LA SENTENZA
giovedì 5 Ottobre, 2023
di Redazione
Il Tribunale accoglie i ricorsi di dieci operai che lavoravano in appalto alla Furlani alle dipendenze di altre società. L’azienda dovrà risarcire i lavoratori per un totale complessivo di poco meno di 30mila euro di retribuzioni, oltre all’intero trattamento di fine rapporto e alle spese legali.
I ricorsi sono stati portati avanti con il sostegno di Flai Cgil e dell’avvocata Sonia Guglielminetti.
La vicenda riguarda diversi operai addetti al disosso delle carni, che operavano in appalto presso lo stabilimento Furlani, erano cioè dipendenti di altre società – Tridentum Disosso Carni srl, Vlg, Sl Cutting srl, Disosso Service srl e General Cut – che gestivano ufficialmente il servizio di disosso all’interno dello stabilimento. Da un giorno all’altro gli operai si sono ritrovati senza lavoro perché la ditta trentina ha dovuto recedere dai contratti di fornitura. Nella maggior parte dei casi, oltre alla perdita dell’occupazione i lavoratori hanno corso il rischio di rimetterci i salari e l’intero trattamento di fine rapporto.
I fatti risalgono alla primavera del 2021 quando Furlani Carni recede dal contratto di appalto con le cinque società. Queste a loro volta procedono al licenziamento di tutti i lavoratori, rifiutandosi però di saldare quanto dovuto a ciascuno degli operai.
Una decina di essi si rivolge a Flai Cgil del Trentino. Vengono dunque depositati i ricorsi in Tribunale contro Furlani, obbligata in solido in qualità di soggetto appaltante, e le cinque società appaltatrici.
Nei mesi scorsi Furlani Carni ha saldato la propria parte. Delle cinque società due sono fallite e di un’altra è stato accertato lo stato di insolvenza, dunque le somme accertate dal giudice del Lavoro saranno recuperate al fondo di garanzia dell’Inps. Le altre due hanno provveduto al pagamento di quanto dovuto ai lavoratori.
«Fino alla fine abbiamo preteso e quindi dimostrato che i diritti dei lavoratori si devono rispettare. Siamo tuttavia consapevoli del fatto che quanto è stato fatto e che stiamo portando avanti sia solo una piccola goccia in un mare profondo» dichiara la segretaria provinciale della Flai Cgil Elisa Cattani.
La vicenda trentina si inserisce in un panorama nazionale, in diversi territori, già conosciuto. Inchieste svolte su altre aree del nord Italia hanno fatto emergere come gli appalti nel settore delle carni, in taluni casi, si siano mossi su un terreno al limite della legalità. Contratti d’appalto formalmente corretti, rappresentano nella realtà l’evoluzione dell’intermediazione illecita di manodopera. «è il fenomeno del cosiddetto caporalato dei colletti bianchi», prosegue Cattani che spiega come il sistema sia difficilmente controllabile e tracciabile: «Si tratta di appalti e subappalti orchestrati da colletti bianchi, con girandole di pseudo-imprese, molto frequentemente intestate a compiacenti prestanome. Un modello di organizzazione per imprese con pochi scrupoli, che per aumentare le marginalità ed essere maggiormente competitive calpestano contratti, dignità delle persone, leggi nazionali e territoriali». La segretaria parla quindi del rischio che corre il Trentino: «Situazioni di questo tipo in territori a noi molto vicini hanno favorito l’infiltrazione di interessi malavitosi. Vogliamo portare all’attenzione delle istituzioni il fatto che il tema degli appalti se non correttamente gestito può arrecare danno, non solo ai lavoratori e alle aziende virtuose, ma all’intero territorio e tessuto sociale», conclude.