L'evento
mercoledì 30 Ottobre, 2024
di Stefano Marini
Un auditorium di Storo mai così pieno, oltre 600 persone in una sala che ne può tenere 430, ha accolto lunedì sera (28 ottobre) l’ingegner Gino Cecchettin, il padre di Giulia, la giovane padovana uccisa con efferata crudeltà dal suo ex fidanzato, Filippo Turetta, l’11 novembre del 2023. L’incontro, introdotto dall’assessora alla cultura, Mariella Bonomini, è servito a presentare il libro scritto da Cecchettin «Cara Giulia», e, nel dialogo con la relatrice Giuseppina Tonini, è stato anche l’occasione per parlare di Giulia, ma anche dei giovani, del dolore e di come affrontarlo. Dal patriarcato al «maschio alpha», dall’educazione dei giovani, al dolore insopportabile per la perdita di Giulia, Cecchettin ha toccato tanti temi, chiudendo un pensiero che dona speranza: non farsi travolgere dall’odio e scegliere il bene. Perché il bene, ha fatto capire, è una scelta.
Nell’imminenza della tragedia, la sorella di Giulia, Elena, ha scritto sui social: «È stato il vostro bravo ragazzo. Non è un mostro ma il frutto del patriarcato». «Eravamo a pochi giorni dal ritrovamento di Giulia e la mia testa era altrove – ha raccontato Gino – Sono andato a leggermi il post e alla sera ho chiesto ad Elena perché avesse tirato fuori la questione del patriarcato. Lei mi ha spiegato per filo e per segno cosa voleva dire. Io però sono come San Tommaso, e quindi ho preso il dizionario e ho letto che il patriarcato è quell’insieme di pregiudizi sociali e culturali, molto spesso infondati, che generano comportamenti di prevaricazione dell’uomo verso la donna. È una parola che dà fastidio. Però – ha proseguito – io sono andato indietro nella mia vita, e ho riconosciuto tanti esempi di patriarcato. Sono atteggiamenti che percepiamo e che poi si traducono in forme di disprezzo verso l’altro sesso»
Solidità, non forza.
«Una persona è forte quando riesce a dimostrare un certo tipo di intensità, sia fisica che emotiva. – la riflessione di Cecchettin – La solidità invece è più pervasiva. La forza è più esplosiva e non è sostenibile a lungo. Il modello del “maschio alpha” rappresenta un modo di vivere che ti lascia da solo. Prima o poi troverai qualcuno che è più forte di te. La vita ti porrà davanti tantissime sfide e non sempre avrai le forze per superarle tutte da solo. Avrai bisogno anche della controparte, ma se l’hai trattata male, potrebbe non esserci. La solidità – ha continuato – invece è più latente ma c’è sempre. Permette di far fronte a tutte le situazioni della vita e anche di pensare a ciò che hai e non a quello che non hai più. Nel mio caso mi faccio forza di quello che mi hanno donato mia moglie Monica e Giulia negli anni che hanno vissuto assieme a me. Ho perso tanto, ma voglio fare tesoro di quello che mi è stato donato e metterlo a frutto».
«Dico sempre che ho perso una figlia, non voglio perderne altri due. Mi rendo conto che ai ragazzi forse diamo un po’ troppo – l’analisi del papà di Giulia – non c’è più il gusto di guadagnarsi le cose col sudore della fronte. Ai nostri figli io e mia moglie abbiamo cercato di dire dei no, per insegnare loro che le cose bisogna guadagnarsele. D’altro canto però credo si debba tenere conto dei sogni dei ragazzi».
Infine la riflessione più toccante, più profonda, quella che volge lo sguardo all’amore, nonostante tutto. «Nel momento in cui ho capito che non avrei più rivisto Giulia ho pensato di non farcela. È impossibile arginare i sentimenti di cattiveria, di vendetta – ha detto – Allora ho preso una foto di Giulia e mi sono messo a guardarla. Ho iniziato a provare felicità e il suo sorriso mi è entrato dentro. Così mi sono reso conto che riuscivo ad allontanare quei sentimenti negativi. Tutte le volte che succede, prendo una foto dei miei figli e la guardo e magicamente cambio umore e mi sento disposto a fare del bene. Non è retorica ma il detto “da bene nasce bene” è vero. Io l’ho provato e mi sono reso anche conto che da male nasce male. L’altro giorno in tribunale avevo Filippo di fronte a me ed ho usato la stessa tecnica. È chiaro che le sue parole mi hanno ferito, ma lo hanno fatto perché riferite a mia figlia, non perché toccassero me. Come il bene fa bene, il male fa male. Quando sono uscito dall’Aula sentivo tante persone incitare all’odio. Anche questo è sbagliato. Dovremmo avere la razionalità di dire “sì, io ho visto questa scena ma non voglio farmi influenzare dall’odio di quella persona, voglio continuare ad amare”. Concentrarsi sul bene che si è ricevuto e si può fare è una scelta razionale, e sicuramente genera altro bene».
L'inchiesta
di Tommaso Di Giannantonio
L'incidente a San Martino di Castrozza, il padovano di 7 anni è ancora ricoverato all’ospedale Santa Chiara di Trento. Il piccolo era sul mezzo in uso alla Polizia insieme all’amico del papà