Terra Madre
domenica 13 Aprile, 2025
Il climatologo Mercalli: «Mai un periodo così caldo nella storia del Paese, il tempo di agire è adesso»
di Marco Ranocchiari
Il suo nuovo libro si apre in Trentino, con l’Avez del Prinzep, l’immenso abete di Lavarone crollato nel 2017, che ha registrato fedelmente gli eventi degli ultimi 250 anni

Dai tempi in cui il Salento ospitava i pinguini (per la precisione, l’alca impenne, specie oggi estinta) fino alla tempesta Vaia, dagli anni in cui il Po’ ghiacciato si poteva attraversare coi carri alla Nevicata del ‘56 cantata da Mia Martini. Arrivando, attraverso la grande siccità del 2022 e il collasso dei ghiacciai sotto le temperature più alte degli ultimi millenni, ad affacciarsi con preoccupazione sul «territorio inesplorato» che gli umani stanno costruendo a suon di emissioni.
Con Breve storia del clima in Italia. Dall’ultima glaciazione al riscaldamento globale (Einaudi, 246 pagine,18 euro), il climatologo Luca Mercalli fornisce il primo quadro organico, ancorché sintetico, degli eventi climatici che hanno segnato quello che oggi chiamiamo il Belpaese negli 24 millenni.
Un robusto lavoro scientifico che riassume decenni di dati meteorologici e studi su pollini, morene, sedimenti, anelli degli alberi, ma anche una cavalcata tra fatti storici, cronache e riferimenti letterari. Mondi diversissimi che l’autore fa dialogare in una sintesi densa che non nasconde una componente autobiografica, frutto di oltre 40 anni di ricerca che lo hanno reso un testimone, oltre che uno studioso, dei cambiamenti climatici attuali, molti più rapidi di quelli storici.
Un approccio a tutto tondo che fissa chiaramente quanto l’ambiente ha influenzato le attività umane, tanto favorendole in periodi relativamente miti, come quello romano, che ostacolandole con alluvioni, inverni gelidi e siccità, spesso concause di crisi economiche ed epidemie. Segnando anche, con piccoli e grandi eventi, la memoria collettiva e i destini individuali.
Il libro si apre in Trentino, con l’Avez del Prinzep, l’immenso abete di Lavarone crollato nel 2017, che ha registrato fedelmente gli eventi degli ultimi 250 anni. I suoi anelli, scrive Mercalli «erano fatti del clima, anno dopo anno, giorno dopo giorno». Anche noi – prosegue – «Siamo fatti di clima», ma siamo «registratori climatici tutt’altro che efficienti» che tendono a dimenticare e confondere.
Mercalli, come è nato questo libro?
«Ho iniziato a studiare la storia del clima già a partire dalla metà degli anni ‘80, e da allora avevo iniziato a mettere da parte un patrimonio che allora era esclusivamente cartaceo. Ho sempre voluto farne un progetto a lungo termine, e ora che di anni ne ho quasi 60, il momento è arrivato, anche grazie a internet che ha reso il lavoro molto più agevole. E poi nel panorama editoriale mancava un lavoro organico di questo tipo».
Nel libro c’è una forte componente autobiografica, dai suoi racconti della biblioteca del Comitato glaciologico all’agonia del ghiacciaio Ciardoney sul Gran Paradiso.
«Il libro vuole anche avere finalità divulgative, e credo che parlare anche in prima persona sia il modo più normale di approcciarsi al lettore: fa vedere che il ricercatore è una persona come le altre, che fa un mestiere e lo fa con tutte le passioni, ma anche certe volte gli scoraggiamenti, le difficoltà di qualsiasi altro mestiere».
Il libro si apre sull’Italia di 24 mila anni fa. Che aspetto aveva il nostro paese?
«Completamente diverso da quello di oggi. Le Alpi erano completamente disabitate e coperte di ghiaccio. Il livello del mare era più basso di 125 metri, si poteva andare a piedi da Ancona alla Croazia, l’Adriatico cominciava in Abruzzo. C’era anche il ponte sullo stretto: Sicilia e Calabria erano collegate».
Poi la glaciazione è finita. Lei scrive che assistervi «deve essere stato qualcosa di stupefacente».
«La fine della glaciazione fu un evento gigantesco, a cui noi come esseri umani abbiamo assistito. Ma la terra ci ha messo 10 mila anni a riscaldarsi, non pochi anni».
Dove mancano le testimonianze scritte, la ricostruzione del clima si basa sullo studio di sedimenti, le morene, i pollini, gli anelli degli alberi.
«Ho voluto iniziare il libro con l’immagine dell’Avez del Prinzep, in Trentino, per ricordare che mentre un albero ha una memoria climatica affidabile, noi, invece, dimentichiamo facilmente, La climatologia serve perché si basa su quantità fisiche verificabili».
Dall’epoca romana in poi arrivano i documenti scritti. Lei scrive che l’Italia, essendo stata una delle culle della meteorologia, è uno dei paesi più ricchi di informazioni.
«All’inizio le informazioni sono più sporadiche, ma poi, dopo il ‘700 con i primi giornali e dall’800 con i primi osservatori meteorologici non ci è sfuggito praticamente più nulla. In Italia ci sono più dati rispetto ad altri paesi, ma a differenza di Francia e Svizzera, sono ancora disorganizzati, in archivi separati. Il mio lavoro è solo la punta dell’iceberg, c’è moltissimo da fare».
Dal libro emerge che il clima è cambiato molte volte anche in tempi recenti, ma colpiscono soprattutto gli episodi di freddo che oggi assoceremmo a ben altre latitudini. Soprattutto durante la Piccola età glaciale tra ‘500 e ‘800, ma non solo: la neve cadeva abbondante in pianura, il Po gelava parecchie volte al secolo. Sono quasi assenti invece le cronache di ondate di caldo.
«I casi di caldo estremo sono rarissimi, l’estate 1540 e poco altro. La normalità era molto più spostata sul freddo. I periodi miti sono stati un’eccezione: 6-7000 anni fa, molto noto, 2 secoli circa in età romana e ancora 2 secoli intorno all’anno Mille. Questi periodi, comunque, furono caldi più o meno come alla fine degli anni ‘90, non come oggi. I primi 25 anni del XXI secolo sono qualcosa di nuovo rispetto a tutto il clima che ci ha preceduto».
Eppure – i negazionisti dei cambiamenti climatici non mancano di ripeterlo – in alcuni periodi i ghiacciai non erano più grandi di quelli di oggi.
«Grazie a ritrovamenti come Oetzi sappiamo che in 5000 anni i ghiacciai non sono stati mai ristretti come oggi. Per trovarli piccoli come oggi dobbiamo arrivare a 6 mila anni fa, con un ritiro avvenuto in 3mila anni, non in pochi decenni. Soprattutto allora il ritiro si fermò, mentre oggi è destinato a proseguire».
Il libro si conclude con un accorato appello all’azione. Eppure, si stenta ancora a prendere coscienza della crisi climatica in atto.
«Il clima del futuro, non avendo eguali in quello del passato, porta la nostra società a confrontarsi con qualcosa di mai visto prima, un clima, un territorio inesplorato e quindi pericoloso».
sociale
Abbattimento dei canoni di locazione sociale e regole più snelle per le assegnazioni degli alloggi Itea: le nuove misure della Provincia
di Redazione
Le proposte portate oggi all’attenzione del Comitato per superare le lungaggini burocratiche che oggi rallentano le concessioni degli immobili