giustizia
martedì 18 Marzo, 2025
Il mastino Gastone disabile dopo gli interventi. La proprietaria: «Per curarlo spesi 30mila euro, era paralizzato a terra»
di Benedetta Centin
Il cane ha subito lunghi trattamenti dopo due operazioni ritenute scorrette. Il tribunale civile di Trento nei giorni scorsi ha condannato veterinario e ambulatorio della Valle dei Laghi

«Il mio amato cane Gastone ha vinto e io non ho perso: ho ottenuto giustizia per lui, per tutte le sofferenze che ha dovuto patire a seguito di un intervento che non doveva nemmeno essere fatto e durante il quale sono stati commessi dei gravi errori, come accertato dal tribunale che infatti ha condannato chi ha sbagliato. Mi dispiace invece che non mi siano state riconosciute le tante spese sostenute dopo la rimozione delle protesi sbagliate. Operazioni, cure, trattamenti grazie ai quali sono riuscita a regalare a Gastone sei anni di vita sulle sue zampe, a passeggio per giardini e boschi, in trasferta con noi in auto, capace di fare le scale, di saltare e giocare. Quando invece da cucciolone era paralizzato a terra, incapace di stare seduto, meno che meno di sollevarsi, e guaiva dal dolore. Se lo rifarei? Certo, spenderei ancora quei 30mila euro, in qualunque momento: solo così sono riuscita a far stare meglio quel mio figlio peloso. E non è stato affatto accanimento terapeutico. No. Chi ama gli animali mi può capire».
La padrona di Gastone, razza mastino dei Pirenei, adorabile cane di taglia grande, sessanta chili di soffice pelo e coccole, commenta così la sentenza del tribunale civile di Trento emessa nei giorni scorsi che condanna veterinario e ambulatorio della Valle dei Laghi a rifondere i soldi delle due operazioni eseguite nel 2018 – un totale di oltre mille euro – e a risarcire i danni patrimoniali quantificati in poco meno di 9mila euro, quanto cioè le spese veterinarie sostenute per rimediare agli errori commessi con l’intervento ad entrambe le anche, per correggere quello zampettare incerto del fido, quella zoppia agli arti posteriori che con il tempo in realtà sarebbe sparita. La giudice civile Giuliana Segna non ha però previsto ulteriori risarcimenti per la padrona di Gastone, che è mancato purtroppo l’anno scorso. Non le spese per la serie di consulti, di ulteriori operazioni – cinque nell’arco di sette mesi – e di sedute di fisioterapia e di rieducazione ortopedica – un conto di circa 30mila comprese le spese di trasferta – per rimettere sulle sue zampotte quell’amore di cane di grande stazza. E non i danni non patrimoniali. Quelli che la trentina, anche in seguito alla morte del suo cagnolone, ha calcolato in 100mila euro, per quel periodo – «tra i più brutti della mia vita» ammette – trascorsi, in balia di ansia, stress e angoscia (anche per l’ipotesi prospettata di dover sopprimere l’amato cane). Costretta a cambiare stile di vita per accudire l’amico a quattro zampe, a rinunciare a viaggi e vacanze, limitandosi alle sole trasferte per far curare l’animale che aveva acquistato come cane da guardia e per fare pet therapy.
«Non c’erano più ferie, niente weekend fuori casa, niente più uscite: ho stravolto la mia vita per il mio Gastone e sono contenta di averlo fatto anche se ammetto che sono stati anni davvero duri, di grande sofferenza e di impegno economico per riuscire a riportarlo in condizioni dignitose, per farlo tornare a vivere» racconta la trentina che quattro anni fa ha intentato causa, assistita dall’avvocata Marisa Perenzoni. «Ho anche passato tre mesi a dormire sul divano con Gastone quando, sofferente e impossibilitato anche solo a sedersi, lo sollevavamo con un tutore per le sue necessità. E man mano che cresceva – è arrivato fino a 65 chili – è stato sempre più problematico. Per questo ho proseguito con le cure, che hanno dato effettivamente risultati. L’ho fatto per amore – spiega la donna – Non si trattava di un oggetto, di una lavastoviglie da riportare in discarica, in questo caso in allevamento come mi avevano detto, ma del mio figlio peloso a cui avevano rovinato la vita».
La padrona di Gastone è stata provata emotivamente anche dal lungo procedimento scaturito dalla sua denuncia querela, terminato in questi giorni, dopo quattro anni, con la sentenza di condanna. «Tanta la sofferenza e la rabbia, mi sono sentita trattata da schifo dalle altre parti, io e il mio cane – sospira la donna – E non si dica che l’ho fatto per guadagnare su Gastone, per speculare sulle disgrazie del mio adorato cane: chi mi conosce lo sa bene che non è così. Volevo solo dare giustizia a Gastone, quella che ora è arrivata, anche se non ci sono stati riconosciuti i danni morali e le ulteriori e ingenti spese veterinarie sostenute. Se appellerò la sentenza? Ci penso, dovrò valutarlo con la mia avvocata, Marisa Perenzoni. Dico solo che ci vuole coraggio a difendere i propri diritti e sì, per me, per Gastone, ne è valsa la pena».
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