Letture

sabato 28 Gennaio, 2023

Georges Simenon, Reporter d’assalto

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Nell'appuntamento settimanale con la rubrica delle letture, Carlo Martinelli ci porta alla scoperta di un lato inedito dell'autore famoso per i gialli del commissario Maigret. Da anni Adelphi pubblica anche i suoi romanzi e reportage dai bassifondi di Parigi

«Ciascun uomo è un personaggio da romanzo, perché la vita di ogni uomo è un romanzo…». Chi parla è Georges Simenon, gigante della letteratura del secolo scorso. È il 1969, lo scrittore belga di lingua francese risponde alle domande di Francis Lacassin, giornalista ed editor francese che lo incontra per una lunga intervista sulla sua produzione letteraria. Certamente è stata una vita da romanzo anche quella del creatore del commissario Maigret. A partire dalla sua produzione, di una prolificità che continua a stupire e che lo ha reso celebre in tutto il mondo: almeno 700 milioni le copie vendute dei suoi libri. Era in grado di produrre ottanta pagine al giorno, 450 i romanzi e i racconti, 117 i romanzi psicologici. Più del pacato Jules Maigret (protagonista di 75 romanzi e 28 racconti) lo scrittore amava infatti i cosiddetti «romanzi duri», cui assegnava – e ne aveva tutte le ragioni – valore letterario. Si celava pure dietro pseudonimo: quelli certi sono 37.
Della sua irrequieta vita privata si è detto e scritto di tutto e di più. Le due mogli, le 33 residenze cambiate, l’accusa di collaborazionismo, la figlia Marie-Jo suicida, l’etichetta delle diecimila donne con cui avrebbe avuto rapporti sessuali, la stragrande maggioranza prostitute (la seconda moglie, Denyse, suggerì peraltro di togliere almeno uno zero alla cifra…).
In Italia, per decenni, è stato Mondadori, il suo editore. Proprio Arnoldo Mondadori, che gli fu amico al pari di Federico Fellini, gli consigliò Teresa Sburelin, la domestica di origini friulane che gli stette accanto fino alla morte, avvenuta a Losanna, il 4 settembre 1989 (era nato a Liegi nel 1903). Ma da parecchi anni, ormai, è la raffinata Adelphi a detenere i diritti dello sterminato catalogo simenoniano. Doveroso segnalare che non si tratta solo della mera riproposta di titoli storici, per così dire. In particolare, sono i volumi della Piccola Biblioteca dedicati ai reportage di Simenon (si calcola che con articoli siano più di tremila) che meritano attenzione. Dopo Il Mediterraneo in barca (2019), Europa 33 (2020) e A margine dei meridiani (2021) in questi giorni ecco la pubblicazione di Dietro le quinte delle polizia (284 pagine, 16 euro).
Testo illuminante per meglio definire il percorso, biografico e letterario, del nostro: casi giudiziari clamorosi, celebri inchieste, appunti per i futuri romanzi e aneddoti. Articoli apparsi su diverse testate fra il 1933 e il 1937 dai quali emerge uno spaccato della Parigi dell’epoca. I quartieri malfamati, gli immigrati delle periferie, i ricchi borghesi delle strade eleganti, i piccoli artigiani degli arrondissement più poveri: una città che cominciava a cambiare profondamente, oggi pressoché scomparsa. Così come non c’è più quella polizia di cui Simenon ci mostra all’opera gli ultimi esemplari e della quale non nasconde di rimpiangere i metodi sbrigativi ma efficaci. Dirà: «Mi resterà la nostalgia dei poliziotti dalle scarpe grosse e dei commissari che hanno fatto la gavetta, che parlano nel gergo dei quartieri popolari, che bevono al bancone accanto ai malviventi, gli offrono una sigaretta e, se necessario, li prendono a schiaffi».
Con Simenon la cronaca nera diventa narrazione, l’articolo diventa racconto. Nel libro (traduzione di Lorenza di Lella e Maria Laura Vanorio, con una nota di Ena Marchi) un prezioso inserto fotografico con foto d’epoca (37 immagini, in cinque figura anche lo scrittore, in questo caso cronista). Ben tre i reportage delle visite dello scrittore al Quai des Orfèvres a Parigi che negli anni Trenta indicava per metonimia il Palazzo di Giustizia.
Curioso scoprire il perché di quel viaggio dietro le quinte della polizia. Ebbene, i primi due romanzi con Maigret protagonista sono del 1931. Il giovane Simenon architettò con l’editore Fayard e l’amico giornalista Pierre Lazareff un lancio spettacolare, con ricevimento e invito che riproduceva la scheda segnaletica del bandito Bonnot, anarchico e capo della banda che rapinava banche e ricchi borghesi. Certo, Simenon può essere tranquillamente definito un conservatore, persino un reazionario, ha detto più d’uno. Sta di fatto che «usa» il bandito anarchico così come, nel primo tormentato dopoguerra, gira con un copia del quotidiano comunista l’Humanitè sotto braccio, per muoversi più disinvolto. Comunque, in poche settimane il nome di Maigret è sulla bocca di tutti. Però sono proprio gli ambienti della polizia parigina a segnalare che quel commissario sembra conoscere poco il mondo reale della polizia. Fu così che Xavier Guichard, il direttore della Polizia giudiziaria che aveva sgominato nel 1912 proprio la banda Bonnot, invitò Simenon a visitare le varie sezioni. Lo scrittore fece tesoro di quelle visite (per cominciare scrisse reportage in serie, quelli oggi pubblicati da Adelphi) ma non venne mai meno ad un’altra sua granitica certezza: «La verità non sembra mai vera» e dunque ha sempre bisogno di qualche aggiustamento, di qualche divagazione. Forse quegli aggiustamenti fanno sì che mai come in questi reportage Simenon sembra vicino ad una umanità dolente, emarginata, disperata prima che criminale.