Il lutto

martedì 28 Marzo, 2023

Il dolore di Spiazzi per la morte di Deimichei: «Daniele, ci hai insegnato a guardare avanti con fiducia»

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Commosso e partecipato il funerale dell'uomo che ha perso la vita in un incidente in una cartiera la settimana scorsa

Al termine del funerale di Daniele Deimichei, l’operaio deceduto in un incidente sul lavoro a Villafranca, la bara viene accompagnata fuori dalla piccola chiesa di Spiazzi sulle tenui note della canzone alpina “Signore delle cime”. “Dio del cielo… su, nel paradiso, lascialo andare per le tue montagne”, ripete lentamente il ritornello. Un tributo ai suoi monti d’origine, essendo lui nato a Rovereto e cresciuto ad Ala, e al monte “di casa”, che ormai da tanti anni era diventato l’amato Baldo, alle cui pendici aveva formato la sua famiglia. E il Baldo si staglia, nitido e vicino, sullo sfondo del cielo terso, mentre nel tempio si stipano amici, colleghi e conoscenti di Deimichei, 49 anni da compiere in giugno. E altrettanti seguono la celebrazione da fuori, ascoltando gli altoparlanti sul piazzale. Tutti attoniti per la sua scomparsa, così tragica e improvvisa, mercoledì scorso, sul finire del turno all’azienda cartotecnica Nova Papyra: un grosso rullo che, stando alle prime ricostruzioni, lo aggancia per un braccio e in una frazione di secondo non gli lascia scampo. Tutti a circondare di silenziosa vicinanza sua moglie, Cesarina Giacomazzi e i loro due giovanissimi figli, Manuel e Andrea, oltre a sua mamma Maria, il papà Giuseppe, il fratello Lorenzo e gli altri familiari. Nei ricordi degli amici, Deimichei è il grande lavoratore e il papà affettuoso e presente che accompagna i suoi bambini a scuola, a messa e in natura. Nelle foto commemorative, come quella sul manifesto funebre, appeso in paese, Deimichei appare sorridente, sereno, immerso nel verde, in abiti da escursionismo, la sua passione. Ma la montagna era, ed è, vita anche in senso pratico e quotidiano, perché la moglie Cesarina conduce un’azienda agricola in località Salzan, e la famiglia d’origine di lei porta avanti, poco distante, la conosciutissima Malga Ime, meta di amanti della montagna del Veneto e non solo. Durante la messa, la moglie e i due figli di Deimichei fissano con dolore composto la bara, dove, sul cuscino di fiori bianchi, spiccano tre rose rosse. Nell’omelia il parroco, don Marco Zanella, ragiona sulla «fragilità della vita. È spontaneo, e giusto, chiedersi a cosa serva lavorare tanto, spendere le proprie energie, se i nostri giorni sono così fugaci. Un incidente, sul lavoro, o in strada, ma anche una malattia, possono portarci via in pochissimo tempo. Che senso ha tutto questo?» «Il senso», prosegue il sacerdote, «lo troviamo nella redenzione di Cristo. Dio non ha abbandonato l’umanità, attraverso Gesù, e ci invita a seguirlo sulla via della croce. Spesa in questo modo, breve o lunga, la vita ha sempre un senso». Quel senso esistenziale, difficile e misterioso, Deimichei aveva provato a passarlo ai “giovani di famiglia”: ai suoi figli, ma anche ai nipoti. Fra i quali Francesca: è lei a leggere, dopo la comunione, un messaggio d’addio al «caro zio Daniele. Sembravi severo, ma sapevi sempre sdrammatizzare. Tante volte ci hai rimproverato per le nostre bravate, ma poi finivi sempre per riderci su. Grazie per le tante belle serate fuori sul prato a Ime, per i giri di carte e i piccoli brindisi. Abbiamo imparato da te a non dare troppo peso alle difficoltà della vita, a guardare avanti. Grazie di tutto dalla tua famiglia».