Politica
giovedì 7 Dicembre, 2023
di Simone Casciano & Donatello Baldo
Anche la seduta odierna del Consiglio provinciale si è conclusa con un nulla di fatto. Per la terza volta i lavori del Consiglio sono stati sospesi con un nulla di fatto, senza che si riuscisse a eleggere presidenza, vicepresidenza e i tre segretari questori che vanno a comporre la giunta del Consiglio provinciale. Una responsabilità che le opposizioni attribuiscono in toto alla maggioranza e lo hanno rimarcato uscendo dall’aula e costringendo così la presidente facente funzioni, Lucia Coppola, a sospendere i lavori e convocare una nuova riunione del Consiglio per mercoledì 13 dicembre. Le opposizioni hanno sottolineato che non accettano «né i metodi, né i contenuti, né soprattutto la forzatura voluta dalla maggioranza». Lo strappo si è consumato in mattinata, quando, in un incontro tra i capigruppo, la maggioranza ha annunciato di volere portare ad uno strappo rispetto alla prassi consolidata che interessa l’ufficio della presidenza del consiglio provinciale. Dal 1969 infatti la consuetudine vuole che alla maggioranza spetti la presidenza e uno dei segretari questori, mentre alle opposizioni vanno la vicepresidenza e due questori. La maggioranza invece rivendica per sé un ulteriore questore per arrivare ad un rapporto di tre a due favorevole al centrodestra. Le opposizioni hanno accusato il centrodestra di forzare per soddisfare gli appetiti di poltrone dei consiglieri di maggioranza, il capogruppo della Lega Bisesti ha sottolineato che l’intenzione, dietro al tentativo di controllare l’ufficio di presidenza, è quello di controllarne meglio i lavori visto che «nella scorsa legislatura si è perso troppo tempo dietro alle richieste di informative e di consigli straordinari che arrivavano dalla minoranza». Già questa è considerata dalle opposizioni una forzatura inaccettabile, ma a questo si è aggiunto anche che il nome del possibile presidente, Claudio Soini della Lista Fugatti, non è stato condiviso con le minoranze bensì imposto per sistemare quelli che sono stati definiti «gli affari interni, gli interessi mercantili e le bramosie dei vari partiti della maggioranza». Di fronte a questo scenario le opposizioni hanno risposto: «A questo gioco non ci stiamo».
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