L'editoriale
lunedì 6 Gennaio, 2025
di Claudio Ferlan
Siamo agli sgoccioli delle feste che, in Italia e più in generale nel mondo in qualche modo caratterizzato dal cristianesimo, salutano il passaggio dell’anno. Dopo aver celebrato la natività di Gesù e il primo martire della tradizione cristiana, santo Stefano, sarà il turno dei Magi. Di loro ci parla solamente il Vangelo di Matteo, dove non si dice quanti fossero e non li si definisce re, ma ci si limita a identificarli come alcuni “Magi”, appunto, giunti da Oriente per adorare Gesù (e sì, oro, incenso e mirra sono parte integrante del testo evangelico). Lo storico greco Erodoto (vissuto nel V secolo avanti Cristo) aveva spiegato ai suoi lettori chi fossero i Magi: membri della casta sacerdotale di una delle sei tribù dei Medi, antico popolo iranico stanziato nell’attuale Iran centrale occidentale. Erano esperti astronomi (Matteo racconta che trovarono Gesù seguendo il cammino mostrato da una stella) e sapevano interpretare i sogni (come quello che consigliò loro di stare lontani da Erode e non svelare dove si trovasse il bambino, salvandolo così dalla furia sanguinaria del crudele re). Quindi, la testimonianza di Matteo è quantomeno verosimile; l’evangelista non mette in scena figure inventate, ma attinge alla cultura del proprio tempo per trasmettere un messaggio capace di richiamare – a posteriori – l’universalità del messaggio di Gesù, in grado di attrarre e raggiungere luoghi e culture lontani da quella ebraica. Che fossero tre, avessero nomi quali Melchiorre, Gaspare e Baldassare; che uno di loro fosse di pelle scura e dunque africano, che la stella-guida fosse una cometa… sono tutte tradizioni costruite secoli, addirittura pure un millennio dopo la nascita di Gesù e tramandate dai Vangeli apocrifi. Si tratta di testi dei quali la Chiesa cattolica ha sancito la mancata ispirazione divina e per questo non li ha riconosciuti come parte del proprio Canone. Sono loro, per fare un esempio, ad avere inserito nella storia cristiana il bue e l’asinello, inventando il presepe.
Sempre la tradizione dobbiamo chiamare in causa per capire quali strani percorsi abbiano unito le strade di sacerdoti persiani e di una vecchierella dal naso bitorzoluto in grado di muoversi cavalcando una scopa, la Befana. Al contrario dei Magi, lei non è menzionata in alcuna scrittura, neppure quelle apocrife. La sua esistenza deve tutto alle tradizioni del folklore italiano; infatti, gli unici posti nei quali la si celebra fuori dallo Stivale sono quelli tipici della migrazione italiana: l’America Latina (Argentina e Venezuela in particolare) e alcune zone degli Stati Uniti dove non mancano le Little Italy (New York e il New Jersey). Torniamo alla nascita della Befana, anzi, alle nascite: una in particolare con curiosi equilibrismi cerca davvero di costruire un suo contatto con i Magi. Mentre percorrevano la strada che li avrebbe condotti alla culla del Salvatore, i sacerdoti venuti dall’Oriente incontrarono una vecchierella intenta a sbrigare le proprie faccende quotidiane. Potendo contare sulla sola guida della stella, pensarono probabilmente che un aiuto locale avrebbe agevolato il cammino e chiesero alla vecchierella di accompagnarli nel cammino verso Betlemme. Lei però – scontrosa e malfidente – rifiutò, salvo poi pentirsene. Cercò allora di raggiungere i tre (o quanti erano) e il neonato, ma pur arrivando a Betlemme, non li trovò. Iniziò allora a distribuire, instancabile, doni ai bambini, sperando uno di loro fosse proprio Gesù. Per non sbagliare, non ha ancora smesso. Il simbolismo è piuttosto chiaro per la mentalità cristiana: al pentimento segue la speranza, condita dalle buone azioni.
Meno improbabile è la spiegazione che colloca le radici della Befana nei riti pagani legati al ciclo delle stagioni, donna anziana invernale pronta a lasciare magnanima il passo alla giovane Primavera. E la scopa? Tutto si spiega: la simpatica vecchietta lega la sua benevolenza alla pulizia delle case, la notte del 5 gennaio, quando lei stessa lavora di buona lena per spazzare le disgrazie e preparare l’ingresso di ogni dimora all’accoglienza di fortuna e prosperità, in arrivo con il sole della nuova stagione. Per spazzare, ha pur bisogno di qualcosa, perché non una scopa, che – ottimizziamo tempi e sforzi! – le consenta anche di viaggiare, volando qua e là. Non è poi affatto da escludere che le origini della storia abbiano un debito con la figura romana della Diva Strenua, divinità romana associata alla salute e alla forza. Celebrata nei primi giorni di gennaio, sempre nel contesto dei festeggiamenti legati al ciclo delle stagioni, Strenua era una donna anziana il cui sacrificio in onore della Primavera potrebbe essere legato alla tradizione, diffusa in alcuni angoli d’Italia, di bruciare la vecchia con l’augurio di un buon raccolto futuro.
Insomma, le certezze sono poche, la confusione molta, le spiegazioni plausibili non mancano. Basti pensare che dell’incontro tra Magi e Befana una tradizione cristiana rende partecipe persino Giovanni Battista… meglio fermarsi qui, c’è un anno intero davanti a noi ed è opportuno accoglierlo nel pieno delle forze e con il massimo della lucidità possibile. Auguri a tutte. Auguri a tutti.