La storia
venerdì 17 Maggio, 2024
di Redazione
«Vorremmo incontrare papa Francesco per dirgli grazie». Gratitudine ed emozione riempiono le voci di Marcella e Valeria Barozzi, nipoti di don Domenico Mercante. Da Milano, dove sono nate e tuttora vivono, domani le due sorelle raggiungeranno Verona stringendo tra le mani le fotografie del prete-eroe di Giazza di Selva di Progno. Sarà un modo per riannodare i fili della Storia, intrecciandoli ai sentimenti della Pace e della Giustizia, dopo aver letto le parole che il Pontefice ha voluto dedicare allo zio. Il Papa ha ricordato la figura esemplare di don Mercante. Era il 1945, e sono trascorsi quasi ottant’anni. Ma il suo strenuo sacrificio, unito a quello del soldato Leonardo Dallasega, che morì nel disperato tentativo di proteggere il sacerdote dai colpi dei fucili nazisti, ha parecchio da insegnare anche ai giorni nostri. E alle future generazioni. Anche la Curia di Trento, dopo l’omaggio del Papa dei giorni scorsi a Dallasega è tornata a riflettere sulla figura di questo eroe-soldato. Ancora troppo presto per parlare di beatificazione, ma l’atto per il riconoscimento dell’ascensione di una persona defunta in Paradiso da parte della Chiesa, non sembra in questo escluso. Papa Francesco, che è solito soffermarsi sulle periferie del mondo, ha voluto ricordare la piccola-grande vicenda del religioso veronese preso in ostaggio e barbaramente assassinato assieme a quello che si rifiutò di diventare il suo carnefice. «In questa tragica circostanza troviamo il senso profondo del sacrificio cristiano: dare la vita per l’altro, anche a costo della propria. Questo è il mistero della Pasqua di Cristo: la violenza e la morte vengono sconfitte dall’amore e dal dono di sé», sottolinea. «Forse noi non saremo costretti a versare il sangue per professare la nostra fede, come ancora avviene in molte parti nel mondo per tanti nostri fratelli cristiani – continua il Pontefice- Ma è nelle piccole cose che siamo chiamati a testimoniare la forza pacifica della croce di Cristo e la vita nuova che nasce con essa: un gesto di perdono verso chi ci ha offeso, sopportare una maldicenza ingiusta, aiutare qualcuno messo ai margini». Nel suo scritto, il Papa definisce la pace «artigianale», da costruire nella quotidianità della propria casa, nei luoghi di lavoro, nelle piazze. Un po’ come immaginiamo poteva aver fatto don Mercante, pastore di anime. L’immagine di quel prete – coraggioso, sorretto da una fede profonda, umile nella sua semplicità – riempie la memoria delle sorelle Barozzi. Una eredità preziosa, ricevuta in dono da mamma Angela, sorella del martire di Giazza, mancata nel 2003: nata nella frazione di Selva, non ha mai permesso che l’episodio accaduto al fratello e al soldato Dallasega finisse nell’oblio. Tanto che, il 25 aprile di ogni anno, ritornare nei luoghi dove l’episodio è commemorato in diversi monumenti è sempre stato un appuntamento irrinunciabile. «Mi spiace che mia madre non ci sia più perché una notizia come questa l’avrebbe riempita di gioia», è il primo pensiero di Marcella, mentre commenta l’attenzione riservata allo zio. «Se ci fosse ancora mamma si sarebbe messa sicuramente a piangere», aggiunge poco dopo Valeria. La commozione è condivisa. Conferma quanto attuale sia il messaggio di non violenza che la scelta di don Mercante tramanda a distanza di tempo. «È stato un uomo esemplare e merita un riconoscimento così importante. È stato una figura meritevole. Non si è risparmiato, in nome della pace», osservano. Certo, l’intervento del Pontefice è stato una meravigliosa inaspettata sorpresa, confessano. Valeria per certi versi non è stupita: «Quando nel 2017 il Papa venne al parco di Monza, rimasi colpita dall’umanità del suo sguardo. Guardava in faccia le persone, stabilendo davvero un contatto con chi aveva davanti». Adesso questo sguardo si è posato sui due eroi che hanno sacrificato la loro vita tra le montagne. Sulla fede e sul coraggio contrapposti alla paura e all’odio che allora guidavano gli animi, nonostante la guerra fosse ormai finita. Quando il plotone di paracadutisti tedeschi in ritirata arrivò minaccioso alle porte del paese, don Mercante si offrì in ostaggio per evitare lo spargimento di sangue con i partigiani appostati nell’area del cimitero. Era un uomo di cultura, leggeva ed era informato: sapeva quale sarebbe stato il suo destino. Però si lasciò guidare dall’istinto, quello che ora chiamiamo eroismo. Così Dallasega, trentino di Proves inquadrato nelle fila dell’esercito tedesco, che oltre a rifiutarsi di far parte del plotone di esecuzione, cercò invano di salvare dai colpi d’arma il corpo del sacerdote, morendo sul colpo. La fucilazione avvenne il 27 aprile al bivio di Cerè, sulla strada che da Ala di Trento conduce alla località Pilcante. Dallasega morì sul colpo. Don Mercante spirò ad Ala dopo alcuni giorni di agonia. Il feretro fu prima trasferito su un carro trainato dai buoi fino a contrada Schincari, oltre Ronchi. Poi fu recuperato da una ventina di giovani e uomini di Giazza che trasportarono il feretro sulle spalle lungo il sentiero impervio che in terra trentina sale fino a Passo Pertica, quindi scende giù a Giazza. Incoraggiati dall’orgoglio di riportare finalmente a casa il loro eroe.
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