Bambini
sabato 1 Aprile, 2023
di Francesca Fattinger
Care bambine e cari bambini, ma a voi piace la poesia? A me piace tantissimo. La mia preferita è quella senza parole! Ok, ok, lo so che ho detto una cosa strana. Ma adesso vi spiego meglio.
In mezzo alle montagne di Bolzano, anzi scavato proprio nella montagna, c’è un palazzo che è anche un museo che si chiama fondazione Antonio Dalle Nogare. Adesso al piano terra c’è una mostra che si intitola Ri-Materializzazione del linguaggio. 1978-2022. Un titolo davvero lungo, avete ragione, ma è un titolo molto importante, perché ci ricorda fin da subito che questa mostra è legata a un momento del passato da non dimenticare: il 1978. In quell’anno a Venezia, dove si tiene dal 1895 un’esposizione d’arte internazionale che si chiama Biennale, era successa una cosa un po’ spiacevole.
Il direttore di quell’anno si era infatti reso conto, solo quando ormai l’esposizione era pronta per essere aperta al pubblico, che non c’erano artiste donne invitate o se c’erano erano davvero poche. Bisognava rimediare e in fretta! Così è stata chiamata una curatrice e artista, Mirella Bentivoglio, che da anni stava lavorando per studiare e raccogliere opere di artiste donne, a curare una mostra dedicata solo a loro.
Il sogno di Mirella era quello di creare una vera comunità di artiste che si sostenessero a vicenda e si confrontassero. Non erano artiste qualsiasi, ma artiste, provenienti un po’ da tutto il mondo, che nelle loro opere volevano immaginare una lingua nuova, liberata da ogni regola e spesso… senza parole! Tra di loro c’era la tedesca Irma Blank che immaginava una lingua silenziosa fatta di linee colorate, spesso blu o rosa (i suoi colori preferiti), che sembravano essere lettere piccole piccole, ma se ci si avvicinava si scopriva che non c’era nessuna lettera! C’erano la ligure Ketty La Rocca che faceva parlare le mani, facendole accarezzare e danzare insieme come in un balletto, e la sarda Maria Lai che trasformava la scrittura in tessiture: le sue parole diventavano cioè righe di stoffa che saltavano su e giù, fuori e dentro dal foglio, erano ribelli, volevano trasformare il mondo!
C’era poi Tomaso Binga, nata a Salerno, che usava il suo corpo per parlare: pensate, si era messa in posa e si era fotografata per realizzare tutto l’alfabeto solo con il suo corpo. Loro erano solo alcune delle 80 artiste che Mirella Bentivoglio aveva invitato nella mostra Materializzazione del linguaggio nel 1978 per immaginare un mondo diverso in cui la parola veniva liberata e poteva essere tutto quello che voleva: corpi, ricami, linee, disegni e tanto tanto altro! A Bolzano fino al 3 giugno 2023 potrete vedere una specie di ricostruzione di quella mostra: sarà come infilarsi in una capsula del tempo. Anzi si potrà vedere anche di più di allora, perché troverete per ogni artista alcune opere che non c’erano nella mostra originaria.
E come sempre ora tocca a voi! Vi voglio proporre un gioco di coppia. Chiedete a chi volete di giocare con voi e pensate a una parola da scrivere nell’aria. Chiedetele ora di guardarvi attentamente e, sempre in silenzio, dopo aver ripetuto la parola un po’ di volte, di rispondervi con un’altra parola, sempre scritta nell’aria, che le è venuta in mente guardando i movimenti della vostra mano. State parlando in silenzio attraverso il vostro corpo e il vostro movimento. Probabilmente la persona davanti a voi non avrà capito esattamente la vostra parola, ma avrà capito qualcosa di diverso e forse anche più interessante. Che cosa ne pensate? Beh per me questo è il vero senso della poesia: renderci libere e liberi di pensare ciò che vogliamo!