La fisarmonica verde
giovedì 3 Agosto, 2023
di Andrea Satta *
Dal campo di concentramento tedesco di Lengenfeld a Roma in bicicletta in venti tappe attraverso Germania, Austria e Italia sulle orme del padre Gavino e nel ricordo dei 650.000 soldati italiani deportati dopo l’8 settembre 1943. È il viaggio di Andrea Satta, cantante del gruppo musicale dei Têtes de Bois, insieme al figlio Lao e ai suoi musicisti, per ricordare l’epopea degli internati militari italiani (Imi). Il T quotidiano segue giorno per giorno il viaggio attraverso un diario scritto da Satta.
Eccolo il Cimitero Germanico del Passo della Futa. Ci arrivo dopo una giornata in bici con Lao
accanto come fosse un angelo custode e per un vero miscredente come me non è male. Una ascensione spirituale. In questo luogo incredibile volevo arrivarci così. Trentamila ragazzi dormono sulla collina. Le loro lapidi, disseminate nell’ immenso prato convesso in cima al Passo dichiarano nascita e morte. Morte, soprattutto e la nascita per farla capire meglio la morte. Hanno l’età di Lao, questi ragazzi, molti anche meno dei suoi vent’anni. Questo è il luogo dove capisci cosa sia la guerra e che abbiamo fatto proprio bene a fare questo viaggio in bicicletta dal Campo di Concentramento di Lengenfeld, ormai più’ di mille chilometri fa, a questo cielo di Appennino. Non ci sono davvero parole e se c’è ne sono, il vento le strappa di bocca a chiunque, tanto tira forte. Strazia tutto il vento qui, asciuga le lacrime, la rabbia, i pensieri e lascia un gran senso di orizzonte vuoto e una parola che torna ossessionante: perché? Sono tutti giovani i nazisti, i morti di oggi. Siamo circondati da uomini disarmati e lo spettacolo si fa nella cripta. È tutto pronto, siamo qui perché la guerra non risparmia neppure i carnefici.
Dopo gli onori di casa elargiti all’entrata dalle
varie autorità, mi sono potato via la gente a spasso fra le lapidi. C’è bisogno di concretezza per rifiutare l’orrore. Io la concretezza l’ho messa nella bicicletta, nell’arrivare qui dopo 1700 metri di dislivello, fatti con il
mio solito passo tranquillo. Ho sofferto un po’ in qualche strappo, anche al 13 per cento, ma alla
fine eccomi. Lao, leggero, mi ha atteso e io gli sorrido. C’è anche Silvano, mio cognato che non si è spettinato neppure in discesa, c’è Luciano in quota CGIL, che chiede per tutti dove si mangia, c’è Emidio che avete imparato ad amare nell’ultimo racconto che vi ho fatto. A pranzo arriviamo a Casedro, nel casale di Grazietta De Maria che ha lavorato sodo per costruire questi appuntenti emiliani, e da mesi organizza una tavolata, fra vecchi trattori, oche, erpici e il bracco Pippo che si spara un po’ di frittelle alle melanzane dal vassoio centrale , e una quindicina di ospiti. C’è anche Stefano per l’Appennino
Slow, ma a noi di slow sappiamo tutto.
Due grandi emozioni hanno dato un senso ancora più forte a tutto: una è Lorenzo Pavolini. È’ venuto fin quassù per ascoltare e con una storia difficile da condividere. Noi parliamo di uomini dimenticati, coraggiosi e giusti, lui racconta di suo nonno che questi uomini ha perseguitato in tutti i modi. Ed è qui elegante, puntuale e presente a dirci del il taglio fragile dell’altra storia, quella dei cattivi e dei vinti, un copione nel quale non c’è spazio perché nessuno sceneggiatore saprebbe come creare empatia con il
protagonista. Ma il
protagonista c’è, è Lorenzo con la sua classe e sua umanissima sincerità.
Si è chiuso con con la console tedesca in Italia, Tatiana Schoenkw-Olivieri, che ha indossato il cappottone russo di papà, e le stava molto bene. Mi ha abbracciato di slancio e mi ha stretto la mano, qui fra i trentamila ragazzi tedeschi nazisti morti per niente. Quando siamo usciti dalla cripta, dopo lo
spettacolo, il vento ci ha portato via le parole, ci ha strappato tutto, ogni lacrima, ogni perché, per portarlo nel mondo. Bene così. A domani. Pace e Male.
* Cantante dei Têtes de Bois