tribunale
lunedì 24 Ottobre, 2022
di Redazione
Ottantasette tra stimati professionisti, medici, operatori sanitari, impiegati, un dirigente provinciale e perfino qualche divisa. Pur di non vaccinarsi avrebbero pagato da 50 a mille euro per ottenere in meno di un minuto certificati di falsa positività. Così, una volta finita la quarantena fasulla, ecco il green pass vero. La procura, che aveva chiuso le indagini preliminari, ora chiede il processo per tutti i 92 iscritti sul registro degli indagati. L’udienza è stata fissata per maggio 2023.
Associazione a delinquere finalizzata alla corruzione, falso ideologico e accesso abusivo ai sistemi informatici dell’azienda sanitaria è invece l’accusa per organizzatori della ‘tamponopoli’: un infermiere, la moglie e 3 collaboratori. L’impianto del pm Davide Ognibene poggia sull’inchiesta del nucleo di polizia giudiziaria dei carabinieri che, in collaborazione con la compagnia della Guardia di finanza, a metà gennaio aveva scoperto un giro di presunti certificati verdi falsi a Pergine.
Il centro tamponi, allestito a margine degli impianti sportivi, era gestito da un infermiere che aveva ottenuto dall’azienda sanitaria provinciale il codice univoco della banca dati collegata al ministero della salute per il rilascio dei green pass. Spulciando computer, telefonini e registro dei pagamenti gli inquirenti hanno passato al setaccio oltre 60mila certificati di avvenuto tampone e 33mila green pass.