il caso
giovedì 13 Marzo, 2025
Formaggio a latte crudo, Mestri fonda l’associazione di consumatori. «Troppi rischi, etichette necessarie»
di Benedetta Centin
Giovanni Battista Maestri, il papà di Mattia, lancia l'associazione «non di aiuto ma di difesa, con cui entrare nei procedimenti trentini e del resto d’Italia come parte offesa, costituendoci poi parte civile»

Un’associazione «di consumatori a difesa delle vittime di prodotti a latte crudo, che si occupi dei rischi connessi ai prodotti alimentari intrinsecamente pericolosi». Un’associazione «non di aiuto ma di difesa, con cui entrare nei procedimenti trentini e del resto d’Italia come parte offesa, costituendoci poi parte civile». Un’associazione attraverso cui «esercitare i diritti e i poteri delle persone offese battendosi perché d’ora in poi si proceda per dolo eventuale nei confronti dei produttori che continueranno ad accettare rischi inaccettabili per la salute pubblica». Produttori a cui contestare perciò «non più le lesioni o l’omicidio (in caso di morte) colposi, bensì volontari, con dolo eventuale, così come riconosciuto dalla Cassazione sul disastro dello stabilimento Thyssen-Krupp di Torino».
Giovanni Battista Maestri, il papà di Mattia, il bambino che dal 2017, da quando aveva quattro anni, si trova in stato vegetativo per aver mangiato un formaggio a latte crudo contaminato dal batterio dell’escherichia coli e prodotto dal Caseificio sociale di Coredo, lo aveva detto che non avrebbe smesso la sua battaglia, che a questo punto non è solo personale. E lo ha ribadito anche ieri, in conferenza stampa a Trento, annunciando la fondazione di un’associazione di cui non ha svelato il nome. Ha solo precisato che non porterà quello di suo figlio. Questo a una settimana dalla sentenza della Corte di Cassazione che ha confermato le condanne per lesioni gravissime a carico dell’ex presidente del caseificio sociale di Coredo, Lorenzo Biasi, e del casaro Gianluca Fornasari.
Sentenza definitiva
«La Cassazione ha confermato quello che già sapevamo — ha commentato Maestri — Ora lotteremo per ogni singolo caso come abbiamo fatto per il mio Mattia: non è possibile che ci siano bambini, anziani e persone fragili che perdono la vita per il formaggio a latte crudo. Fonderemo un’associazione gratuita: i soldi che il tribunale mi ha riconosciuto come provvisionale (un totale di un milione di euro ndr) li userò per aiutare altri bambini, altre vittime. Io ci metterò la faccia, aiutato dai miei consulenti». Maestri quindi si metterà a disposizione, forte della sua esperienza, dei processi affrontati, delle consulenze di parte di cui si è avvalso. Del resto, lo ha ricordato lui stesso ieri: «Quella sul caso di mio figlio è l’unica sentenza in Italia con cui è stato riconosciuto il nesso causale tra l’assunzione del formaggio a latte crudo e l’insorgenza della Seu», la sindrome emolitica uremica, dovuta all’ingestione del prodotto a latte crudo contaminato da batterio.
«Etichette necessarie»
Lo stesso Maestri è poi tornato a chiedere il «ritiro immediato del marchio assegnato da parte dell’Apt Val di Non a un formaggio prodotto dal Caseificio sociale di Coredo che ha di fatto ucciso mio figlio», ma anche «una etichettatura seria, sulla confezione, che vieti il consumo di formaggi a latte crudo ai bimbi sotto i dieci anni, e non la barzelletta messa in campo ora, la sola indicazione di formaggio a latte crudo sul banco frigo che rischia solo di invogliare i consumatori senza che vengano informati sui reali rischi e pericoli» le parole del genitore. Il quale ha precisato poi come per i formaggi a latte crudo — almeno da come risulta sui siti dei produttori trentini — «solo due caseifici su 14-15 totali indicano la pericolosità del prodotto, mentre c’è anche chi scrive che “è ottimo per la merenda dei bambini”». Per Maestri si deve arrivare anche a «vietare questi prodotti nelle case di riposo, negli ospedali, nelle scuole primarie, materne e negli asili nido».
Il genitore chiede anche «pene serie: per quanto hanno fatto a mio figlio il codice penale prevede come massimo della pena 2500 euro, che poi è quanto inflitto ai due del caseificio». E, ancora, non è mancato l’affondo su Mauro Fezzi, presidente della Federazione Allevatori e di Federcoop, che su «Il T» di domenica riferiva sulla «modifica del processo produttivo del Puzzone che abbassa il rischio (di Stec, ceppi dell’Escherichia coli ndr) dall’attuale 5% a meno dell’1%». «Peccato che in materia alimentare non esista il rischio consentito» ha chiosato Maestri.
la nota
Ex carabiniere a processo: le precisazioni
di Redazione
In merito all’articolo «”Minacce e reati inesistenti”, ex carabiniere a processo» pubblicato l’8 marzo scorso, l’ex carabiniere in questione (ora in congedo, non espulso) precisa: «Diversamente da quanto riportato, io e il mio collega prosciolto abbiamo agito nel rispetto delle norme militari»