La storia
martedì 16 Gennaio, 2024
di Alberto Folgheraiter
L’avvocato Luis Alfonso Petri (1976), deputato del Congresso Nazionale, oggi ministro, della Repubblica Argentina, arrivò a Teaio di Segonzano la sera del 9 gennaio dello scorso anno. Pioveva. Poco prima aveva fatto visita al cimitero, sul dosso accanto alla chiesa della Trinità, per carcare una tomba: Petri.
A Teaio, villaggio di 77 anime, una delle numerose frazioni di Segonzano, bussò alla porta di Margareth Petri. «Cercavo notizie dei miei trisavoli», racconta in spagnolo, da Mendoza dove vive con il figlio e la compagna, Cristina Perez, una giornalista molto popolare della televisione argentina. Da qualche settimana Petri è il nuovo ministro della difesa del governo Milei.
È nato a San Martin, nella provincia di Mendoza, e si è laureato in giurisprudenza all’università nazionale del Litorale (UNL). Avvocato di professione, nel 2003 Luis Petri si è avvicinato alla politica divenendo segretario legislativo per il senato della provincia di Mendoza. Eletto alla Camera dei Deputati della provincia (il nostro consiglio provinciale) nelle file dell’UCR (Unione Civica Radicale) ha completato due mandati. Nel 2013 è stato eletto una prima volta alla Camera nazionale dei Deputati ed è stato rieletto nel 2017 con la coalizione “Cambiemos”.
Lo scorso anno si è candidato alla carica di Governatore della Provincia ma, alle primarie, ha ottenuto solo il 17,4% dei voti. Pochi mesi dopo, nella corsa per le elezioni presidenziali, la coalizione di Proposta Repubblicana della quale faceva parte è stata sconfitta al primo turno. La sua nomina a ministro è stata una sorpresa? «No, io ero candidato vicepresidente con Patricia Bullrich. Poi quando la coalizione di Proposta Repubblicana è stata sconfitta al primo turno abbiamo dato il nostro sostegno a Javier Milei». Pertanto l’appoggio dato a Milei, risultato vincitore e nuovo presidente dell’Argentina, gli ha spalancato le porte del ministero della Difesa.
Fin qui la parte nota e ufficiale della sua biografia. Ciò che non si conosceva il neo ministro lo racconta a Il T: «Nel mese di gennaio dello scorso anno sono venuto a Trento con la mia fidanzata Cristina Perez e nella cattedrale di Trento abbiamo fatto la promessa di matrimonio. Monsignor Ludovico (Maule) ci ha dato la benedizione».
Ne scrisse La Nacion, un quotidiano argentino: «Cristina Pérez e Luis Petri: i dettagli del loro compromesso “segreto” in una cattedrale in Italia e la possibilità di essere genitori». Dopo la visita alla cattedrale e al castello del Buonconsiglio, l’avvocato argentino di origine trentina è arrivato a Segonzano.
«Sono andato sul cimitero a cercare tracce dei miei avi. Ho visitato le tombe e poi mi hanno indirizzato a Teaio dove la signora Margareth, con la quale sono in corrispondenza, ha cercato tracce dei miei bisnonni».
Margareth Petri ha fatto il resto. Poiché a Teaio nessuno ricordava la partenza per l’Argentina di compaesani, Margareth è dovuta scendere a Trento, all’archivio diocesano, per cercare conferme e incrociare i dati con le poche informazioni ricevute dall’avvocato.
Eccole: Eugenio Fortunato Petri, nato a Teaio il 7 febbraio 1891 partì per l’Argentina al principio del XX secolo. Tra i vari figli ebbe Luis, il nonno del ministro, mentre suo padre si chiamava Josè.
La ricostruzione dell’albero degli antenati del ministro Petri è ancora in alto mare poiché, racconta Margareth, «ogni tanto saltano fuori nomi nuovi e incroci di famiglie». Basti dire che a Segonzano ci sono tre ceppi di cognome Petri. Di uno di questi fanno parte i fratelli Egidio (scultore del legno), Danilo (artista del ferro) e Cristina (cesellatrice). «Ma noi, dicono, non abbiamo mai sentito parlare a casa di emigrati in Argentina».
A Teaio, Amelia Vicenzi (86 anni) rammenta che molti anni fa si parlava di alcuni del paese che erano partiti per il Sudamerica: destinazione il Brasile. Tant’è che anche nei mesi scorsi, rivela, sono arrivati a Teaio vari gruppi a cercare tracce dei loro trisavoli. Amelia ricorda molto bene, invece, l’emigrazione dei primi anni Cinquanta in Cile. Quella del Costante Petri che se ne andò a La Serena con due figlie; e di Rodolfo Benedetti che, tornato dal Cile con sette figli a metà degli anni Settanta, si trasferì a Salorno, in valle dell’Adige. Storie di emigrazione delle quali si trovano tracce in tutti i cimiteri delle valli trentine. Qualcuno fece fortuna, per molti fu una sconfitta. Poi, certo, c’è chi emerge e magari, come Luis Petri, avvocato a Mendoza, diventa ministro. Ma sono casi rari. Che confermano, semmai ce ne fosse bisogno (e ce n’è bisogno estremo) che siamo tutti figli di emigrati, tutti figli di immigrati.
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