Il lutto

venerdì 12 Luglio, 2024

La val di Fassa piange Gino Comelli, colonna del soccorso alpino

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Cofondatore dell'Aiut Alpin Dolomites e per 25 anni capo della stazione Alta Fassa, si è spento a 70 anni. «Sempre disponibile, infondeva serenità anche nelle situazioni più difficili»

È rimasto fedele a se stesso fino all’ultimo, vivendo anche i mesi della malattia così come aveva affrontato la sua esistenza: combattivo e sereno. Lo testimoniano gli amici più cari che gli sono stati accanto.
A 70 anni – nella notte tra mercoledì e giovedì – è morto Gino Comelli, una delle figure più rappresentative del soccorso alpino italiano. Guida alpina e maestro di sci, era entrato nel Corpo nazionale del soccorso alpino nel 1980 e, dimostrando una straordinaria competenza tecnica, aveva via via scalato le «gerarchie», arrivando a guidare per 25 anni la stazione dell’Alta Fassa di Canazei oltre a diventare istruttore nazionale, trasmettendo così il suo bagaglio d’esperienza a generazioni di nuovi volontari. Ma soprattutto Gino Comelli è stato un fenomenale elisoccorritore, una passione che nel 1990 lo aveva portato a fondare con i fratelli Kostner l’Aiut Alpin Dolomites. Solo lo scorso novembre, alla soglia dei 70 anni, era sceso per l’ultima volta dall’elicottero dopo qualcosa come 2.500 interventi e 4.000 ore di volo. «Cosa farò? Mi godrò un po’ di tranquillità», aveva raccontato alla giornalista Elisa Salvi su «il T». Ma dietro l’angolo l’aspettava la parete più difficile: quella della malattia, che ha cominciato a manifestarsi a dicembre.
Originario di Romans d’Isonzo, in Friuli, Gino Comelli, per alcuni anni poliziotto a Moena, ha incarnato i migliori valori delle montagne fassane, un misto di forza e pacatezza che gli è valso la stima e il rispetto non solo della comunità di Canazei e Fassa, ma di tante strutture della protezione civile, come testimonia il fiume di cordoglio che ha generato la sua scomparsa.
Un percorso di vita con una cicatrice che ancora doleva: i morti della Val Lasties. Ma anche lì, dalla tragedia del 26 dicembre 2009, Gino aveva colto il fiore che cresceva: «Come si supera un evento del genere? Con l’impegno a migliorare il servizio e la sicurezza degli operatori. È stata una tragedia molto dura, ma abbiamo reagito con la richiesta di poter volare di notte».
Proprio da uno dei figli delle vittime della Val Lasties, Igor Dantone (il papà era Alex), oggi capostazione del soccorso alpino dell’Alta val di Fassa, arriva una delle testimonianze più toccanti: «Ero suo vicino di casa e sin da bambino, quando vedevo Gino vedevo “il soccorso alpino” – ricorda – Quando poi sono entrato nel corpo, il primo intervento l’ho fatto proprio con lui per una persona fulminata in val Duron. Ricordo la chiamata, l’agitazione, io che parto con metà delle attrezzature ancora nelle mani. Sono sceso di corsa, Gino mi ha visto e mi ha detto: “Igor, stai sereno: andiamo veloci ma senza perdere mai la tranquillità”. Ecco, Gino era questo: ti dava la serenità anche nelle situazioni più difficili. Era un uomo carismatico, sapeva fare gruppo, parlare alle persone».
«Sino alla fine, si è dato da fare per gli altri, senza mai chiedere nulla in cambio». È l’omaggio che Maurizio Dellantonio, presidente nazionale del Soccorso alpino, riserva ad un uomo che è stato prima di tutto un amico: «Portava la calma nei momenti più drammatici, anche se la tragedia della val Lasties lo turbava ancora – spiega Dellantonio – Era un uomo mite, intelligente, onesto, pieno di buon senso. Non credo di averlo visto mai veramente arrabbiato: se lo era, reagiva soprattutto con il silenzio». Fuori discussione la stima di Dellantonio sul piano tecnico: «Gino era molto competente e ancora adesso veniva chiamato a fare i corsi come istruttore».
Don Mario Bravin è il parroco di Canazei, ma anche vigile del fuoco volontario: «Gino era una persona estremamente disponibile e tutti noi dobbiamo essergli grati. Una volta – l’aneddoto di don Mario – sono andato da lui per chiedergli alcune delucidazioni sui nuovi sistemi di chiodatura. Avrebbe potuto liquidarmi in pochi minuti, visto, tra l’altro, che io sono un vigile del fuoco e non un tecnico del soccorso alpino: si prese mezzora di tempo per spiegarmi sin nei minimi dettagli quanto volevo sapere».
Commosse le parole di Walter Cainelli, presidente del Soccorso alpino trentino: «Gino ha dato moltissimo al mondo del soccorso organizzato in montagna – ha detto – Era una persona lungimirante, con una visione chiara e spesso anticipatrice. Con la gentilezza e la disponibilità verso gli altri che lo contraddistinguevano, è stato un vero protagonista all’interno della nostra organizzazione».
«Ci uniamo al dolore per la scomparsa di Gino, da sempre un punto di riferimento anche per noi vigili del fuoco, sempre disponibile a darci consigli utili», le parole dei vigili del fuoco volontari di Canazei.
«Abbiamo avuto il privilegio di poter condividere con Gino molti momenti di collaborazione professionale sia sul campo che in ambito addestrativo – l’omaggio del Comitato di Bolzano della Croce rossa italiana – Non sono mancati nemmeno i momenti di divertimento con i nostri ragazzi più giovani in occasione del progetto 8-13. Ci sentiamo di dirti solo Grazie Gino».
A questo «grazie» dobbiamo unirci anche noi giornalisti, che per tanti anni abbiamo avuto in Gino Comelli un interlocutore paziente e puntuale, un uomo che ha saputo riconoscere l’importanza anche di chi quei soccorsi in montagna di cui è stato protagonista li racconta ogni giorno.
Gino Comelli lascia la moglie Rosalba, la figlia Angelica e il figlio Tommaso. L’ultimo saluto si è tenuto oggi pomeriggio, 12 luglio, nella chiesa parrocchiale di Alba di Canazei.