L'editoriale

mercoledì 28 Agosto, 2024

I bambini e le piattaforme digitali: come vengono indotti bisogni e desideri. Addio Peter Pan

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La "tween economy" ha messo nel mirino i più giovani. Obiettivo? Influenzare i loro consumo e quelli dei genitori. Ecco come

Il bene più prezioso per l’era digitale in cui siamo immersi è l’attenzione. Non solo perché ne abbiamo sempre meno, ma anche perché l’attenzione può essere comprata e venduta, cioè è una fonte cruciale di scambio e di guadagno. Più si riesce a tenere alta l’attenzione, fermando per esempio – il più a lungo possibile – lo scrolling da un’immagine (o un video) all’altra, più si guadagna.

Le piattaforme digitali sono alla costante ricerca di attenzione, e per conquistarla si sono ormai specializzate in azioni dai nomi esotici come “targhettizzazione”, “profilazione” che non servono ad altro che ad affinare le tecniche che già ci tengono agganciati a piattaforme e dispositivi, in base alle nostre preferenze, al nostro retroterra culturale, alle nostre abitudini, al nostro genere sessuale e via dicendo. Così siamo pronti e ammaestrati per farci guidare nelle scelte quotidiane, nelle opinioni – anche politiche -, nella visione del mondo, ma – soprattutto – nei consumi.

Ma, se fino a qualche decennio fa i consumatori ideali erano per lo più adulti che stavano “nel mezzo del cammin” della propria vita, avevano energie e potere d’acquisto appropriati per il mercato, lontani dagli estremi biografici rappresentati dall’infanzia e dalla vecchiaia, oggi invece le frontiere temporali sono cambiate. Non sono più solo gli adulti a dover essere catturati. Il mercato è divenuto consapevole che l’attenzione di chi non sta nel mezzo, bensì agli antipodi della vita, rappresenta una fonte preziosissima di guadagno, perché non ancora satura e anzi ancora da conquistare.

Si tratta di anziani e bambini. È così che fiorisce, da una parte, la “silver economy”: una serie di servizi e di prodotti, incluse app e prodotti digitali, dedicati a chi ha i capelli color argento, o che ha già compiuto 6 decadi di vita. Dall’altra, si sviluppa la tween economy, cioè una serie di prodotti e di servizi digitali dedicati a chi ancora non è nemmeno adolescente: i cosiddetti tween.  Si tratta di bambini che hanno tra gli 8 e i 12 anni. Questa fase della vita non è ancora propriamente adolescenza ma nemmeno più infanzia, cioè vive un tempo che per il mercato sta diventando una miniera d’oro.

Si tratta infatti di un’età in cui i ragazzini già godono di un certo peso decisionale all’interno della propria famiglia rispetto ai propri desideri e di conseguenza ai propri consumi. A 10 anni, per esempio, i bambini possono decidere o influenzare le destinazioni delle vacanze dei propri genitori, cosa mangiare a cena, quali spettacoli vedere in televisione, come vestirsi e quali prodotti per l’igiene personale usare. D’altronde, si tratta di bambini che sono già nati in un mondo di tecnologia e che hanno iniziato a ricevere i loro primi telefoni già durante la scuola elementare, ottenendo presto l’accesso a un numero illimitato di app e informazioni sui social media.

E qui emerge la questione cruciale: la diffusione su larga scala di informazioni ( o disinformazioni, a seconda di come le si voglia chiamare). Anche il marketing o la pubblicità sono infatti “forme di informazione”, anche se hanno chiaramente una finalità precisa, che è quella di vendere.

Eppure, se un tempo l’informazione era ristretta a limitati gruppi di persone, lo era anche la pubblicità, limitata in televisione ad alcune fasce orarie, a precise durate, in precisi giorni della settimana, oppure in pagine dedicate sui rotocalchi di carta. Oggi, ricevendo un telefono molto presto, il marketing e la pubblicità hanno potuto inserirsi negli spazi dell’infanzia senza grandi limiti di spazio e di tempo; al massimo, il limite è proprio l’attenzione.

Quello che in Nordamerica si definisce quindi come “fenomeno tween” ci racconta di una “full immersion” precocissima di bambini in un universo di informazione e disinformazione, di desideri creati ad hoc e di consumi indotti, prima ancora di saper esprimersi correttamente. La pubblicità viene dedicata ai giovanissimi perché accompagnata da un cambiamento sociale epocale: i bambini delle società opulente sono inseriti in famiglie sempre più piccole per cui viene loro conferito, praticamente sin da subito, un rilevante grado di potere decisionale.

I loro prodotti preferiti sono la moda, i giocattoli, la tecnologia e l’intrattenimento come film, musica ma soprattutto i contenuti digitali. Così i tweens fanno la fortuna dei content creator come il gamer Lollo Lacustre oppure Blur. Se Peter Pan si aggrappava alla propria infanzia perché non voleva crescere, i bambini di oggi vengono cresciuti in fretta per poter comprare. Un po’ come si fa con gli animali nell’allevamento intensivo.

Nell’era digitale passare dal mondo delle favole al mondo del centro commerciale, in fondo, è veramente un attimo.