L'INTERVISTA
giovedì 4 Luglio, 2024
di Lorenzo Fabiano
Un chilometro e mezzo a nuoto nella Senna, poi altri quaranta in bicicletta e, giusto per non farsi mancar nulla, metteteci pure la chiusura con dieci chilometri di corsa. Niente da dire, una gran bella sciroppata di acido lattico.
Stiamo parlando del Triathlon, sport che accomuna tre discipline differenti facendole diventare una sorta di plurispecialità sbarcata, di recente, anche alle Olimpiadi.
E proprio la prima volta del triathlon ai giochi a cinque cerchi risale all’edizione di Sidney del 2000, ma da allora mai un atleta italiano è andato a medaglia.
L’ingegner Gianluca Pozzatti, trentino di Pergine, che compirà 31 anni il prossimo 22 luglio, se ne va a Parigi è sarà la sua seconda olimpiade dopo il battesimo a cinque cerchi ottenuto tre anni fa a Tokyo.
Lo troveremo in gara sia nell’individuale che nella staffetta.
Gianluca, come si è avvicinato a questo sport?
«Da piccolo facevo pattinaggio su ghiaccio con lo Sporting a Pergine. Mio padre faceva gare di triathlon, così ho iniziato a seguirlo e a farne qualcuna per i ragazzini anch’io. Ai primi anni delle superiori ho smesso di pattinare, sono passato al nuoto e quindi verso la fine del liceo al triathlon. Tutto è partito da lì, ed è diventato il mio sport».
Uno sport che attira sempre più praticanti, ormai i tempi dei pionieri sono lontani.
«I tempi in cui quando dicevo che facevo triathlon, lo confondevano col biathlon o il pentathlon sono passati. “Ah che bravo, vai con gli sci da fondo”, “ah che bravo, vai a cavallo”, mi sentivo dire. Oggi, almeno si sa cos’è. Amatoriale o professionistico, è uno sport sempre più diffuso, per tutti e per tutte le età, e non uno sport per superuomini come talvolta si vuol far credere».
Nuoto, bici e corsa: la partita dove si risolve?
«C’è un detto, “nel nuoto non vinci la gara, ma la puoi perdere”. In acqua è fondamentale stare davanti per poi prendere le prime posizioni. La gara si decide nella frazione finale, la corsa sulla distanza olimpica di 10 km, ed è proprio su quella che sto lavorando. Negli ultimi dieci anni, la corsa è la disciplina in cui il livello è cresciuto maggiormente».
Tokyo, la sua prima olimpiade, che ricordo ne ha?
«Ero emozionatissimo. Conservo il ricordo della cerimonia della consegna dalla bandiera alla squadra azzurra al Quirinale dal Presidente Mattarella, l’ingresso al villaggio olimpico nel giorno del mio compleanno. Momenti stupendi. Peccato sia stata un’olimpiade segnata dalla pandemia e dall’assenza di pubblico. L’olimpiade è partecipazione che anima una città: questo a Tokyo non è stato possibile, ma a Parigi sarà tutta un’altra cosa, mi aspetto tantissima gente».
Come arriva a Parigi?
«Con più maturità e consapevolezza nei miei mezzi. Sono sicuro che saprò gestire la gara molto meglio. Nel 2022 ho vinto una gara di Coppa del Mondo, e ho fatto una Top Ten; sto crescendo, ho cambiato preparazione e allenatore, e quest’anno sto correndo davvero bene, meglio che in passato».
Lo sport non le ha impedito di laurearsi.
«È stata dura, e quando ci penso non so davvero dove abbia trovato il tempo. Ho fatto la triennale in ingegneria all’Università di Trento e quindi la magistrale all’Università di Bergamo. Una gran soddisfazione, sono stati anni molto impegnativi ma sono molto contento di aver portato a termine il mio percorso di studi in parallelo allo sport. È qualcosa che mi ha insegnato tantissimo a livello di gestione del tempo per ottimizzare le risorse».
Da grande farà l’ingegnere?
«In effetti sto diventando grande, il 22 luglio faccio 31 anni, ma non lo so. Il triathlon offre delle opportunità, la laurea in ingegneria tanti sbocchi. Vedremo, ora il focus è solo su Parigi. In testa ho solo quello».
Poco tempo libero, ma come lo impiega?
«Cerco di stare il meno possibile al cellulare, perché mi sembra di buttare via il tempo. Mi piace leggere, ma non sono un tipo da romanzi. Leggo saggi, per imparare e conoscere cose nuove. Purtroppo, il tempo è quello che è».
Se non sbagliamo, è anche un buon sciatore.
«Mio padre era maestro di sci. Ho imparato a sciare da piccolo. Sciavo bene, sebbene non facessi gare. Col professionismo nel triathlon, ho smesso per paura di farmi male, ma dopo Parigi il prossimo inverno una bella sciata sulle nostre montagne del Trentino me la concederò».
Vive a Pergine?
«Sì, ma tra camp e gare non ci sono quasi mai. Dall’inizio dell’anno, a casa sarò stato dieci giorni in tutto. Sono quasi un senza fissa dimora (ride, ndr)».
Fidanzato?
«Sì, con Federica. Anche lei fa triathlon a livello amatoriale. Credo che una ragazza che non ha nulla a che fare col nostro sport farebbe fatica a capire e accettare certe dinamiche e certi stili di vita che sarebbero poco conciliabili».
L’alimentazione è un aspetto fondamentale per chi pratica uno sport così probante per il fisico come il vostro.
«Consumi così tanto che poi per forza devi reintegrare le calorie che hai bruciato con un’alimentazione attenta. Se fai cinque ore e mezza di allenamento, per forza devi poi mangiare. Altrimenti, il giorno dopo altre cinque ore e mezza non le fai. Dopo una giornata in allenamento, in pizzeria coi ragazzi della nazionale ci facciamo due pizze a testa».
Io, che le due pizze me le farei anche senza allenamento, ho il problema opposto…
«Ahahahahah».
Un saluto ai nostri lettori?
«Certo, un grande saluto a tutti i lettori de “Il T Quotidiano”; spero vorrete seguirci alle olimpiadi di Parigi e posso garantire che noi azzurri daremo il massimo per portare in alto i nostri colori».