L'intervista

sabato 29 Giugno, 2024

Grosselli (Cgil) «Fugatti ha tradito le promesse. Ora serve una nuova strategia»

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Il segretario trentino del sindacato contesta il mancato recupero dell'inflazione nell'accordo del contratto sul pubblico impiego: «Serve una linea più dura. Pronto a dimettermi»

L’accordo sul contratto del pubblico impiego è stato la punta dell’iceberg. La Cgil pretendeva il recupero dell’inflazione, non tutto l’8% rimanente, ma almeno il 4%. La giunta provinciale, invece, lunedì scorso, ha concesso un aumento dell’1%. Troppo poco. La Cgil si è tirata fuori, mentre Cisl e Uil hanno firmato. «Non è stato un incidente di percorso». Secondo il segretario generale Andrea Grosselli, il governatore Maurizio Fugatti «non ha mantenuto la parola data». A fronte di questo, ma anche delle «scelte di politica economica», Grosselli chiede alla sua organizzazione e agli «amici» di Cisl e Uil un cambio di linea, una linea più dura nei confronti della Provincia. «Per agevolare questa discussione sono pronto a rimettere il mio mandato nelle mani dell’assemblea generale qualora la nostra organizzazione valutasse opportuna e necessaria una discontinuità nella guida della Cgil del Trentino per meglio affrontare le nuove sfide che abbiamo davanti a noi», ha scritto lo stesso Grosselli in una lettera rivolta a tutte le «compagne» e a tutti i «compagni».
Perché ha deciso di scrivere questa lettera?
«Avevo il timore che quello che è successo lunedì scorso con la giunta provinciale venisse derubricato come un incidente di percorso. Invece è successo qualcosa di molto grave. Il presidente Fugatti, massimo esponente dell’Autonomia trentina, è venuto meno alla parola data. La scorsa estate la Cgil aveva firmato il protocollo d’intesa sul rinnovo del contratto pubblico dopo che Fugatti, il 27 luglio 2023, in Aula, aveva recitato un testo concordato con gli uffici che prometteva un’ulteriore compensazione, su cui ci eravamo spesi molto».
Fugatti si era impegnato a confrontarsi con i sindacati per «possibili compensazioni a carico degli anni 2023 e 2024». Non era stato così netto…
«Il messaggio era chiarissimo in quel momento, altrimenti la Cgil non avrebbe firmato. E a lui, a pochi mesi dalle elezioni, conveniva che la Cgil firmasse. Non mi vergogno di essere stato ingenuo. Il Trentino, però, ha un grosso problema se un presidente della Provincia viene meno alla parola data. E se, oltretutto, riconosce che c’è un problema di salari, ma poi in qualità del più grande datore di lavoro del Trentino riduce il potere d’acquisto dei lavoratori. Fugatti ha un grave problema di coerenza. La sua credibilità è pari a zero. Questa posizione va ribadita con forza. Io chiedo alla Cgil di ridiscutere le scelte: di fronte a una situazione di questo tipo cosa facciamo? Apriamo una discussione con il direttivo e poi vediamo se serve una discontinuità. La decisione di mettere in gioco il mio mandato è finalizzata a lanciare un segnale alla mia organizzazione e agli amici di Cisl e Uil: la situazione è cambiata, non è più la stessa di prima. Di conseguenza anche il nostro livello di attivismo e alleanze deve cambiare. L’ho detto a me stesso e lo dico a tutta l’organizzazione, poi decidiamo come. La partita decisiva sarà la costruzione del bilancio 2025. In vista di questo appuntamento è importante sapere quali sono le nostre priorità e quali azioni mettere in campo affinché vengano ascoltate».
In pratica sta chiedendo il sostegno a una linea più dura nei confronti della giunta?
«Assolutamente sì, perché non c’è solo la questione salariale a preoccuparmi. Mi preoccupano anche le scelte di politica economica: sgravi Irap a pioggia; bandi qualità che di qualità non hanno nulla, ma sono solo altri contributi a pioggia; mancanza di consapevolezza del ruolo dell’industria e delle grandi trasformazioni digitale, ecologica ed energetica. I dati della produttività del lavoro, al contrario di quanto sostiene la giunta, non dicono che servono investimenti in opere pubbliche. La logica “più opere pubbliche, più Pil” è sbagliata. Lo abbiamo già visto in passato: l’Ocse ci dice che dai primi anni Duemila, durante la stagione delle grandi opere, il Pil è rimasto stagnante. Serve, invece, investire in ricerca e sviluppo. Su questo serve una svolta. Dobbiamo fermarci, analizzare le politiche industriali dal 1999 (cioè dall’approvazione della legge 6 sull’economia) al 2023 (cioè fino alla riforma della legge 6) e poi analizzare quello che sta succedendo a livello globale per capire gli ambiti in cui è possibile creare ricchezza».
Perché cerca questo sostegno dalla sua organizzazione? Lei è già il segretario generale.
«Più che un sostegno interno, ho voluto lanciare un allarme: serve una discontinuità e quindi anche il segretario si mette in gioco. Noi abbiamo 40mila iscritti e più di 2mila delegati: siamo un’intelligenza collettiva, non può decidere solo il segretario su come ricalibrare le priorità. Serve un momento collettivo di discussione, anche per decidere cosa fare con Uil e Cisl. Se siamo uniti abbiamo una forza, ma se Cisl e Uil decidono di mantenere la stessa linea, noi dovremo fare sforzi suppletivi. Io ho voluto lanciare un segnale anche a Cisl e Uil. Ora i rapporti sono molto freddi».
In Cgil c’è chi reputa il suo atteggiamento eccessivamente critico nei confronti della giunta. Forse non c’è compattezza?
«Non credo, anzi sono certo che ci sarà compattezza. Non è neanche vero che la segreteria della Cgil è stata critica per partito preso nei confronti di Fugatti e lo dimostra il fatto che fino a lunedì abbiamo firmato tutti i protocolli. La nostra critica è sempre stata solo nel merito. E anche in questo caso non abbiamo firmato per una questione di merito. Non chiedevamo il recupero di tutta l’inflazione, ma qualcosa di più significativo. Se la Cgil avesse voluto lucrare politicamente non avrebbe firmato il protocollo prima delle elezioni, e invece, coerentemente, a fronte di un’apertura da parte di Fugatti, abbiamo firmato il protocollo».
Qual è stata l’origine dello strappo con Cisl e Uil?
«Non c’è stata la consapevolezza che la situazione, in generale, è molto pericolosa per il Trentino. Sulla questione salariale non si scherza. Adesso passa il messaggio che anche le imprese possono tagliare il potere d’acquisto. I dati dell’Ocse ce lo dicono: la moderazione salariale non paga. Bisogna aumentare gli investimenti, anche sul capitale umano, per aumentare la produttività».
Quali sono i prossimi passaggi interni?
«Ci sarà la convocazione di un’assemblea generale, forse già a luglio. A conclusione di questa discussione, entro settembre, l’assemblea deciderà di adottare le azioni da mettere in campo e deciderà sulla necessità o meno di una discontinuità».