Il focus
giovedì 27 Luglio, 2023
di Marika Damaggio
Dalla Calabria al Trentino. L’indagine «Perfido» (dal nome porfido) nasce dall’operazione dei Carabinieri del Ros che ha portato nell’ottobre 2020 a 19 arresti su disposizione della Procura di Trento che ha operato in sinergia con la Direzione distrettuale antimafia di Reggio. Un’indagine complessa che ha approfondito l’espansione a Trento della cosca Serraino, ma anche di rappresentanti delle famiglie mafiose Iamonte di Melito Porto Salvo e Paviglianiti di San Lorenzo. Di seguito le principali risposte per ricomporre il quadro dell’articolata vicenda.
Quando sono partite le indagini?
«Le indagini dei militari hanno accertato l’esistenza di una costola della ‘ndrangheta a Lona Lases, in val di Cembra, proiezione di quella di Cardeto (Reggio Calabria), in particolare delle cosche reggine Serraino, Iamonte e Paviglianiti. Le indagini sono partite nel 2017 e hanno consentito di definire ruoli e funzioni della cosca trentina, al cui vertice ci sarebbe Innocenzo Macheda, aiutato secondo l’accusa da diversi imprenditori nel settore del porfido, e di quella di Cardeto, che sarebbe state guidata prima da Saverio Arfuso e poi da Antonino Fallanca, legato alla cosca Serraino. Sono stati documentati i rapporti tra le due sezioni e i loro capi, per problemi relativi all’organizzazione di attività illecite. Inoltre, è stato scoperto che l’associazione Magna Grecia, formalmente centro di aggregazione culturale, è stata utilizzata come luogo di riunione dei sodali e strumento per la raccolta di fondi da destinare al sostentamento dei compartecipi arrestati».
Quali erano i campi di imputazione?
«Associazione a delinquere di stampo mafioso, estorsione, violenza e voto di scambio. Sono solo alcuni dei reati di cui sono imputate le 19 persone coinvolte nell’operazione «Perfido». Per 13 di loro, nel 2020, è scattata la custodia cautelare in carcere. Secondo la Procura di Trento e carabinieri dei Ros costituivano una «locale» della ‘ndrangheta, basata a Lona Lases e infiltrata nelle attività di estrazione del porfido».
Come si sono chiusi i primi procedimenti?
«Risale a un anno fa la prima condanna per mafia in Trentino. Quella che molti hanno definito «una sentenza storica». A pronunciarla il giudice Enrico Borrelli: 10 anni e 10 mesi – così come avevano sollecitato i pm Maria Colpani, Davide Ognibene e Licia Scagliarini – con in più l’interdizione dai pubblici uffici e la libertà vigilata per un anno, a pena espiata. Questo quanto inflitto, al termine del processo con rito abbreviato, a Saverio Arfuso, ritenuto il capo della locale di Cardeto trasferitosi poi in Trentino, considerato il «punto di riferimento dell’organizzazione criminale». A dicembre scorso era poi stata la volta delle condanne – rispettivamente a dieci e otto anni – per l’imprenditore Domenico Morello e per l’operaio Pietro Denise che dovevano rispondere anche di riduzione in schiavitù nei confronti di alcuni operai cinesi. Patteggiamento invece nel frattempo impugnato dalla Procura generale e annullato dalla Cassazione per altri due. Quello cioè a un anno e sei mesi di reclusione (pena sospesa) di Giuseppe Paviglianiti, presidente dell’associazione Magna Grecia, accusato di aver fornito sussidio ai componenti dell’organizzazione criminale, senza però farne parte, e quello a due anni di reclusione di Mustafà Arafat, che doveva rispondere anche del pestaggio di un operaio cinese che lavorava nelle cave».
Chi sono gli imputati in questo filone?
«Alla sbarra ci sono Pietro Battaglia, ex assessore del Comune di Lona Lases, imprenditore del porfido considerato ai vertici della presunta organizzazione legata alla cosca dei Serraino, il fratello Giuseppe, la moglie Giovanna Casagranda, Federico Cipolloni, Giuseppe Mario Nania, ritenuto uno dei bracci armati, Demetrio Costantino, anche lui presunto punto di riferimento, e ancora Antonio Quattrone e Domenico Ambrogio. I restanti tre, fino alla penultima udienza, sembrava volessero invece affrontare il dibattimento. E cioè Innocenzo Macheda, per gli inquirenti il capo dell’organizzazione, Vincenzo Vozzo e Giovanni Alampi».
Qual è il collegamento con il porfido?
«Sotto il profilo delle attività criminali, è emerso come gli esponenti della locale di ‘ndrangheta di Lona Lases abbiano assunto il controllo dei settori dell’estrazione e della lavorazione del porfido, maggiore risorsa economica del luogo, attraverso un processo di progressiva infiltrazione nel tessuto imprenditoriale, che sarebbe stato avviato da Giuseppe Battaglia. In tale ambito imprenditoriale, oltre a sistematiche attività di vessazione e intimidazione sulle maestranze, è emerso come siano state avviate operazioni speculative attraverso la commercializzazione dei semilavorati in nero e la falsificazione dei bilanci di esercizio delle imprese a loro riferibili».
Lutto
di Johnny Gretter
Il figlio Marco: «Dava sempre il massimo. Viveva per lo sport, per gli amici e la sua famiglia» . L'ultimo saluto martedì alle 14.30 alla chiesa di Pergine