Crisi climatica
giovedì 21 Settembre, 2023
di Marco Ranocchiari
Cadute massi, colate detritiche, instabilità dei versanti, colpiscono sempre più spesso le aree montuose di tutto il mondo, con rischi crescenti per le infrastrutture e la vita umana. Per contrastarlo attraverso strutture di difesa all’avanguardia da esportare a livello globale è stato presentato ieri al Muse di Trento «Perseidi», ambizioso progetto di ricerca presentato ieri al Muse di Trento – che vedrà anche la realizzazione del campo di prova sperimentale più grande del mondo nella zona di Baselga di Piné.
Il progetto, di durata quadriennale, è capitanato da Incofil Tech, azienda di Pergine specializzata in funi d’acciaio, consolidamento del terreno e protezione contro masse rocciose instabili, con la collaborazione della Provincia di Trento e di quattro università – quella di Trento, della Basilicata, l’Università e il Politecnico di Torino.
In 40 anni 51 miliardi di danni
Il problema a cui il progetto si propone di porre rimedio, spiegano i relatori è ingente: negli ultimi 40 anni il dissesto idrogeologico ha causato un danno superiore ai 51 miliardi di euro, e affrontarlo in modo sistematico richiederebbe un investimento minimo di quasi 27 miliardi di euro in opere di prevenzione e mitigazione. Per questo, spiega Roberta Borghi, amministratore unico di Incofil Tech, «l’innovazione nel campo delle soluzioni atte a mitigarlo emerge come una componente cruciale e strategica». Il progetto, continua, persegue questa linea coinvolgendo ricercatori di altissimo livello e aziende leader nel settore, rappresentando «un esempio concreto e di successo della sinergia tra enti pubblici, mondo accademico e settore privato». Presente anche il Presidente della Provincia Maurizio Fugatti, per il quale il progetto rappresenta «un’iniziativa concreta e di sistema che rafforza la capacità del Trentino, terra negli ultimi anni colpita più volte da eventi estremi di dissesto».
Materiali innovativi
«Perseidi» si articola su diverse aree tematiche, ognuna realizzata in collaborazione con un diverso ente di ricerca. Con l’Università della Basilicata, spiega Matteo Nadalini, direttore Tecnico di Incofil Tech e Responsabile del progetto, si lavora per migliorare le strutture di protezione impiegando materiali innovativi come le leghe metalliche SMA, «a memoria di forma». Attualmente, continua, le barriere vanno ricostruite dopo ogni frana, ma con i nuovi materiali dopo la caduta potrebbero tornare quasi alla posizione iniziale, diventando quindi riutilizzabili. Lo stesso vantaggio avrebbero anche i nuovi attenuatori, barriere «morbide» che rallentano i massi in caduta, dissipando l’energia senza bloccarli e senza danneggiarsi. Con l’università di Trento si lavora invece a un tipo di strutture completamente diverso, le gallerie paramassi.
Standard condivisi
Il team si propone anche di ovviare al vuoto tecnico e normativo in cui si trovano ancora molti tipi di barriera, come i rilevati paramassi, sia a livello globale che in Europa. Studiando al meglio le strutture esistenti, il gruppo si propone di realizzare degli standard di test e una specifica normativa europea. Tutto il progetto sarà anche supervisionato da un Advisory Board internazionale, al fine di identificare e raccogliere le necessità emerse nei diversi paesi e sviluppare un approccio condiviso a livello globale.
Il campo di prove a Baselga
Tra i fiori all’occhiello del progetto vi sarà un’enorme struttura di collaudo situata in una conca naturale di 27000 metri quadrati situato nella zona di Faida, presso Baselga di Piné. Il campo, spiega Francesco Ferraiolo di Officine Maccaferri, azienda bolognese leader nel settore delle costruzioni civili, geotecniche e ambientali, partner del progetto – sarà in grado di effettuare i «crash test» sulla caduta massi più ambiziosi del mondo. Una teleferica, infatti, sarà in grado di trasportare massi pesanti fino a 26 tonnellate che, lungo il percorso, si scontreranno con le barriere testate a una velocità fino a 120 km orari. Sempre nell’area si produrranno anche delle colate detritiche artificiali. L’area test dovrebbe essere pronta entro la primavera del 2024.
«Una sana follia»
Complessivamente, con una più precisa progettazione, l’ottimizzazione dei materiali e alla una minore necessità di manutenzione, il gruppo punta a rendere le soluzioni sostenibili sia sul piano economico che su quello ambientale a livello globale. Un progetto ambizioso (per Ferraiolo, una «sana follia in cui crediamo») che dovrebbe dare al settore una svolta decisiva, e che avrà in Trentino il suo epicentro.