L'intervista

martedì 30 Aprile, 2024

Giudicarie, l’allarme della Fondazione Don Guetti: «Il 33% dei giovani pensa di lasciare la valle»

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Dorigatti, direttore della Fondazione Don Guetti: «Formiamo per trattenerli». La realtà intitolata al sacerdote che fondò la Cooperazione trentina, con libri, iniziative, scritti radica tra i ragazzi la cultura economica cooperativa

Un orizzonte sempre più ampio per la Fondazione Don Guetti, che ha il suo quartier generale a Larido (Bleggio Superiore), a pochi metri dalla canonica in cui Don Lorenzo Guetti a fine ottocento diede origine al movimento cooperativo trentino. La Fondazione ha accelerato sul tasto dell’editoria e della formazione.
Direttore Michele Dorigatti, ricordiamo il contesto politico-culturale in cui nel 2012 nacque la vostra Fondazione?
«Fu una precisa volontà della giunta di Lorenzo Dellai. Sulla scorta della nascita di una Fondazione dedicata ad Alcide Degasperi, statista di rilievo internazionale oltre che figura storica di interesse nazionale e locale, si pensò di dare adeguato spazio a Don Lorenzo Guetti, padre della Cooperazione trentina e politico autonomista. Un riconoscimento alla Cooperazione come movimento che ha contribuito allo sviluppo sociale ed economico del Trentino, attivo in quasi tutti i settori, dal credito al consumo, dall’agricoltura alla produzione e lavoro, al sociale».
Quale potrebbe essere il marchio distintivo della Cooperazione trentina?
«Due specificità, direi. Il fatto che il movimento risiede sotto un unico tetto, quello della Federazione trentina della Cooperazione. L’altro merito, che è proprio dei cooperatori, è quello di aver superato al meglio la possibile divisione ideologica tra coop rosse e bianche che ha caratterizzato il resto d’Italia, facendo nel 2000 l’accordo con Coop Italia».
Il merito principale di Don Guetti?
«Quello di intuire che il modello tedesco Reiffeisen poteva essere copiato e calato nella realtà montana del Trentino di fine Ottocento. Lo potremmo chiamare “architetto” della Cooperazione, perché la struttura che lui ha dato oltre 130 anni fa è attualissima e solida: un movimento che ha attraversato tre secoli e a differenza di molte imprese di capitale è tutt’ora in salute e vivo. Gli statuti, il primo e il secondo grado (indispensabile in un territorio di montagna) della cooperazione, la centralità dell’ente federale, sono ancora colonne attualissime della Cooperazione. Il credito è forse il settore che ha dovuto cambiare di più, subendo le sollecitazioni nazionali e internazionali. Ma l’edificio guettiano nel suo complesso regge benissimo, come la funzione sindacale della Federazione».
Quali i soci della Fondazione?
«La Fondazione è formata da Provincia di Trento, Federazione della Cooperazione (unico socio privato), Comunità delle Giudicarie e i cinque comuni delle Esteriori».
Con il Covid è esplosa la vostra attività editoriale. Come mai e su quali versanti siete impegnati?
«Già alla nascita della Fondazione ci eravamo accorti che c’era poco o nulla degli scritti di Don Guetti. Con il Covid le nostre attività sul territorio sono rallentate e abbiamo dato impulso a quelle editoriali. In questi anni abbiamo rieditato con Vitrend il saggio biografico di don Marcello Farina su Don Guetti, ripubblicato i tre volumi su cooperazione, migrazione e politica, perché Don Guetti fu una grande figura politica, che si battè per l’autonomia trentina sotto l’Austria.Fu eletto deputato con grande consenso. Con la casa editrice Becco Giallo abbiamo ripubblicato la graphic novel sulla vita di questo sacerdote politico e imprenditore. Nel 2023 è uscita la storia della vita di don Guetti, a cura di Annalisa Strada, affermata autrice per ragazzi. Ora abbiamo editato 5 volumetti da 100 pagine su “Storie di imprese civili”: Cooperfidi, Movitrento, Promocoop, Multiservizi, Ecoopera».
C’è poi il grande progetto sull’opera omnia di don Guetti.
«Concluso nel 2023. Era un bando Caritro c e ci ha permesso di mettere a sistema, online, circa 600 testi scritti da don Guetti. Due ricercatori, coordinati dal professor Leonardi, hanno lavorato per circa tre anni, individuando dallo stile e dagli pseudonimi (ne usò 50: «Il montanaro», «R.» alcuni di questi) anche quelli di dubbia attribuzione. Moltissimi sono articoli di giornale».
Il legame più stretto con il territorio passa dai giovani?
«Sì. Il lavoro nelle scuole è il contatto primario con la comunità locale. I ragazzi delle medie Prati di Ponte Arche vengono da noi a piccoli gruppi per conoscere storia e materiali guettiani. Noi andiamo in tutti gli istituti comprensivi delle Giudicarie e nel 2025 formeremo ragazzi delle superiori che faranno da “alfieri” alle medie sulla storia guettiana, in un meccanismo di peer education».
Infine, un successo «Ci sto! Affare fatica».
«Un format che abbiamo importato da Bassano e ora ci affianca la cooperativa Innova di Tione. Ragazzi impegnati nella tutela dei beni comuni, volontari e tutor: siamo nei 25 comuni delle Giudicarie. Da una statistica il 33% dei giovani giudicariesi sa che da adulto vivrà fuori valle. Noi mettiamo in campo tutte le iniziative perché possano avere un futuro qui».