curiosità
lunedì 4 Novembre, 2024
di Emanuele Paccher
Si è tenuta nelle scorse settimane sulla pista delle Terme di Rivanazzano la ventesima edizione della gara di accelerazione sul quarto di miglio. Il vincitore di quest’anno (nella categoria A2) è un trentino, perginese per l’esattezza. Il suo nome è Enrico Anderle, classe 1976,: la sua auto è una Volkswagen Maggiolino del 1966 che prima di essere adattata alle gare apparteneva alla madre Roberta.
Le cronache locali parlano di oltre cento piloti ai nastri di partenza di Rivanazzano e, chiaramente, di un solo vincitore per categoria (nello specifico: A1, A2, A3, Pro Et). Il funzionamento delle gare, semplificando, è il seguente: nella gara A3 occorre percorrere il quarto di miglio (pari a 402 metri) in un tempo il più vicino possibile ai 14 secondi. Ogni manche gareggiano due atleti e la sfida è a eliminazione diretta. Il pilota che più si avvicina ai 14 secondi vince (mentre chi sfora, percorrendo il tragitto al di sotto dei 14 secondi, viene eliminato).
Ciò che cambia dalla A3 alla A2 è il tempo: se nella prima categoria occorre percorrere il tragitto in 14 secondi, nella seconda occorre farlo in un tempo il più vicino possibile ai 13 secondi. Nella A1 si scende ancora, con tempi che devono avvicinarsi ai 12 secondi. Diverso invece il funzionamento della categoria Pro Et, nella quale i tempi si abbassano ulteriormente e le auto devono seguire un regolamento differente.
Enrico Anderle è un appassionato del settore, che da vent’anni a questa parte ha gareggiato quasi ogni anno alla competizione di Rivanazzano. Il suo palmares, fino a quest’anno, comprendeva alcuni piazzamenti di rilievo: due secondi posti e due terzi posti. Quest’anno la ciliegina sulla torta, con la vittoria della categoria A2.
«Centrare il tempo di 13 secondi è abbastanza difficile soprattutto se si ha un’autovettura dove non si ha il controllo di trazione, il cambio è manuale e non c’è nessun tipo di strumentazione che possa aiutare», racconta Anderle. «Quasi tutti corrono con delle macchine americane molto potenti. Per fare 13 secondi ci vogliono 5-600 cavalli su un’auto americana con il cambio automatico. Dopo quando si scende sulle categorie veloci il discorso è un po’ diverso».
In così pochi secondi sono i dettagli a fare la differenza. «Quello che varia molto è il tempo di reazione al semaforo alla partenza. C’è un semaforo a cascata: si deve partire quando si accende il verde, ovviamente il prima possibile. Avere un’oscillazione di tre o quattro decimi è qualcosa di abbastanza normale. Diciamo ovviamente che oltre alla bravura di partire ci vuole una buona dose di fortuna: arrivare primo o secondo non è determinante, perché occorre sempre vedere di non aver sforato il tempo», prosegue il pilota perginese.
Il Maggiolino guidato da Anderle è stato modificato ad hoc, come lui stesso ci racconta. «Quando mia mamma ha dismesso l’automobile l’ho presa io. Pur essendo una macchina targata, con il motore così non gira più su strada. Lo porto sulla pista con il carrello», prosegue, raccontando poi il lavoro di meccanica svolto in questi anni per rendere più performante il suo maggiolino: «Il motore l’ho tutto modificato io. Poi non c’è solo il motore a venire in rilievo in queste circostanze: ho cambiato il trasmettitore e ho rafforzato il telaio. Si tratta di passaggi tecnici assolutamente necessari perché altrimenti l’autovettura va in torsione. Il mio maggiolino l’ho elaborato come faceva chi gareggiava negli anni ’60, senza ricorrere a niente di tecnologico né al protossido di azoto. Diciamo che è un motore originale aumentato di potenza e cilindrata».
Per Anderle quella di Rivanazzano Terme è l’unica competizione a cui partecipa durante l’anno. «Per me questa competizione è un divertimento. In Italia la disciplina non ha molto seguito. Per gareggiare occorrerebbe andare in Francia o in altri Paesi all’estero, ma essendo una passione mi limito alla gara di Rivanazzano», ci confida, raccontando poi la nascita della sua passione. «Ho sempre avuto la passione per la meccanica e per i motori. Ho diverse macchine d’epoca, mi piace restaurarle e modificarle, tirandone fuori tutto ciò che è possibile. La gara si svolge su tre giorni, e la maggior parte delle auto non arriva al terzo giorno. I motori sono molto tirati, la trasmissione viene sollecitata molto. La soddisfazione è portare a termine la gara. Poi, dopo due secondi posti e due terzi posti quest’anno mi è andata bene. Fa piacere, perché vuol dire che la macchina è affidabile. Ma per me, prima di tutto, tutto questo rimane una semplice passione e un momento di divertimento».
L'inchiesta
di Redazione
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