L'INTERVISTA
venerdì 13 Ottobre, 2023
di Sara Alouani
Impegnato tra un gorgheggio e l’altro, Giuseppe Leto, classe 1998, ci risponde a qualche domanda sulla sua carriera da cantante pop lirico. Nato e cresciuto ad Agrigento, ora vive a Trento dove frequenta il Conservatorio: ha conosciuto la musica grazie a suo padre e a soli dodici anni ha fatto la primissima apparizione sugli schermi italiani grazie al programma «Io Canto» condotto da Gerry Scotti dove duettò con Al Bano. Reduce da un’altra esperienza Tv al talent «Diventerò una stella», questa volta in Ungheria, Leto sogna di calcare palchi importanti seguendo le orme del grande Andrea Bocelli e di riuscire un giorno ad avvicinare i giovani a questo genere.
Leto, in un momento storico in cui regna la musica trap e rap, perché ha scelto la lirica?
«Ho ereditato la passione per la musica da mio padre, non è un cantante ma ama ascoltarla. Da piccolo sono cresciuto sulle note dei Pooh, Al Bano, Baglioni e la domenica giocavo insieme a mio papà con il karaoke. Era quello il mio hobby. Poi un giorno ho ascoltato la canzone “Vivo per lei” di Bocelli con Giorgia e sono rimasto estasiato dalla sua voce così possente. Ero così affascinato da quel suono che per mesi ho provato a emularlo con la mia voce, anche se a dire il vero la mia era una voce bianca, avevo all’incirca dieci anni. Ero testardo e ho deciso che arei cantato come lui».
Diciamo che è stato Bocelli quindi a farla innamorare della lirica?
«Assolutamente sì, per me è stata una rivelazione, un’illuminazione che mi ha aperto le porte al genere della lirica. È il cantante da cui prendo spunto da oltre dieci anni ed è una persona che stimo sia come professionista sia umanamente parlando. Lui fa molta beneficenza e anche per questo lo ammiro molto».
Lei ha anche incontrato Bocelli, come è stato?
«L’ho incontrato a luglio 2018 in occasione del suo unico concerto in Italia che fa ogni anno in Toscana, nel suo paese natìo, Lajatico. È stata una scena molto stramba, perché un’anziana signora mi si avvicinò stupita, visto che ero l’unico giovane della platea. Mi chiese come mai fossi lì e io le spiegai il mio amore per Bocelli. Poco dopo mi disse che era sua suocera e che mi avrebbe accompagnato nei camerini a fine concerto e così fece. Io ero al settimo cielo, stavo realizzando un sogno e non capivo più nulla. Mia madre mi prese in giro per molto tempo perché mi rimase un sorriso stampato in faccia per giorni».
Torniamo alla sua carriera, lei già a dodici anni fece la sua prima apparizione in Tv nel programma «Io Canto».
«Sì, era il 2010 e frequentavo da poco l’Accademia Palladium. Mi si presentò l’occasione di partecipare ai provini di “Io Canto” e venni selezionato assieme a Cristian Imparato che poi vinse l’edizione. Ricordo che la mia insegnate mi preparò per cantare “Erba di casa mia” di Ranieri che, secondo lei, era più adatta alla mia voce bianca. Io, invece, mi presentai da autodidatta con “Nessun Dorma” dell’opera lirica “Turandot” di Giacomo Puccini. Mi sentivo a mio agio, mi sentivo me stesso».
Come reagirono i giudici?
«Beh, era strano che un bambino di dodici anni cantasse un pezzo lirico. Rimasero basiti, straniti ma a bocca aperta, soprattutto Roberto Cenci, il regista del programma, che durante il provino volle testare la mia estensione vocale e me la fece ricattare più volte in diverse tonalità. Durante il programma ho anche avuto l’onore di duettare con Al Bano sul suo brano “Mattinata”».
Dopo il debutto in tv si sono aperte molte strade?
«Ho fatto il tour di “Io Canto”, poi ho partecipato per tre anni a “Insieme”, una trasmissione sulla tv regionale che va in onda al sud. Poi mi sono esibito in Canada davanti a cinquemila spettatori, al Falls View Theatre vicino alle cascate del Niagara, un palco che hanno calcato anche i Pooh e Bocelli. Nel 2019 ho aperto la serata finale di Miss Reginetta d’Italia, andato in onda su Rete 4, presentato da Jo Squillo».
Lei ora frequenta il Conservatorio di Trento, perché ha scelto questo istituto?
«Ero iscritto al conservatorio di Palermo però per anni ho pensato di trasferirmi al nord perché è più facile spostarsi, viaggiare. Dalla Sicilia sarebbe impossibile arrivare a Roma in 4 ore. Inoltre, avevo sentito parlare molto bene del Bonporti e mi sono iscritto all’esame di ammissione, che ho superato, e da ottobre 2020 studio canto lirico».
Purtroppo, intraprendere una carriera da musicista in Italia è molto difficile, per la lirica lo è ancora di più?
«È una carriera difficile, perché non è un genere di punta. In Italia funziona bene l’opera perché ha un pubblico ben definito, mentre il pop lirico deve inserirsi nell’ambito discografico e si trova a combattere contro la musica commerciale, la trap, il rap. Per questo io mi sono rivolto all’estero, per esempio, l’America Latina, i Paesi dell’Est apprezzano molto questo genere. Infatti, anche grandi nomi come Il volo e Bocelli hanno sfondato all’estero e tuttora sono molto conosciuti all’estero. Poi rientrano per alcuni concerti in Italia».
Per questo, ultimamente, ha deciso di presentarsi a un talent in Ungheria?
«Sì, anche se Budapest è una città che mi è sempre piaciuta. Proprio qualche giorno fa è andata in onda la prima puntata, quella della mia prima audizione, su Tv2, che equivale alla Rai. Ho ricevuto quattro sì da tutti i giudici presenti. Nelle prossime puntate duetterò anche con Alexander Rybak, un famosissimo cantante norvegese che vinse l’Eurovision nel 2009 con il brano FairyTale».
Quale è il suo sogno nel cassetto?
«Farmi ascoltare da più persone possibili per avvicinare questo genere ai più giovani. Vedo che Il Volo è seguito da molti ragazzi, quindi ho ancora speranza. So bene che la lirica è etichettata come un genere per anziani ma credo fermamente che possa essere, invece, un ponte fra generazioni diverse. Guardo Bocelli e le ottantamila persone ai suoi concerti e mi dico che ce la posso fare. Sarà difficile ma non impossibile».
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