La tragedia
domenica 17 Dicembre, 2023
di Benedetta Centin
La valanga, raccontano i soccorritori, «è partita da sotto i loro piedi», a circa 2.600 metri di quota, mentre affrontavano la ripida salita sotto Cima delle pecore, in val di Fleres, Alto Adige. I due fratelli Alberto e Marco Franzoi, 34 e 36 anni di Trento, sono stati inevitabilmente trascinati dalla colata di neve: il più giovane per una ventina di metri, tanto da finire sepolto sotto circa cento centimetri di coltre, l’altro invece sarebbe stato proiettato all’indietro dalla slavina per un tratto di cento, addirittura centocinquanta metri secondo i soccorritori, ma sarebbe riuscito a «galleggiare» sulla neve, a rimanere in superficie, senza farsi inghiottire se non per brevi tratti, senza finire in quella maledetta centrifuga. Tanto che appena è stato in grado, Marco Franzoi ha ripreso la salita per raggiungere il fratello. Il segnale dell’Artva (apparecchio di ricerca dei travolti in valanga ndr), che sia lui che il 34enne avevano con loro, acceso, e che gli ha permesso di individuare il punto in cui si trovava il fratello. «Mi ha indirizzato il segnale, poi quando mi sono avvicinato ho notato anche una mano che sbucava dalla neve» spiegherà poi il 36enne ai soccorritori, provato.
Rianimato per oltre un’ora
Una corsa contro il tempo, la sua, per raggiungere il fratello in difficoltà in quel tratto battuto dalla valanga, per liberarlo quanto prima da quel blocco che lo teneva in trappola, per distruggere quella sorta di «prigione» ghiacciata, cosciente che ogni minuto in più che passava metteva ancora di più in pericolo la vita di Alberto. Il fratello ha scavato con tutte le energie possibili e ha liberato il 34enne. E senza perdere tempo ha iniziato a praticargli il massaggio cardiaco. Per far tornare a battere il suo cuore. Ci hanno provato senza sosta anche i soccorritori intervenuti poi sul luogo della valanga: un’equipe, di cui faceva parte anche un medico, calata dall’elicottero dell’Aiut Alpin con il verricello nel luogo della valanga, non lontano dal rifugio Cremona alla Stua. Lì dove è volato anche l’elicottero sanitario d’emergenza Pelikan 1. Il tentativo di rianimare il ricercatore e padre di famiglia è durato un’ora sul posto. Quindi è stato intubato, caricato sul velivolo e trasferito d’urgenza all’ospedale di Bolzano. Le sue condizioni erano disperate e i medici non hanno potuto fare molto per lui: nel primo pomeriggio ne hanno dichiarato il decesso. Per la disperazione del fratello Marco, che è stato poi riaccompagnato a valle, della compagna Stefania che lo aspettava a casa con i loro figli, due maschietti di sei e tre anni, dei genitori e di tutti quelli che gli volevano bene. «Il fratello ha fatto tutto il possibile, davvero non avrebbe potuto fare di più» sono le parole degli uomini del soccorso alpino Fleres Gossensaß che hanno lavorato per ore, confidando in un miracolo che purtroppo non c’è stato. Il tempo passato sotto quello strato di neve, intrappolato, probabilmente una ventina di minuti, forse qualcosa di più, non ha dato chance di sopravvivenza al 34enne che lavorava al Polo Scientifico di Povo, al TIfpa, Trento Institute for Fundamental Physics and Applications, nel settore microtecnologie.
Al 112: «Mio fratello sepolto»
L’allarme, da parte del fratello più grande, era scattato attorno alle 11.30 di ieri. La chiamata al numero unico di emergenze 112: «C’è stata una valanga, mio fratello è rimasto sepolto» l’sos al telefono da parte dell’ingegnere, agitato, preoccupato, fornendo precise indicazioni ai soccorritori sul luogo in cui si trovava, non lontano dal rifugio Cremona alla Stua, in val di Fleres, al confine con l’Austria. La macchina dei soccorsi si è subito attivata: i due elicotteri, ma anche il soccorso alpino di Fleres Gossensaß e di Vipiteno, vigili del fuoco e carabinieri. I trentenni avevano affrontato buona parte della salita, erano poco sotto i 3mila metri, quando si è registrato il distacco. Che non è avvenuto davanti a loro. «I due erano proprio sulla valanga, un distacco di circa 200-250 metri per 50» spiegano i soccorritori. E quella colata impetuosa di neve li ha trascinati giù con loro. Alberto solo per una ventina di metri ma sufficienti a farlo finire sotto un metro di neve. Il fratello, per quanto sfiancato dalla slavina, ha fatto un grande sforzo per salvarlo. Così come i soccorritori, ai quali si è mostrato in lacrime. Ma alla fine anche i medici si sono dovuti arrendere.
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