Il retroscena

domenica 10 Dicembre, 2023

I tre «sindaci» si ritrovano con un pugno di mosche. Saltano le loro strategie: a rischio gli «strapuntini»

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Sotto sotto anche Daldoss, Girardi e Biada contestano la linea di Urzì. Tutto per Gerosa e a loro non resta nulla da spartire

Carlo Daldoss, Christian Girardi, Daniele Biada. Il primo ex sindaco di Vermiglio, il secondo ex sindaco di Mezzolombardo e il terzo di Campodenno. Sono stati eletti con Fratelli d’Italia, anche se nessuno dei tre vanta chissà che lunga militanza nel partito della Fiamma. Daldoss, per dire, è stato pure assessore tecnico di Ugo Rossi, a un passo per diventare — nel 2018 — il leader del centrosinistra allargato alle liste civiche.

Si sono candidati, lo sanno tutti, non per mettersi al servizio del partito, ma legittimamente per andare a governare il Trentino per il bene dei trentini. Con Fugatti, perché già quando Urzì puntava su Francesca Gerosa alla vicepresidenza loro incontravano Fugatti per assicurargli sostengo e fedeltà. Anche questa è cosa nota. E una volta entrati in Consiglio provinciale hanno subito fatto capire che il tira e molla sulla vicepresidenza della provincia per la prima degli eletti era una forzatura. A patto che nella trattativa per la spartizione delle poltrone non uscisse qualcosa anche per loro: sarebbe stata preferita, dunque, l’ipotesi di due assessori al posto di uno con la medaglietta con su scritto vice; e l’assessorato in giunta regionale; e magari anche la presidenza del Consiglio provinciale.
Sembra che questo schema, su cui avrebbero messo la loro firma, sia stato anche in parte concordato con il governatore. Al contrario, le loro firme — richieste da Fugatti — in calce all’accordo per mettere in giunta solo Gerosa vicepresidente nessuno le ha mai viste.

I tre hanno provato anche a far squadra con Claudio Cia, votando per la presidenza del Consiglio regionale disobbedendo alla linea imposta dal partito che voleva si astenessero. «Un messaggio a Fugatti: noi ci siamo»: l’hanno intesa così tutti gli osservatori. Ma poi sembra sia arrivata la telefonata dalla capitale, da Giovanni Donzelli, coordinatore nazionale del partito: «Di voi non mi posso più fidare». E allora la precisazione: «Siamo in linea, ortodossi al volere del partito».

Una retromarcia che ora, i sindaci, rimpiangono. Con l’addio di Claudio Cia al gruppo consiliare sono rimasti in tre, più Gerosa. Lei è in giunta come vicepresidente, loro consiglieri semplici. E se andrà bene si dovranno litigare un posto nell’Ufficio di presidenza del Consiglio provinciale, che vale poco: 550 euro lordi al mese. «Si scordino la presidenza del Consiglio regionale», dicono in maggioranza. E quella sì che vale molto, perché l’indennità arriva a quasi 14 mila euro al mese. Potrebbe rimanere l’assessorato in Regione, ma qui è Fugatti che mette subito le mani avanti: «Piano, passo passo — diceva a margine dei lavori d’Aula negli scorsi giorni. Prima c’è da eleggere il presidente del Consiglio provinciale». Che non sarà dei loro, ma che per lo scambio tra Gerosa e Spinelli della vicepresidenza andrà alla lista di quest’ultimo, a Claudio Soini, come loro ex sindaco, di Ala.

Si sa che i tre sono arrabbiati. Con Alessandro Urzì, per come ha condotto la trattativa. Per aver perso Cia per strada. Rimanendo in quattro nel gruppo consiliare perdono potere, il loro peso è inferiore a quello della Lega che ne conta cinque. E Urzì, per portare a casa altri strapuntini, non può più dire: «Siamo tanti quanto voi». Sono arrabbiati. E sembra si stiano chiedendo se hanno fatto la scelta giusta ad appoggiare le richieste della capitale. Di sicuro, in queste ore, c’è chi tenta l’ultima chiamata. Uscire come ha fatto Alessia Ambrosi in solidarietà con Claudio Cia, chiedergli di rimanere nel partito e mandare un nuovo messaggio al governatore: «Ci siamo ancora». Che Cia rimanga pure in giunta, che la vicepresidenza torni a Spinelli e che si possa ritornare a parlare degli altri posti.

Peccato che i giochi siamo ormai fatti e che già ad inizio settimana Fugatti firmerà un nuovo decreto. Fuori Cia, dentro la leghista Giulia Zanotelli e per il Patt due assessorati: oltre a Mario Tonina anche Simone Marchiori come tecnico. «Gli autonomisti sì che hanno fatto i conti giusti», sembra abbiano detto, sconsolati, i tre.