DEMOGRAFIA

domenica 21 Aprile, 2024

Glaciazione demografica, in Trentino nel 2040 ci saranno 39mila lavoratori in meno: a pesare l’effetto denatalità

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I numeri del report della Fondazione Nord Est: ad attenuare il calo l'aumento dell'età di pensionamento passata da 55,4 anni nel 1997 a 61,4 anni

La glaciazione demografica diminuisce di 3,2 milioni le persone in età di lavoro entro il 2040 e di 2,4 milioni i lavoratori. Ciò si traduce in drammatiche carenze di occupati nelle grandi regioni settentrionali: 804mila in Lombardia, 442mila in Veneto, 390mila in Emilia-Romagna e 378mila in Piemonte. In Trentino si stima un calo di 39mila lavoratori.

Meno abitanti uguale meno occupati
Meno abitanti uguale meno lavoratori. Un’equazione molto semplice. Sì, ma quanti lavoratori in meno?
Le previsioni sul numero di persone occupate sono, come quelle sulla popolazione, al netto dei flussi migratori interni (ossia prevalentemente dalle regioni meridionali) e internazionali (sempre più dall’Africa), in modo da isolare le conseguenze dei comportamenti riguardo alla natalità delle popolazioni settentrionali.  Il passaggio dalla popolazione prevista (in diminuzione di 2,3 milioni in tutto il Nord Italia nel 2023-2040) all’occupazione attesa non è automatica, ma passa attraverso tre stadi. Il primo stadio è quello dalla popolazione totale alla popolazione in età di lavoro. Il secondo stadio è la determinazione della percentuale di persone in età di lavoro che effettivamente lavorerà. E, infine, il terzo stadio è l’applicazione di questa percentuale al numero di persone che hanno l’età per lavorare; solo quest’ultimo stadio non richiede speciali ipotesi, ma è un normale calcolo.

Le persone in età di lavoro diminuiscono di 3,2 milioni
Il risultato è disarmante: le persone in età di lavoro scendono di 3,2 milioni nel Nord Italia tra il 2023 e il 2040, pari a un quinto di quelle del 2023. Un numero nettamente superiore al calo della popolazione per una semplice ragione: le coorti che entrano in quell’età sono molto più piccole di quelle che escono, e per queste ultime finisce la fase lavorativa, non la vita. Il 70% della flessione avviene nel prossimo decennio, non solo perché di questo restano sette anni ma perché gli effetti della denatalità si faranno sentire maggiormente. In Trentino, secondo i dati, entro il 2040 è previsto di un calo del 16% pari a 52mila persone. Al rpimo posto la Liguria con un calo del 26% (218mila persone).

Ma quante di quelle persone in età lavorativa effettivamente saranno occupate?

Il secondo stadio della stima consiste proprio nello stabilire la percentuale di occupati sulla popolazione in età lavorativa, che è chiamato tasso di occupazione. L’ipotesi meno arbitraria è quello di mantenere costante l’attuale tasso di occupazione per l’età 20-64 anni. Al Nord il tasso di occupazione è più elevato della media italiana, ma ci sono non piccole differenze; tra il massimo della Provincia di Bolzano, al 79,6%, e il minimo della Liguria, al 72,2%, fanno 7,4 punti percentuali che equivalgono a 62mila occupati in meno nei territori rivieraschi, mentre se tutto il Nord si adeguasse all’Alto Adige ci sarebbero quasi 800mila occupati aggiuntivi. Il Trentino è allineato alla media con il 75,6%.

Nel 2040 in totale ci saranno 2,4 milioni di lavoratori in meno di oggi nel Nord Italia.

Le perdite maggiori si registreranno in Lombardia (-804mila), Veneto (-442mila), Piemonte (-378mila) ed Emilia-Romagna (-390mila). D’altronde sono le regioni con i livelli occupazionali più elevati, essendo anche quelle più grandi fisicamente ed economicamente. La prospettiva cambia se si valuta il calo in termini percentuali: avanti a tutti Liguria (-26%), poi Friuli-Venezia Giulia (-23%) e Valle d’Aosta (-22%). Il Veneto va un po’ peggio della media (-21%). Le migliori performance, comunque negative, sono dell’Alto Adige (-13%) e del Trentino (-16%). Infatti, la più elevata natalità passata permette di far entrare nell’età lavorativa un maggior numero di persone a compensare l’uscita delle coorti più anziane, che comunque sono più grandi.
Teniamo presente che sia le stime sulla popolazione in età di lavoro sia sugli occupati sono sopravvalutate, perché portando meccanicamente avanti di 17 anni le coorti oggi più giovani si dà per scontato che nessuna persona verrà a mancare, mentre il tasso di mortalità non è nullo a nessuna età e sale con il passare degli anni di vita degli individui. Per costruzione, tuttavia, non è possibile indicare a quanto ammonti tale sovrastima. Qui è sufficiente sottolineare che il quadro effettivo sarà più brutto di come dipinto.
Invece, l’ipotesi di mantenere costante il tasso di occupazione ai livelli attuali discende è dettata dal desiderio di evidenziare cosa accadrà se non cambieranno i comportamenti, ma anche dalla carente disponibilità pubblica delle statistiche sul mercato del lavoro a livello regionale, suddivise per coorti di popolazione quinquennali.

L’allungamento della vita lavorativa attenua un po’ il calo

Questa ipotesi comporta una sottostima delle persone che saranno occupate. Infatti, già oggi c’è ampia differenza tra i tassi di occupazione dei 35-54enni e quelli dei 55-64enni. La differenza può essere ricondotta a fattori culturali e istituzionali. Sul piano culturale la divisione di ruoli tra i generi ha molto penalizzato (e per troppi versi continua a penalizzare fortemente) l’occupazione femminile; nelle generazioni più recenti tale divario di ruoli si è molto attenuato e ciò alza il tasso di occupazione. Sul piano istituzionale, il grado di sviluppo economico raggiunto spinge oggi a studiare di più e a iniziare a lavorare più tardi, maturando così i diritti previdenziali più avanti nell’età. Diritti che sono stati adeguati all’allungamento della vita.
Per la prima ragione e per la seconda, l’età di pensionamento effettiva è salita in Italia e i dati più recenti indicano in oltre 67 anni il ritiro per vecchiaia (67,3 anni), contro 61,4 anni nel 1997, e in 61,4 anni quella per anzianità lavorativa, contro 55,4 anni nel 1997. Sicuramente tale innalzamento proseguirà e quindi il tasso di occupazione nella corte 55-64 aumenterà automaticamente, ossia senza che debbano mutare norme e comportamenti.