Intervista

domenica 9 Marzo, 2025

Formaggio a latte crudo, l’analisi di Fezzi: «Abbassare il rischio a meno dell’1%. E cambiamo il processo produttivo del Puzzone

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L'ex Federcoop spiega il paradosso del prodotto Dop: a differenza di Coredo, dove c'era scarsa pulizia, è l'eccesso di igiene a colpire i batteri «buoni» che fanno regredire la Stec

Il formaggio del caseificio di Coredo che ha provocato la Sindrome emolitico uremica (Seu) e le gravi condizioni del bambino Mattia Maestri era infetto a causa delle cattive condizioni igieniche del luogo di produzione. L’altro giorno la Corte di Cassazione ha confermato le condanne al rappresentate legale del caseificio e al casaro, con un risarcimento di 1 milione di euro per la famiglia colpita (Il T del 6 marzo). Il Puzzone di Moena ritirato nei mesi scorsi dal mercato perché sono state trovate partite infette è invece a rischio Stec – i ceppi del batterio Escherichia coli produttori di Shiga-Tossina – per eccesso di igiene. è il paradosso che si è trovato di fronte Mauro Fezzi, già dirigente provinciale, presidente della Federazione Allevatori e di Federcoop, l’esperto del settore lattiero-caseario chiamato poco più di un mese fa dalla Provincia ad affiancare il consiglio di amministrazione del caseificio di Predazzo e Moena, il maggiore produttore di Puzzone con 34mila forme sulle 43mila totali. «Il mio compito è stato rassicurare i soci, che non volevano andare avanti con un prodotto che poteva danneggiare le persone e in particolare i bambini – racconta Fezzi – Ci sono lotti fermi e difficoltà economiche per un formaggio Dop (Denominazione di origine protetta ndr) con una produzione che vale oltre 4 milioni di euro e su cui si è puntato anche per il turismo. Abbiamo avviato una modifica del processo produttivo che salvaguarda la bontà del Puzzone ma abbassa il rischio dall’attuale 5% a meno dell’1%».

 

Cosa state facendo per abbassare il rischio di contaminazione nei formaggi a latte crudo?
«Il problema non è il latte crudo in generale, nel caso del Puzzone di Moena Dop la complicazione è che le modifiche del processo produttivo devono essere validate dal Ministero. Oggi il processo del Puzzone prevede che il trattamento termico sia ammesso solo per la quota di siero innesti o latte innesti, che vengono mescolati con siero o latte il giorno prima in modo che si moltiplichino gli organismi favorevoli, quelli che prendono il sopravvento sulla Stec. Paradossalmente, a differenza di Coredo dove c’erano batteri fecali, ora è l’eccesso di igiene e di pulizia degli allevamenti a far regredire i microrganismi buoni».

Quant’è la produzione di latte al caseificio di Predazzo?
«A Predazzo ci sono 11 allevatori che producono in media oltre 4.500 quintali di latte con 50 mucche, per un totale di 52mila quintali. Sono allevatori professionali, organizzati. Nel latte che producono la carica microbica è bassa, 10mila colonie rispetto ad un limite comunitario di 100mila. Il latte è molto buono dal punto di vista igienico sanitario, ma è debole rispetto alla carica di microrganismi capaci di contrastare la Stec».

Per essere sicuri servirebbe il latte sterilizzato oppure una maggiore stagionatura.
«Puoi fare il formaggio col latte sterilizzato ma ottieni un prodotto differente, quello che fanno le industrie alimentari. Così come si può stagionare il prodotto come si faceva una volta, ma viene un formaggio meno buono e meno richiesto dai consumatori. Se vogliamo mantenere la tipicità e la bontà del Puzzone, dobbiamo modificare il processo produttivo senza alterare il prodotto. Stiamo lavorando col Ministero per la validazione, al momento come deroga rispetto al disciplinare. Si tratta di innalzare la temperatura ma non troppo, intorno ai 50 gradi e comunque non oltre i 65. In questo modo il rischio di avere batteri patogeni scende dall’attuale 5% al di sotto dell’1%. Non è facile, il personale dei caseificio si deve adeguare, ci vorrà qualche mese».

Nel frattempo ci sono difficoltà economiche.
«I produttori dovranno resistere ancora un po’, oggi il formaggio prodotto viene sottoposto ad analisi e verifiche e ci sono lotti fermi perché non rispondono alle tabelle sanitarie. C’è molto formaggio fermo. Qualcuno si è spostato sul Grana. Ma con il lavoro che stiamo facendo puntiamo alla ripresa».