La storia

domenica 29 Gennaio, 2023

«Il Forno urbano»: pane, pizza e ingegneria, il cambio vita dei tre soci

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Marito e moglie sono ingegneri e il terzo socio grafico. L’idea di aprire la pizza al taglio in via Manci a Trento è nata in palestra di arrampicata: «Volevamo inseguire un sogno e nonostante il Covid siamo qui»

Lo definiscono loro stessi «un cambio radicale»: «Io ero ingegnere — spiega Thomas Violi — come mia moglie Cristina Milone, e il mio socio Luca Casanova lavorava come grafico pubblicitario. Ci trovavamo assieme in pausa pranzo, e così è nata questa idea». Un’idea che era un sogno per Thomas: «Avevo un blog che si chiamava “Ingegner Pizza”. Così ho trasformato la mia passione in lavoro. E mia moglie mi ha seguito».

La scienza in cucina
Il blog è nato per tenere traccia di quelli che Thomas chiama «esperimenti»: «Il blog è nato per migliorare. Facevo proprio degli esperimenti, e via via, passo dopo passo, ho messo a punto le mie ricette».
E ammette, sorridendo: «La formazione scientifica mi ha aiutato e l’approccio è stato un po’ ingegneristico». Fogli Excel e tabelle, calcoli dei tempi di lievitazione e grafici sull’umidità della farina?
«Ecco, un rigore di questo tipo. Cercavo di mettere la lievitazione in numeri, per poter ripetere quello che facevo più e più volte». Sempre sorridendo, Luca conferma il piglio dell’ingegnere: «Di tabelle e grafici siamo pieni anche adesso, la cucina è tappezzata di fogli Excel». Però una ragione c’è: «È un metodo che permette di valutare le variazioni costanti del prodotto, per poter così arrivare al risultato finale consapevoli dei passaggi che lo hanno prodotto». «Gli aggiustamenti sono quotidiani e le variabili tante, poi ovviamente interviene anche l’artigiano che fa del prodotto un unicum».
Un unicum come lo stesso «Forno urbano» (in via Manci, 20, a Trento): «All’inizio molti clienti credevano che questo fosse una pizza al taglio in franchising, pensavano fosse una catena come tante altre che nascono nelle città. Vedevano il logo curato, sull’insegna e sulle divise. Ma questa è opera di Luca». Che annuisce: «Il primo anno è stato infatti un problema, ci chiedevano se i prodotti venissero da fuori, se fossero dei preparati che noi ci limitiamo ad assembleare».

Il prodotto è tutto
«Cerchiamo molto il locale, per valorizzare anzitutto il territorio trentino e in generale quello nazionale. Dalle farine a tutto quello che concerne la farcitura delle pizze». C’è la classica margherita — «perché il classico non può mancare» — ma anche il semplice pomodoro non è quello della comune latta da ristorante: «No, è San Marzano Dop, non è la solita polpa». Poi ci sono le «creazioni» che solo al Forno urbano si possono trovare. Tra queste un pizza alla riduzione di Teroldego e una con sopra le foglie di cappero, che però non sono certo a chilometro zero: «Ma le ho raccolte io stesso quest’estate in vacanza — precisa subito Thomas — messe subito in salamoia e riposte nei vasetti. Non ho fatto un grande raccolto, e infatti quella pizza è un’edizione super-limitata. E comunque andiamo a raccogliere anche il tarassaco in primavera, l’ortica — aggiunge — e non comperiamo già pronti nemmeno i carciofi». Che invece vengono comperati freschi e lavorati in cucina. E qui è Luca che spiega come: «Non abbiamo preparati, se non appunto il pomodoro, che farlo noi sarebbe complicato. Ma i carciofi sono acquistati freschi, puliti e cotti sotto vuoto. Anche la fesa di tacchino, cotta da no. Insomma — aggiunge — non ci limitiamo ad aprire una scatoletta, e per fare tutto e per offrire un prodotto di qualità siamo qui fin dalle 5.30 la mattina».
Tra i prodotto, oltre la pizza al taglio — che rimane il core business per il quale il Forno urbano ha ricevuto il premio come «miglior pizza al taglio della regione» — c’è anche il pane:
«Quella è proprio una passione. Ne facciamo poco, una cesta, e sono molti i clienti del Sud che lo apprezzano. I trentini invece sono abituati ad altro, anche se da quando abbiamo introdotto la baguette c’è che viene regolarmente a prenderla».

L’idea che nasce in palestra
Il progetto del Forno urbano nasce in palestra: «Una palestra di arrampicata. E tra un tiro di corda e l’altra — raccontano Luca e Thomas — l’idea ha preso forma. Io e mia moglie da soli non ce l’avremmo fatta, serviva una terza persona. Luca». Che prima era un grafico, mentre Thomas e Cristina ingegneri: «L’ho conosciuta a Mesiano, quando eravamo studenti. Io avevo trovato lavoro alla Metalsistem, poi a Bolzano, dove ho conosciuto Luca che mi ha seguito in questa avventura».

Oltre il Covid
Il forno ha aperto tre anni fa in città, poco dopo è arrivata la pandemia: «Una mazzata — ammettono — perché dopo nemmeno un anno ci siamo dovuti fermare. Ma abbiamo reagito. Come panificio potevamo continuare a lavorare: clienti non ce n’erano ma ci siamo sbizzarriti a sperimentare, a rivedere le procedure, riguardando gli errori dei primi mesi. E in questo caso — ammette sorridendo l’ingegnere — le tabelle Excell sono servite».