l'inchiesta
mercoledì 15 Gennaio, 2025
Homeschooling, in Trentino sono 336 gli iscritti alla scuola in casa. Malfer (Campobase): «Bloccare la fuga»
di Tommaso di Giannantonio
Fenomeno in espansione: in dieci anni aumentati più di 8 volte. L’assessora Gerosa rassicura: «Monitoraggio attento»
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Quando la scuola si fa a casa anziché in classe. Negli ultimi dieci anni sono aumentati più di 8 volte gli iscritti all’istruzione parentale (o «homeschooling»): da 40 studenti nel 2014 a 336 nell’anno scolastico in corso. «Da parte delle scuole c’è un monitoraggio attento», assicura l’assessora provinciale all’istruzione Francesca Gerosa. Il consigliere Michele Malfer (Campobase) lancia invece l’allarme: «Il fenomeno sta assumendo una rilevanza crescente, specialmente in quei territori periferici dove la popolazione scolastica risulta numericamente ridotta e spesso distribuita in plessi più fragili».
Rientra l’effetto Covid
La scuola parentale è una possibilità riconosciuta per legge. I genitori devono dimostrare di avere un grado di istruzione o una capacità economica tale da garantire l’educazione dei figli. L’insegnamento può essere esercitato direttamente dai genitori oppure indirettamente da tutor o organizzazioni private. Per quanto riguarda il secondo ciclo di istruzione, gli studenti «parentali» devono poi sostenere l’esame di terza media e la maturità in una scuola pubblica o paritaria con le stesse regole previste per i privatisti.
Durante la pandemia il fenomeno era esploso. Tante famiglie, a fronte della didattica a distanza e del rischio contagio in classe, avevano deciso di iscrivere i propri figli all’istruzione parentale. Per dire, in Trentino, nell’anno scolastico 2022-2023 gli iscritti avevano raggiunto quota 400. Ora l’effetto Covid si è sgonfiato, ma i numeri restano elevati.
I dati per ogni ordine e grado
Stando ai dati forniti dal Dipartimento istruzione della Provincia, attualmente gli iscritti sono 226 alla primaria (elementari), 66 alla secondaria di primo grado (medie) e 8 alla secondaria di secondo grado (superiori). In totale, dunque, sono 336 gli alunni trentini che studiano a casa.
«Quella dell’educazione parentale è un’opportunità di libertà di scelta delle famiglie, che viene supportata da verifiche annuali per garantire gli apprendimenti e il proseguo del percorso scolastico», commenta Gerosa. L’assessora sostiene chiaramente la necessità di frequentare una scuola pubblica o paritaria, ma «pur essendo personalmente convinta dell’importanza del confronto e dello scambio tra pari che avviene all’interno delle scuole, dove bambini e ragazzi imparano ad affrontare anche difficoltà e sfide diverse da quelle che incontrano in altri ambiti, l’istruzione parentale è un’opportunità offerta dal sistema che anche nella nostra provincia esiste. Le scuole — conclude — supportano con un monitoraggio attento i progetti e l’apprendimento ed è chiaramente uno sforzo congiunto scuola-famiglia».
Malfer: «Le valli più esposte»
La scuola parentale è maggiormente diffusa nei territori periferici. Malfer, che prima di essere eletto in consiglio provinciale è stato vicario scolastico dell’Istituto di istruzione La Rosa Bianca di Cavalese e Predazzo dal 2015 al 2023, ha depositato un’interrogazione che mette in luce proprio questo trend. «Il generale calo demografico impone alla scuola trentina una riflessione approfondita, non solo sul numero minimo di studenti per classe, ma più in generale su un ripensamento strategico della governance scolastica. In particolare — spiega il consigliere — i piccoli plessi in aree montane o decentrate sembrano essere i primi a risentire di questo fenomeno, in quanto l’eventuale organizzazione di pluriclassi può risultare poco attraente o ritenuta poco efficace dalle famiglie». E in certe zone il numero di iscritti alla parentale è «superiore a quello di realtà urbane ben più grandi».
Non solo. Malfer punta i riflettori anche sui cosiddetti «diplomifici» e chiede alla giunta i dati degli esiti formativi di quegli studenti che, dopo anni di istruzione parentale, «rientrano nei percorsi tradizionali o proseguono in scuole private o diplomifici». In generale il consigliere sollecita un’analisi sui bisogni delle famiglie per fermare questa «fuga». «Non appena avrò messo insieme tutti gli elementi risponderò all’interrogazione, come da prassi», fa sapere Gerosa.
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