La storia
domenica 18 Agosto, 2024
di Eva Polli
Tornarci o no? In tempi così difficili come quelli dell’attuale e diffusa paura dell’orso, tornare o no Malé potrebbe essere un dubbio dalla risposta scontata. Non è così però per Graziella Tamparana, triestina d’origine ma residente a Milano, che dal 1961 viene ininterrottamente a Malé tutte le estati. Dapprima veniva con i genitori e le nonne. Poi dal 1972, dopo una parentesi di poco successo nel meridione, cominciò a condividere la passione per la borgata solandra con Paolo Maraschi, suo marito, e i suoi figli oggi ormai grandi. Simone che viene da Amburgo e Davide, proveniente da un ameno paese sul mare a un tiro di schioppo da Londra, non sbagliano un’estate.
Graziella sembra avere la pozione magica per annullare le stagioni a tendenza negativa visto che la sua presenza ha portato una frotta ben nutrita di amici e conoscenti contribuendo a rafforzare la fama della storica borgata che colpì l’attenzione anche dell’imperatore. Di magico però in questa storia c’è in verità solo lo zampino del treno. Sì perché a indurre il papà di Graziella a scegliere Malé quale meta delle sue vacanze, fu proprio la presenza della “Vaca Nonesa” e di quei vagoni rivestiti in legno, che, ricorda Graziella, erano in sintonia con le migliori tradizioni asburgiche. Papà non aveva l’automobile e però, lui che lavorava alle Ferrovie dello Stato, aveva delle gratuità da sfruttare annualmente. Un treno tira l’altro da una valle all’altra, dalla Val Padana, alla Vallagarina, dalla Val d’Adige alle valli del Noce e il gioco è fatto. Dunque il lavoro di papà all’elettrificazione della Milano-Trieste gli fece incontrare la mamma di Graziella, e sempre lo stesso lavoro alle ferrovie dello Stato gli fece scoprire Malé. La passione per questo paesino delle Dolomiti di Brenta fece superare alla famiglia lo scoglio di ben sette trasferimenti legati ai bisogni emergenti dei proprietari delle case che all’epoca, a differenza di oggi, ben volentieri affittavano l’appartamento per tutta l’estate senza lanciarsi in prezzi da capogiro. Del resto il turismo mordi e fuggi doveva ancora bussare alla porta. Da una periferia all’altra del paese Graziella ha così potuto far conoscenza di ogni angolo. La prima casa fu Casa Cristoforetti all’estremità ovest, là dove si compiva il miracolo di una Madonna che piangeva richiamando pullman di fedeli. Seguì Casa Costanzi all’estremità nord est prima di arrivare al sentiero della “Lec Bassa”. Da lì si va direttamente alla Birreria, il cui sentiero oggi è facile immaginare deserto come i boschi attorno per la presenza dell’orso. Poi fu il turno dell’hotel Puller, di Casa Gentilini sull’“Abelimento”, di una casa nei pressi dell’Apt, di Casa Petteni, poi una casa vicino ai “Vouti del Tatin” per arrivare al condominio Villanova in via Ugo Silvestri. Non c’è angolo della borgata che lei non abbia in mente tenendo anche conto della sua espansione edilizia. Il posto più intrigante? La vecchia passerella che non era in cemento ma in legno: un vero ponte tibetano che oscillava e ondeggiava in un punto di Malé molto bello. Della passerella di allora oggi è visibile il punto di aggancio sul greto del torrente sotto l’attuale passerella.
La storia
di Alberto Mosca
Alberti d’Enno, aristocratico della Val di Non, nei primi anni dell’Ottocento tramite matrimonio giunse a Collepasso, dove fu artigliere dei Borbone e innovatore agrario