italia
domenica 13 Agosto, 2023
di Redazione
«Lo Stato non abbandona nessuno». Così il ministro della Giustizia Carlo Nordio, durante la visita di ieri nel carcere alle Vallette a Torino per portare «vicinanza» dopo la morte di due detenute in sole 48 ore.
«Se faremo una ispezione? Da parte nostra ci siamo limitati a portare la nostra solidarietà alla città al Comune, alle vittime, alle famiglie delle vittime e alla polizia penitenziaria che lavora in grandi difficoltà», dice il Guardasigilli parlando con i cronisti dopo la visita, «da ex pm so perfettamente che quando ci sono suicidi si apre un fascicolo e la magistratura è sovrana», aggiunge.
La morte delle due donne, una suicida venerdì e l’altra morta giovedì dopo tre settimane di sciopero della fame e della sete, porta ancora una volta sotto i riflettori le condizioni di vita nelle carceri italiane e in particolare la situazione dell’istituto torinese, non nuovo tragici episodi in cella.
Durante la visita del ministro, fischi e proteste si avvertono dall’interno delle mura, dove i detenuti in cella si fanno sentire battendo oggetti contro le sbarre. Sul tema suicidi è netto il commento del presidente di Antigone, Patrizio Gonnella, che al ministro chiede di «non cercare capri espiatori» ed evidenzia quanti sono i detenuti che decidono di morire «per solitudine e abbandono». «La rivoluzione che serve – chiosa Gonnella – passa per rapporti con le persone fuori dal carcere e passa per un aumento delle relazioni anche dentro gli istituti, con più vita fuori dalle celle, più tutela della salute, più ascolto, più interpreti e mediatori culturali. Non è una rivoluzione complessa, ma serve volontà per realizzarla. Invece, di fronte a queste tragedie c’è cinismo, indifferenza e stanchezza».
Sono 42 i suicidi accertati dall’inizio dell’anno e nel tragico conto non vengono considerati i detenuti che si lasciano morire, durante uno sciopero della fame, o quelli che si tolgono la vita respirando il gas delle bombole che tengono in cella.
«Il suicidio in carcere è un fardello di dolore che affligge tutti i paesi al mondo ed è molto spesso imprevedibile – dice il Guardasigilli Nordio -. Si pensa possa essere prerogativa di persone condannate all’ergastolo o magari malate, ma può accadere invece che persone in procinto di essere liberate scelgano questa via estrema per ragioni che sono imperscrutabili». «Abbiamo ascoltato stamattina attentamente tutte le proposte che sono venute dai vari partecipanti a questo tavolo e ne abbiamo preso nota. Compatibilmente con le risorse cercheremo» di fare, ha detot Nordio dopo la visita al carcere, «quella che noi chiamiamo una ‘detenzione differenziata’. Tra i detenuti pericolosi, come quelli al 41 bis, e quelli di pochissima pericolosità sociale ci può essere una situazione intermedia che a mio avviso può essere risolta con l’utilizzo di molte caserme che sono state dismesse, che hanno gli ampi spazi per i due correttivi della pena, il lavoro all’aperto e l’attività sportiva».
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