La mostra
domenica 26 Febbraio, 2023
di Gabriella Brugnara
«Due falconi sono rimasti a lungo nello spazio: si sono messi a tubare tra di loro, volevano andare nella loro terra. Il loro sogno si è avverato, l’intera famiglia si è riunita e la gioia è iniziata». Oppure, «Le cicogne sono arrivate da lontano nella loro terra natale, nella loro terra natale».
Non accoglie solo con la sua esplosione di natura e colori I girasoli ucraini. Opere di Maria Prymachenko dal Museo nazionale Taras Shevchenko di Kiev, la mostra che da martedì e fino al 4 giugno sarà visitabile al palazzo delle Albere di Trento. Ad accompagnare i dipinti è anche il fascino delle parole che l’artista affida alle didascalie, ciascuna delle quali racchiude una breve storia, una piccola dichiarazione d’amore per la sua Ucraina.
A un anno dall’invasione russa dell’Ucraina, da un’idea di Vittorio Sgarbi, il Mart presenta la prima mostra italiana su Maria Prymachenko (1909-1997). Esponente della pittura naif, erede di una tradizione folcloristica secolare che affonda le proprie radici nell’arte paleolitica, Prymachenko ha ispirato artisti come Picasso, Matisse e Chagall. Con il suo stile riconoscibile, vivace, immediato è stata amata da diverse generazioni che, a partire dalla prima metà del Novecento, hanno contribuito a costruirne il mito. Nel 2009 l’Unesco l’ha eletta come artista dell’anno e la città di Kiev le ha dedicato un viale.
Il profondo legame dell’artista con la sua terra natale traspare già nelle due didascalie del nostro incipit, a corredo di altrettante opere che si fronteggiano nella prima sala dell’esposizione, aventi rispettivamente a soggetto i falconi e le cicogne. Sulla parete di fondo poi, proprio davanti all’ingresso, spiccano tre quadri dedicati ai fiori, quello di centro completamente dominato da una sfolgorante e simbolica pianta di girasole.
Raccontano l’Ucraina come patria, ma anche come feconda terra da coltivare, le cinquantaquattro opere naïf di Prymachenko che compongono il percorso espositivo al secondo piano del palazzo delle Albere. L’Ucraina come natura da vivere, rispettare e da cui cogliere i frutti, in un intreccio inscindibile con l’umano e gli animali che la abitano, quasi parimenti capaci di provare delle emozioni.
Ampi spazi sono lasciati all’immaginazione, a presenze simboliche e mitiche, ad animali fantastici che evocano, tra gli altri, un antico riccio dall’espressione bonaria, ma anche figure meno rassicuranti, come accade per l’antico Karachun, lo spirito maligno da esorcizzare. Nella stessa stanza, incontriamo anche uno spaventapasseri che suona il piffero o l’incredibile toro che «tra i fiori fuma una pipa e pensa come andare al pascolo nell’avena senza essere beccato». Ancora, «un leone che dice al pesce: “È vacanza per me, in primavera pesce, c’è acqua di sorgente per te e per me erba fresca».
Forte legame con la tradizione, saggezza popolare e quel pizzico d’ironia di chi sa che non tutto nella vita può essere tenuto sotto controllo, fanno da filo conduttore all’estetica dell’artista ucraina, che si sofferma anche ad esplorare l’umano attraverso diversi temi, tra cui quello del dono, affidato a «uccelli e papaveri così che non ci siano persone festaiole, ma che arano la terra e amano i loro figli», in un rimando a riti e simbologie ucraine.
In una delle sale più ampie, la mostra mette in luce l’attenzione che Prymachenko rivolge a soggetti quali la casa, la famiglia, il lavoro dei campi, ma non evita di toccare anche quello dell’alcolismo con un «ubriacone che giace per strada» o della sofferenza per la perdita di una persona cara, come accade «al piccolo T. Shevchenko vicino alla tomba della madre». Ci imbattiamo anche in momenti di vita gioiosa, come l’incontro tra un cavaliere e una ragazza che porta l’acqua, sempre all’interno di una natura generosa di frutti e fiori, cieli tersi e sole allo zenit, di un rosso quasi incandescente. Non manca una scena di ballo durante l’aratura e neppure il misterioso cavaliere solitario nell’opera A cavallo, tutta giocata sulle tonalità dell’arancio e datata 1963, una tra le meno recenti in mostra, visto che la maggior parte dei lavori presenti risale agli anni Ottanta e Novanta.
Lungo il percorso espositivo, luoghi magici, forme irreali, simboli universali non smettono di risvegliare un senso di meraviglia, ma anche di vicinanza al vissuto di ciascuno di noi.
Nell’opera dell’artista ucraina pulsa la storia culturale e artistica del suo Paese, un patrimonio insostituibile, che la guerra non smette di mettere in pericolo, basti pensare che lo scorso anno anche venticinque opere di Prymachenko sono state distrutte in uno dei primi giorni dell’invasione militare da parte della Russia, durante uno dei bombardamenti nella zona di Kiev. Erano custodite nel Museo di storia locale di Ivankiv, oggi scomparso.
Come spiega Julya Shilenko, curatrice del Museo nazionale Taras Shevchenko di Kiev, «le opere di Prymachenko testimoniano l’eredità di una grande e varia scuola di arte popolare, la cultura secolare del popolo ucraino. È come un fascio di pensieri e sentimenti tratti dalle fiabe, dalle leggende e dalla vita stessa». Un insieme di elementi che mescolano «realtà, intuizione, fantasia e subconscio. Quando la “casa della strega” si apre, il suo favoloso, immaginifico, a volte persino bizzarro immaginario esce nel mondo».
La mostra sarà presentata oggi alle 17.00 al palazzo della Provincia di Trento, nella sala Depero, alla presenza del direttore e della curatrice del Museo nazionale di Kiev, del presidente del Mart Vittorio Sgarbi e dei rappresentanti delle istituzioni trentine. A seguire, si potrà partecipare all’inaugurazione del progetto espositivo al palazzo delle Albere.
Festività
di Margherita Montanari
L'altoatesino del ristorante Flurin di Glorenza porta in tavola la sua idea del pranzo del 25 dicembre. «Si possono cucinare ricette buonissime anche senza usare ingredienti costosi. Un grande classico sono le lasagne»