La biografia

martedì 24 Ottobre, 2023

Il mediano che segnava e la passione musicale per il punk-rock dei Cccp: ritratto del governatore Fugatti

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Classe 1972, nato a Bussolengo, nel Veronese, ma cresciuto ad Avio, il governatore riconfermato è figlio di una famiglia di agricoltori fortemente autonomisti e iscritti al Patt. Commercialista, sposato con Elisa, padre di due figli gemelli di 13 anni, Sofia e Matteo

Chi se lo immagina Maurizio Fugatti, leghista «democristiano», carattere mite e profilo moderato, a un concerto di punk filo-sovietico? Eppure il presidente della Provincia trentina, che domenica ha ottenuto il bis alle urne, da quando è ragazzo e frequentava l’istituto agrario a San Michele all’Adige ha una fissa: la musica dei Cccp, la band reggiana – già dal nome ispirata all’Urss – che negli anni Ottanta portò il punk-rock in Italia e che nei decenni successivi ha ispirato una miriade di gruppi della scena underground.

Quella per il gruppo che fu di Giovanni Lindo Ferretti e Massimo Zamboni è una passione talmente identitaria che Fugatti la rivendica perfino sullo stato di whatsapp, dove campeggia la scritta «Produci, consuma, crepa», parole di protesta anticapitalista e antimaterialista che il magnetico Ferretti scandiva e ripeteva urlando nella canzone «Morire». «Quello è il mantra dei Cccp e certamente non è una frase di destra – ha ammesso Fugatti nel presentare la sua autobiografia “La mia storia”, uscita a luglio – ma mi ha sempre colpito lo spirito rivoluzionario di gruppi come Cccp e Litfiba (altra sua band prescelta, ndr), complessi musicali di sinistra, ma io non badavo a questo quanto alle loro sonorità».

Quel rock è l’unica passione sopra le righe che si concede Fugatti, classe 1972, nato a Bussolengo, nel Veronese, ma cresciuto ad Avio, figlio di una famiglia di agricoltori fortemente autonomisti e iscritti al Patt, commercialista, sposato con Elisa, padre di due figli gemelli di 13 anni, Sofia e Matteo. L’uomo è tranquillo, finanche introverso. Mi raccontava la sorella Barbara nel 2018, all’indomani delle elezioni che lo incoronarono presidente per la prima volta: «Maurizio è sempre stato un bambino e poi un ragazzo giudizioso, un mediatore nato, bravo a scuola. Anche da adolescente non ha mai dato quelle preoccupazioni tipiche dell’età. Maurizio forse giovane davvero non è mai stato, è nato vecchio…».

Per la sorella, l’unica cosa a disinibire il quieto Fugatti, oltre ai Cccp e ai Litfiba, era il calcio: «Gli davi un pallone tra i piedi e si scatenava. Ha giocato ed è tifoso sfegatato della Juventus». Il calciatore Fugatti è mediano o libero nel Castelsangiorgio di Ala, fino ai 30 anni batte i campi dilettantistici trentini. «Ma è meglio come politico», dice il suo amico e storico compagno di squadra Nicola Bridi. «Era un po’ lento, anche se bravo tatticamente». Il ritratto successivo di Bridi però svela il vero temperamento di Fugatti dietro quell’aria minimalista: «È sempre stato un leader, anche se mai autoritario. Ma voleva dire sempre la sua, a tutti i costi, a volte è anche un difetto, ma lui si è sempre posto in modo pacato, senza voler imporre niente a nessuno. Non gli serviva, lo ascoltavi e ti veniva naturale seguirlo. Credo che lui sia sempre stato un politico, anche prima che lo diventasse».

Fugatti, infatti, è già «politico» sui banchi di scuola: studia con serietà e si diploma in agraria (seguirà la laurea in Scienze Politiche a Bologna), sente però di dover dare sfogo anche a quella sua parte più intimamente ribelle. Il punk-rock, da solo, non basta più. Fugatti così organizza scioperi e scrive una tesi sui rapporti tra Israele e Palestina e l’autodeterminazione dei popoli. Non è ancora leghista, ma è già federalista: è il 1991, Tangentopoli è alle porte e la Prima Repubblica boccheggia. Lui, appena diciannovenne, legge ogni giorno l’Indipendente di Vittorio Feltri e Massimo Fini, all’epoca su posizioni giustizialiste contro il pentapartito e invece amichevoli con Umberto Bossi: «Correvo in edicola alla mattina e lo portavo orgogliosamente sottobraccio anche in classe», rivela Fugatti nella sua autobiografia.

Così, nonostante l’amore per i Cccp (nel frattempo divenuti Csi dopo la caduta del Muro), il futuro presidente trentino declina i suoi ideali antisistema verso destra e nel 1993 s’iscrive alla Lega Nord di Bossi, all’epoca ancora partito corsaro. In Trentino quella è la Lega di Alessandro Savoi, Sergio Divina ed Erminio Boso, il famoso Obelix. Quasi dei paria. La carriera di Fugatti però corre veloce: da consigliere comunale diventa assessore ad Avio nel 2000, nel 2005 è segretario regionale della Lega e l’anno dopo è eletto alla Camera dei Deputati. Nel 2008 è vicecapogruppo alla Camera, nel 2013 tenta per la prima volta (perdendo) la corsa a presidente della Provincia. Nel giugno 2018 diventa sottosegretario alla Salute del Governo gialloverde di Conte; appena quattro mesi dopo si ricandida a presidente provinciale e questa volta ottiene una vittoria storica per la Lega e il centrodestra, che conquista con lui un feudo cattolico e progressista. Domenica la riconferma da «governatore».

Fugatti, rocker nell’animo, ma low profile per temperamento, piaccia o no è già sui libri di storia della politica trentina: lui così mite, quasi anonimo per fisicità e fisiognomica è il volto, il leader e il simbolo del centrodestra che si è (ri)preso il Trentino.