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domenica 16 Febbraio, 2025

Il «pagellone» finale di Sanremo: Giorgia divina, Corsi una piacevole sorpresa

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La Stangata di Gabriele Stanga, chiude la 75esima edizione del Festival della canzone italiana

Dal treno dei desideri al treno di Carlo Conti. Che non va all’incontrario ma procede anche troppo spedito verso la destinazione finale. Quello del conduttore toscano, infatti, è un festival senza ritardi ma anche senza guizzi. I momenti migliori alla conduzione li hanno regalati Bianca Balti e Geppi Cucciari, alla voce Damiano David, che insegna come si fa a tutti gli artisti in gara. Con l’eccezione di Giorgia che si conferma per l’interprete eccezionale che è. Tra le canzoni nessuna riesce a brillare. La sorpresa è Lucio Corsi, i peggiori Tony Effe e Olly, a dispetto degli ascolti.

Le pagelle

Giorgia, voto 8,5:La canzone non è “Di sole e D’azzurro”, ma è meglio di quella portata al festival nel 2023. E con la voce che ha, a Lady G basta questo. Più un duetto da pelle d’oca con Annalisa.
Brunori Sas, voto 7: Lo accusano di essersi “sanremizzato” ma la canzone è nel pieno del suo stile. Poi la cover di Dalla non è all’altezza delle aspettative e il balletto del qua qua finale rovina tutto.
Tony Effe, Voto 2: Prova a fare Califano 2 volte, con l’inedito e con la cover. Ne esce prima un provino di Mare Fuori, poi un’esterna di Uomini e Donne.
Olly, Voto 3: Tutti si divertono al karaoke ma non per questo vanno al festival. Voce sguaiata, la sua canzone sembra scritta sfogliando un Bignami e la cosa peggiore è la cover di de Andrè in versione villaggio turistico. Vince il Festival, mah.
Irama, Voto 6: Da pirata Gol D Roger di One Piece a power ranger senza casco. Qualcuno fermi il suo stilista. Meglio nella cover che sul suo pezzo.
Noemi, Voto 6: Le è presa la sindrome di Ultimo e canta sempre lo stesso stornello. La cover le calzava perfettamente, autogol clamoroso cantarla con Tony Effe. Il resto è noia.
Achille Lauro, Voto 7,5: Mostra due lati di sé, quello più composto e pettinato nelle serate dedicate agli inediti e quello dissacrante nella serata cover. Il canto non è il suo forte ma ormai questo si sa. Bentornato dopo un periodo di appannamento.
Willie Peyote, Voto 8: L’unico che prende una posizione e si schiera mentre gli altri fanno gli ignavi. E poi rappa davvero, chiude le barre, intrattiene sul palco. Nel trio con Ditonellepiaga e i Tiromancino si gioca bene le sue carte lasciando più spazio agli altri due che regalano davvero una bella performance.
Lucio Corsi, Voto 9: La scoperta più bella del festival, mezzo punto in più di Giorgia perché inaspettato. Genuino, ricorda un po’ Ivan graziani ma senza esserne una copia. Il duetto con Topo Gigio è il colpo di genio finale. Grande attesa per il campionato mondiale di sputo.
Fedez, Voto 6: Dalla depressione al triangolo con Montini e Ferragni, che ricorda tanto quello tra Harry Osbourne, Mary Jane e Parker, per i fan di spider man. Lava i panni sporchi in mondovisione, il suo Sanremo sembra una seduta di psicoterapia pubblica.
Simone Cristicchi, Voto 6,5: Tutti gridano al miracolo, sul lato vocale, però lascia a desiderare, soprattutto la prima serata. Testo poetico e commovente ma la canzone ripercorre uno schema che ha già portato altre tre volte al festival.
Francesco Gabbani, Voto 5,5: Un misto tra Toto Cutugno e un Ramazzotti che ha bevuto qualche bicchiere di troppo. Se ce ne offre qualcuno cantiamo “Viva la vita” tutti insieme. Pasticcio con Tricarico. Quota reddito di cittadinanza per aver recuperato i bambini di Mister Rain.
Marcella Bella, Voto 4: Prima scimmiotta la Bertè nel suo pezzo, poi ci prova con “L’emozione non ha voce”, scritta anche dal fratello Gianni Bella. Però è proprio a lei che di voce ne è rimasta pochissima.
Massimo Ranieri, Voto 5: Gli si vuol bene, ma a volte è meglio ammettere i propri limiti e ritirarsi quando è il momento. Rimane un pezzo di storia, da museo.
Sarah Toscano, Voto 6: Al debutto su un palco così importante le danno un pezzo che non è né carne né pesce. Molto meglio la cover di Overdrive con il duo Ofenbach. Può crescere bene da un punto di vista artistico.
Gaia, Voto 5,5: Voleva giocare nella Selecao verde oro, niente di male viste le origini brasiliane, ma a chi l’ha sentita cantare altro, questa svolta samba sembra un po’ costruita. Rimane invischiata nel vestito preconfezionato del tormentone estivo. E nei vestiti che le fanno indossare sul palco dell’Ariston. A febbraio non è il momento nè per una cosa nè per l’altra.
Elodie, Voto 6,5: Mezzo voto in più per il duetto con lauro e un altro mezzo per il dissing alla Presidente del consiglio in conferenza stampa. Peccato non becchi mai la canzone giusta per Sanremo.
Rose Villain, Voto 6: Quando i Beastie Boys scrivevano Sabotage probabilmente pensavano a lei e al duetto con Chiello. Rovinano un capolavoro di Battisti, ma c’è chi fa di peggio. Il brano “Fuorilegge”, invece riesce nell’impresa di usare i congiuntivi corretti e suonare malissimo ugualmente. La metrica non torna, però la melodia è orecchiabile e molto radiofonica.
Joan Thiele, Voto 5,5: Medaglia d’argento non di sputo ma di parole mangiate. Dietro sua maestà Rkomi, ex aequo con Gabbani.
The Kolors, Voto 6: senza infamia e senza lode.
Bresh, Voto 6: La cover meriterebbe molto di più, nonostante i problemi tecnici. Il suo pezzo, invece è un misto strano tra Tananai e Rkomi di cui non resta granché.
Francesca Michielin, Voto 5,5: Dalla voce sembra che abbia sempre 18 anni, ma ora ne ha 29. A forza di aspettare che maturi artisticamente raggiungeremo Iva Zanicchi.
Clara, Voto 5,5: Anche lei come Rose Villain e Noemi sceglie l’harakiri nel duetto. The sound of silence lei la canterebbe anche bene ma viene buttata in caciara dai compagni del Volo. Imparino dai Disturbed come si fa una cover. Sul singolo discorso inverso. Per una canzone che si intitola febbre ci aspettava qualcosa di più frizzante.
Serena Brancale, Voto 6,5: Si vive in un paese bizzarro in cui una che canta alla perfezione “If I ain’t got you” di Alicia Keys diventa famosa per “Baccalà” e “Anema e Core”. Nella seconda serata sceglie un blocco di colore discutibile, stile pantera rosa ma versione ocra.
Shablo, Gue, Tormento e Joshua, Voto 6: Gue si scorda il testo ma a parte quello andrebbero anche bene, piacevole anche il duetto con Neffa. Fanno quasi venire un po’ di nostalgia per l’hip hop anni 90. E Joshua canta pure bene. Il problema è che il brano è una scopiazzatura di quattro o cinque brani soul e disco messi assieme.
Rocco Hunt, Voto 6: Ritorna alla luce solo per Sanremo, stavolta si prende la quota neomelodico. Sembra tanto un cliché, che non riesce a convincere. Apprezzabile invece il duetto con Clementino in omaggio a Pino Daniele.
Rkomi, Voto 4,5: Doveva fare il personal trainer, ci si ricorda di lui più per piegamenti e petto nudo che per brani e voce. A metà canzone ci si accorge che sta parlando in italiano, pronuncia da chiedere scusa a Mal dei Primitives. Nel duetto con la Michielin fa il fantasma.
Modà, Voto 6: I veri figli dei Pooh. Il duetto potevano farlo con Francesco Facchinetti. Sul web ci sono già i primi meme con «L’ora dello sbusto», di Dario Moccia. Il quadro di Kandinsij, invece è l’outfit di Checco.
Coma Cose, Voto 5: Portano a Sanremo la nuova sigla di Hamtaro. Andrebbe bene per lo zecchino d’oro più che per il festival. Però ti entra nel cervello e non ne esce più.
Carlo Conti, Voto 5: Rimane vittima di sé stesso e forse di qualche pressione esterna. Geppi Cucciari glielo dice con una battuta: «La cosa più trasgressiva che hai fatto è stata parcheggiare in doppia fila a Bordighera». Manca un po’ di brio.