Politica

domenica 30 Luglio, 2023

Fugatti presenta il suo libro e festeggia l’accordo: «Con Fratelli d’Italia un ottimo compromesso»

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Il presidente: «Prima le elezioni bisogna vincerle, poi si vedrà»

«Prima le elezioni bisogna vincerle, poi si vedrà». Anche nel giorno della presentazione del suo libro autobiografico «La mia storia», ieri alla Tenuta San Leonardo di Borghetto di Avio, a un passo da casa, Maurizio Fugatti non rinuncia alla prudenza e al pragmatismo che da sempre lo contraddistinguono. Quasi a voler smorzare gli entusiasmi per il fresco accordo che ricompatta il centrodestra, ricorda che l’appuntamento del 22 ottobre non è un dettaglio. E fa notare a chi già prenota poltrone che i voti prima bisogna prenderli, al di là delle spartizioni preventive. Del resto il volume scritto a quattro mani con il giornalista Gianpaolo Tessari mostra l’indole del governatore fin dal sottotitolo: «Gente e terra trentina, cinque anni speciali alla guida della Provincia». Poco meno di duecento pagine che rimbalzano tra la vita privata e quella pubblica, passando per l’impegno amministrativo, la soluzione dei problemi, la passione per il fare. Sempre tenendo ben presente le radici, la terra, la famiglia, gli amici. I capisaldi dell’esperienza umana e politica di Fugatti. Il giorno dopo aver incassato l’accordo con Fratelli d’Italia che fa cessare il teatrino ormai stantio della candidatura di Francesca Gerosa alla presidenza, il candidato, quello vero, ricorda: «Da piccolo volevo fare l’elettricista perché mi piace aggiustare le cose. Poi ho frequentato San Michele e sono diventato enotecnico perché la mia famiglia ha radici contadine. Ma la passione per la politica non mi abbandonava mai. Per questo all’università ho studiato scienze politiche», ma visto che si deve pur sempre mangiare «con l’indirizzo economico, così potevo fare il commercialista». Libri contabili e partita doppia, però, li ha frequentati poco «perché nel 2006 sono stato eletto a sorpresa. Vedo qui Mario Malossini. Quel posto doveva essere tuo Mario, poi la roulette dei resti mi ha fatto vincere e tu mi hai subito chiamato facendomi gli auguri», ha raccontato davanti a un centinaio di persone tra familiari, amici, compaesani, insegnanti, parroci, ex compagni del Castel San Giorgio, la squadra in cui ha giocato a calcio tra la prima e la seconda categoria. Una presentazione che si è dipanata tra amarcord e carambate sapientemente orchestrate da Tessari e dal moderatore Stephan Wallish, con interventi del maestro delle elementari Eros Olivotto, che ricorda un Fugatti già impegnato in quarta a difendere se stesso e i propri compagni perché era rotto il riscaldamento della scuola, e del presidente del Castel San Giorgio Angelo Romani che ancora si deve riprendere dallo spavento quando il futuro governatore finì all’ospedale per una grande pallonata presa in faccia a Grigno: «Con i piedi era un po’ così così, ma di testa ci sapeva fare e lo ha dimostrato anche nella vita che la testa la sa usare». Fugatti stretto nella sua camicia bianca, rigorosamente senza cravatta, sorrideva ammiccando ai suoi ex compagni di squadra. E ha sorriso anche quando don Paolo Scoz si è lasciato sfuggire che al convitto di San Michele era così vivace da non essere stato accettato a causa di qualche marachella: «Ero vivace sì», ha ammesso. E di curiosità nel libro se ne possono trovare molte altre. Comprese quelle sui cinque anni passati al timone dell’autonomia trentina.
Ma al centro restano la terra e la comunità. Come quando Fugatti rivendica le sue radici autonomiste, con lo zio Pietro che era segretario del Patt di Ala, in tempi in cui il partito autonomista «poteva vincere da solo le elezioni in paese». La terra e la comunità. Il clan di amici, di parenti, di paesani, di militanti accompagna Fugatti da sempre: sono i cugini, ma anche i Boso, i Savoi, gente fedele nella buona e nella cattiva sorte. E il presidente questo non lo dimentica. Poi c’è il radicamento nel territorio, battuto palmo a palmo fin da quando il giovane Fugatti attaccava manifesti non autorizzati o scriveva sui muri di tutto il trentino. I gazebo da Storo a Sfruz, da Gardolo a Bresimo, dei tempi eroici in cui la Lega annaspava si sono trasformati nelle giunte provinciali fuori porta del venerdì, a parlare con sindaci e parroci, pompieri e alpini. Uno dei segreti del governatore: «Per accorciare la distanza tra la politica e la gente». E se Fugatti non va al popolo è il popolo che va da Fugatti, in Provincia, la mattina presto, anche solo per dire «volevo vedere se la storia degli appuntamenti è vera» o per portare un regalino (soprattutto le donne). Non ci sono grandi rivelazioni nel libro e men che meno particolari sulla vita familiare, tenuta gelosamente riservata. Quel che emerge è la figura di un politico con molti tratti in comune con il collega Luca Zaia: entrambi festaioli e frequentatori di discoteche da giovani, entrambi popolani e popolari, diplomato l’uno a San Michele, l’altro all’istituto enologico di Conegliano. Entrambi poi laureati, entrambi folgorati dall’astro politico di Umberto Bossi. Entrambi vicini alla gente.