin continua a trasformare il suo dolore in un progetto di speranza, per evitare che altre donne subiscano violenza o perdano la vita. Mentre i dati complessivi sui reati e sugli omicidi sono in calo, i femminicidi restano una tragica eccezione, con numeri stabili o in crescita. Per questo, le dichiarazioni di Valditara sono apparse non solo inadeguate, ma offensive nei confronti della memoria di Giulia e di tutte le donne vittime di violenza.
La Fondazione Giulia Cecchettin rappresenta un simbolo di resistenza e impegno, e un monito a non abbassare la guardia nella lotta contro il femminicidio e la violenza di genere.
Le parole di Valditara hanno acceso la reazione politica, in particolare dei parlamentari di opposizione.
«Il ministro dimostra ignoranza del fenomeno e arroganza e a chi governa non sono concesse, perché rischia di farci fare un passo indietro pericoloso. Ci aspettiamo che Roccella e Meloni si dissocino subito – ha detto la senatrice del Pd Valeria Valente – Le parole più tragiche Valditara le ha pronunciate sulla violenza contro le donne e sul patriarcato, che non è certo la visione ideologica di qualche scalmanata femminista, ma la radice stessa della discriminazione e della violenza maschile, perché indica appunto la cultura basata sul possesso, sulla sottomissione, sulla centralità del maschile che ancora permea la società. Contro questa cultura le donne in 50 anni hanno ottenuto tanti successi, ma la strada è ancora lunga. E un ministro come Valditara rischia di farci fare passi indietro».